3. ALEASE HA 19 ANNI (PT 2)

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Da quando era a Hope Mills, nessun uomo l'aveva avvicinata, nessuno l'aveva corteggiata, nessuno aveva mostrato il minimo interesse per lei, nemmeno quando la vedevano senza Drew. Alease non era bellissima; aveva un viso ovale comune, le labbra sottili, il naso lungo. I suoi capelli erano lisci come spaghetti, tagliati in modo netto sotto le spalle ossute, gli occhi erano di un banale nocciola. Alice le diceva che era bella quando sorrideva, e forse era vero. Aveva una bocca grande e denti bianchi di cui andava molto orgogliosa, ma certo non poteva camminare per strada sorridendo come una scema.

Drew non aveva preso i suoi colori: i suoi occhi erano di un intrigante verde chiaro, i capelli tra il biondo e il castano. Era tutto suo padre, anche se Alease si sforzava di non pensare a lui. Non sapeva cosa gli avrebbe raccontato, un giorno. Prima o poi Drew avrebbe iniziato a chiedersi perché tutti i suoi amici avevano due genitori e lui uno solo. Alease aveva pensato che per allora avrebbe avuto un altro uomo nella sua vita da spacciare per suo padre; ma nessuno si era fatto avanti.

Non capiva perché. C'erano molte ragazze non belle che si fidanzavano ogni giorno. Cos'aveva che non andava? Perché Alice attirava gli sguardi degli uomini e lei no, quando camminavano nei centri commerciali? E a nessuno importava che la bella italiana tenesse per mano una bambina di sette anni; la divoravano comunque con gli occhi. Lei invece si sentiva invisibile.

Non aveva confessato ad Alice questa sua delusione. Voleva che l'amica la credesse felice di ogni aspetto della sua vita. Se si fosse lamentata di non avere un uomo, probabilmente Alice l'avrebbe subito iscritta a un sito di incontri o l'avrebbe trascinata a un appuntamento al buio.

Si presentò alla porta di Alice con una crostata di albicocche in mano e Drew nel passeggino. Alice le fece un sorrisone e la strinse in un abbraccio, sussurrando: «È venuto vestito di tutto punto e guarda me! Infarinata, senza un filo di trucco e in tuta da ginnastica!»

«Sei sempre bellissima, Ally.» Era un loro scherzo privato, si chiamavano Ally a vicenda.

Alice la fece entrare. Aveva una casa sviluppata in altezza; al pianterreno c'erano la cucina col tavolo da pranzo, il salotto e la lavanderia, nonché la porta che conduceva al giardinetto sul retro. Di sopra c'erano due camere da letto e un grande bagno in mattonelle blu zaffiro che Alease trovava incantevole, in confronto al suo bagno vecchio e stinto.

«Vieni, ti presento Robert.» Alice la condusse in salotto, dove Robert stava fingendo di prendere il tè insieme alla piccola Sandy.

«Oh, gliene ho messo troppo, Mr Clive, faccia attenzione quando beve, potrebbe versarsi tutto addosso!» si raccomandò la bambina in tono affettato.

«Starò attento» promise Robert con una grossa voce baritonale.

«Robert, è arrivata Alease» li interruppe Alice.

Lui si alzò e si voltò, lasciando Alease interdetta. Non si aspettava che fosse nero. Beh, non proprio nero, piuttosto con la pelle color cioccolato alla Will Smith, sebbene quell'uomo non avesse il fisico palestrato dell'attore, e neanche il suo fascino. Era un uomo comune, molto alto, massiccio, con i labbroni e il naso schiacciato, occhi neri e liquidi e capelli cortissimi, quasi rasati. Vestiva un abito grigio stirato alla perfezione, coi gemelli luccicanti sui polsini. Le scarpe nere di vernice quasi riflettevano le immagini.

«Piacere di conoscerla, Alease» disse Robert con la sua calda voce, stringendole la mano.

«Piacere mio» mormorò Alease, facendo in modo che la stretta durasse il meno possibile.

Alice se ne accorse e la guardò strana, prima di dire in un tono falsamente giulivo: «Bene, direi che ci possiamo accomodare di là, è già tutto pronto. Vieni Sandy!»

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