La mattina dopo Mauro capì subito che c'era qualcosa di diverso. Per la prima volta da giorni si sentì in forze. Si alzò. Rosie non c'era più. In un biglietto accanto al letto gli spiegava che era già andata al lavoro. Sorrise. Non un sorriso stirato come quelli degli ultimi giorni. Un sorriso vero. Forse stava guarendo da quella che pensava fosse stata influenza. Non era mai stato depresso, come aveva sostenuto Rosie. Solo un po' influenzato. Sì. Era solo un po' di influenza.
Si vestì e uscì. Il frigo era vuoto. Meglio riempirlo
***
Gillian non sapeva cosa fare. Di nuovo. Odiava non poter andare al lavoro. Decise che quel giorno avrebbe fatto una passeggiata al parco. Magari avrebbe letto qualche pagina del diario. S'incamminò e, appena trovò una panchina libera si sedette. Aprì il diario e iniziò a leggere. E più leggeva più si sentiva cadere. Più leggeva più non riusciva a crederci. Non poteva essere successo davvero quello che era successo. Non poteva essere. Le mani iniziarono a tremarle. Il diario le cadde di mano. Faceva fatica a respirare. Intorno a lei vedeva solo ombre sfocate. Cercò di far entrare aria nei polmoni. Niente. Sapeva benissimo cosa stava accadendo. Panico. Attacco di panico. Portò le mani tremanti sul viso. Cercò di pensare ad Alice. Si focalizzò sulla sua figura. Sulla sua risata. Sul suo giallo. Il tremore si placò piano piano. Ma riprese subito. Stavolta però per via della rabbia. Si alzò. Raccolse il diario e andò spedita da lei.
***
Gillian bussò più volte, insistente. Lei le aprì. Gillian sentì la rabbia montarle dentro.
– Tu lo sapevi.
Non era una domanda. Era un'affermazione. Sapeva benissimo che era vero.
Eleonora la guardò. Non c'era bisogno di chiedere che cosa sapesse. Dallo sguardo di Gillian era abbastanza chiaro a cosa si riferisse.
– Entra.
Eleonora non era solo una collega di Roberto. Era la sua migliore amica. Si conoscevano sin da bambini. Erano cresciuti insieme. Erano come fratello e sorella. O almeno lo erano stati.
Entrò senza smettere di guardarla con astio e disappunto.
– Come hai potuto? Come hai potuto fargli una cosa del genere?
Stranamente la sua voce era calma. In netto contrasto con la tempesta che aveva dentro.
Eleonora evitò il suo sguardo, sentendosi in colpa.
– Pensavi non lo avrei mai scoperto?
– Diciamo che ci speravo, da una parte. Dall'altra, però, aspettavo solo il momento in cui avrei finalmente potuto dire la verità.
– Come hai potuto fargli questo? – ripeté Gill.
Gli occhi della poliziotta si inumidirono.
– Avevo così tanta paura, Gill, che-
– Credi che lui non ne avesse? Lui si fidava di te. E tu cosa hai fatto? Sei andata dai mafiosi. L'hai tradito tu.
– Non avevo altra scelta! Loro controllano tutta la città! Non potevo permettere che Rob mi mettesse contro di loro! Mi avrebbero uccisa!
– Quindi hai fatto in modo che uccidessero lui prima che scoprisse tutto?!– Gillian la guardò disgustata – Mi fai schifo.
Sputò in terra, accanto ai suoi piedi e se ne andò.
– Aspetta! – la richiamò Eleonora. Gillian si fermò senza girarsi.
– Ti prego entra. Voglio raccontarti cos'è successo davvero.
Gillian sospirò. Voleva la verità.
– Va bene. – disse rientrando – Ti do cinque minuti per dirmi tutto prima che ti faccia arrestare.
La poliziotta annuì deglutendo.
– Roberto mi aveva detto dei suoi sospetti sin da subito, è vero. All'inizio io non sapevo nulla. Per cui gli dissi che lo avrei aiutato. Una settimana dopo, circa, il capo ci beccò a studiare vecchi fascicoli dove si sospettava un intervento mafioso: il vero problema era che in nessuno di quei casi erano state fatte indagini in tal proposito. Si era messa a tacere la voce 'mafia' e avevano arrestato qualcun altro.
Il giorno dopo ci chiamò entrambi nel suo ufficio. Uno per volta. Quando fu il mio turno entrai. Insieme al nostro ispettore capo c'era un uomo. Avrà avuto sui quarant'anni. Mi disse che se avessi continuato a seguire tuo marito sarebbe potuta finire male e si offrì di pagarmi il mutuo. Rifiutai. E anche Rob. Due giorni dopo la nostra auto di servizio esplose durante un giro di pattuglia. L'avevamo prestata a William e Anita, due nostri colleghi, perché la loro si era rotta. Sono morti sul colpo. Fu archiviato come incidente ma non lo fu. Io volevo fermarmi, ma lui era come impazzito. Non voleva sentir ragioni. Disse che se facevano così era perché c'era qualcosa di marcio sotto. Disse che cercavano solo di spaventarci e non voleva fermarsi. Ma io avevo paura. Il giorno stesso andai dall'ispettore che mi disse che come compito dovevo portargli un rapporto giornaliero delle indagini che tuo marito svolgeva.
Le lacrime le scesero giù dalle guance.
– Io non volevo che lo ammazzassero. Gli volevo bene.
– Se gli avessi voluto davvero bene avresti chiesto aiuto alla magistratura. Non alla mafia contro cui lui faceva la guerra. – detto questo si alzò.
– Non mi denuncerai vero?
Gillian se ne andò, senza rispondere. Doveva solo trovare delle prove. Era solo questione di tempo
***
Mauro non riusciva a crederci. Non riusciva ad aprire quella dannata porta. Non era bloccata. Non era chiusa a chiave. Eppure appoggiava la mano sulla maniglia per uscire a fare la spesa e una qualche forza lo bloccava. Si sentiva svuotato. Di nuovo. Forse l'influenza non era passata del tutto. Rinunciò ad uscire. Lo avrebbe fatto il giorno dopo. Non c'era fretta. E poi la spesa poteva fargliela Rosie. Non c'era bisogno che lui uscisse. Si tolse scarpe e giacca e si sdraiò di nuovo sul letto. In fondo non c'era motivo di uscire. Lui stava bene lì.

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IL SAPORE DEI COLORI
Genç Kız EdebiyatıPer Gillian i colori sono ciò che caratterizzano le persone, le emozioni, la vita. Gillian ama la vita e ama i colori. O forse sarebbe meglio dire 'amava'. Due anni fa tutto ciò ha smesso di avere importanza. Due anni fa la sua vita è stata distrutt...