Capitolo 36

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– Pronto?

La voce di Eleonora la fece subito irritare. Gillian e Michelangelo si scambiarono un'occhiata. Subito dopo la telefonata Gillian era corsa da lui, anche se era al lavoro, e gli aveva raccontato tutto. Avevano richiamato Eleonora per dirgli che quella sera ci sarebbero stati. Avevano anche deciso di chiamarla mezz'ora prima dell'incontro per spostarlo, per evitare una trappola. Un po' paranoico forse. Ma si parlava della donna che aveva venduto il suo migliore amico alla mafia, quindi tutto era possibile.

– Eleonora. Cambio di programma. Vediamoci al bar dei vecchi tempi.

Attimi di silenzio. – Okay.

***

Com'è lei?

Un angelo, Ele, è un angelo.

È più piccola di un anno, quindi ha sette anni, giusto?

Sì.

Quando vi rivedrete?

Quando ce lo diranno le stelle. – rispose, alzando lo sguardo verso il cielo – Lo sai? Da grande la sposerò.

Come fai a dirlo?

Perché è una promessa.

***

– Quindi, – iniziò Gillian, erano arrivati tutti e tre e la tensione era palpabile – come mai ci hai chiamato?

– Avete cambiato luogo all'ultimo. Pensavate fosse un modo per vendervi alla mafia? – replicò, ignorando volutamente la domanda.

– Puoi biasimarci? – le chiese Michelangelo.

– Michi sai-

– Non mi chiamare Michi. Non ti permettere di parlarmi nemmeno. – fece un sorriso amaro – Com'è che dicevamo da ragazzi? Noi e il mondo. Lo combatteremo insieme. Fosse l'ultima cosa che faremo. Si è visto.

Eleonora deglutì. Avevano ragione. Loro si erano sempre difesi. Sempre. Per qualsiasi cosa sapevano che avrebbero sempre potuto contare l'uno sull'altro. Per questo Roberto le aveva detto dei suoi sospetti. Perché non si fidava di nessuno. Nessuno. Tranne lei. E lei lo aveva tradito. Perché aveva avuto paura. Perché non si era fidata di lui. E ora? E ora era messa bene. Era salita di grado. Aveva una vita tranquilla. Per qualsiasi problema bastava chiedere e loro gliela facevano. Una volta le avevano rubato la borsa con tutto dentro. Documenti. Soldi. Bancomat. Nel giro di due giorni le era tornato tutto.

In fondo non era stata colpa sua. Era stato Roberto a non aver capito che era meglio averli dalla propria parte, che contro. Non era colpa sua. Era stato lui lo stupido.

– È troppo tardi ormai. – replicò, sorridendo amaramente.

– No, non è vero. – rispose Michelangelo – Possiamo ancora sconfiggerli. Insieme. Puoi testimoniare o-

Eleonora lo interruppe scuotendo la testa.

– No, non si può. Una volta dentro non si esce. E forse non si vuole nemmeno uscire.

Negli occhi dell'uomo si spense l'ultima luce che c'era. La consapevolezza gli penetrò nella pelle.

– L'hai fatto di nuovo. – sussurrò.

Gillian lo guardò. Poi guardò lei sconcertata.

– Ci hai venduto.

– Non avevo altra scelta! Una volta dentro loro ti fanno un sacco di favori, quando poi te ne chiedono uno non puoi rifiutarti. Perché sei in debito. E passi quasi tu per quello ingrato. Io...io non avevo scelta...

– C'è sempre una scelta. – replicò Gillian fredda.

Michelangelo non rispose. Rimase immobile. Il vuoto che gli si apriva nel petto. Eleonora. La sua migliore amica. Sua sorella. La ragazza che lo capiva. La ragazza che era sempre disponibile ad aiutarlo. La ragazza con cui si era confidato. Sempre. Quella ragazza era diventata la donna che lo stava consegnando a degli assassini. E l'unica cosa che riusciva a dire era che non aveva avuto scelta? Probabilmente lo disse anche a Roberto quando lo consegnò. 'Scusa, Rob, ti ammazzeranno; ma non ho avuto altra scelta'.

La rabbia salì. Dapprima con calma. Poi, tutta in una volta. Gli inondò il petto. Gli ruggì nello stomaco. Gli afferrò la gola. Rossa. Era rossa. Rosso sangue. Capì finalmente come potesse Gillian associare i colori alle cose.

Si scagliò su di Eleonora.

– Io ti ammazzo, stronza! Sei solo un'egoista! Non te ne frega di niente e di nessuno! Mi fai schifo! Mi ripugni! E spero solo che prima o poi ammazzino anche te!

Gillian si alzò per fermarlo. – Michi! Michi! Guardami, ok? Guardami, ti prego. – disse, prendendogli il viso tra le mani. Immediatamente la rabbia si affievolì.

– Così, bravo. Va tutto bene. Ci sono io. Siamo insieme.

Lui annuì e si piegò ad abbracciarla.

– Siamo insieme. Lo saremo sempre. – continuò a sussurrargli Gill, stringendolo forte – Promesso.

Eleonora rimase bloccata. Ancora non riusciva a crederci alle parole che le aveva urlato Michelangelo. Il suo migliore amico. Suo fratello. La persona che amava più di ogni altra cosa. E lei lo aveva consegnato. L'unica persona che aveva sempre creduto in lei. L'unica che non l'aveva mai abbandonata. E lei lo aveva tradito.

Le lacrime iniziarono a scendere. Si rendeva conto solo ora a cosa aveva rinunciato stando sotto la loro ala. Aveva i soldi. Aveva la tranquillità. Aveva molte cose. Ma non aveva l'amore. Perché quello è un qualcosa che non è possibile ottenere né con i soldi, né con la paura. E lo capì solo in quel momento. Solo in quel dannato momento. Vedendo le ultime due persone che l'avevano amata abbracciate strette. Con l'orrore di ciò che lei aveva fatto impresso nel viso e nel cuore. Con la consapevolezza che la loro bontà, la loro voglia di perdonare le aveva portate alla morte. E lei era lì. Immobile. Che non riusciva a fare altro se non guardare e piangere in silenzio. E continuò a farlo anche quando lui si alzò con tutta calma dal tavolino accanto al loro e si avvicinò a loro. E lei continuò a restare lì, ferma, fingendo di non vedere. Senza fare niente. Come se fosse stato tutto normale. Come se lei non avesse quell'enorme voragine nel petto che la divorava. Dall'interno. Come una malattia. Come un cancro. Proprio come erano loro. Forse non aveva mai ammazzato qualcuno. Forse non aveva mai chiesto il pizzo. Ma era uno di loro. Perché fingeva di non vedere.

Eppure, nonostante avesse finalmente capito, non fece niente se non piangere. Lacrime di coccodrillo che scendevano silenziose. E guardò la mafia portarle via le ultime due persone che l'amavano e che lei amava. Ed era colpa sua. Era dannatamente colpa sua.

IL SAPORE DEI COLORIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora