27. ALEASE HA 32 ANNI

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Era il primo colloquio dei professori cui si recava da quando Drew aveva cominciato le superiori, e non stava andando bene. Il professore di scienze era stato quello più duro di tutti. Era un vecchio inacidito che le ricordava lo scienziato di "Ritorno al futuro", ma molto meno simpatico. Le aveva detto che suo figlio si distraeva spesso durante la lezione, parlottava con Rebecca Blake e gli rispondeva con insolenza quando lo richiamava. Inoltre non aveva preso neanche una sufficienza fino ad allora, nelle interrogazioni faceva sempre scena muta e nelle verifiche non provava neanche ad impegnarsi, limitandosi a cercare di copiare dalla sua complice Rebecca. Doveva darsi una regolata se voleva passare l'anno.

Alease uscì umiliata dal suo ufficio, passando davanti alle altre madri in fila. Non ebbe neanche la prontezza di fingere un'espressione neutra, e le loro occhiate pietose le fecero capire che sapevano esattamente com'era andata. Se ne vergognò, e poi si vergognò di essersi vergognata di suo figlio. Anche se non era un genio in chimica e una volta aveva quasi dato fuoco all'aula durante un esperimento, sarebbe comunque potuto diventare qualcuno. Avrebbe avuto una chance, a differenza sua. Avrebbe finito l'high school e poi sarebbe andato al college, magari, e dato che gli piaceva tanto l'inglese avrebbe potuto diventare giornalista e lei avrebbe letto i suoi articoli, e magari avrebbe viaggiato per il mondo e scritto reportage dei posti esotici che aveva visitato... Drew avrebbe tanto voluto viaggiare per il mondo, lo desiderava da quando era un bambino e sognava di diventare un pirata. Alease si sarebbe fatta in quattro per realizzare i sogni del suo bambino, anche se nel frattempo avesse dovuto negargli abiti costosi o un cellulare d'ultima generazione, facendosi così detestare.

Si avvicinò ad una bidella grande e grossa che stava lavando i pavimenti. «Mi scusi, saprebbe indicarmi il bagno?»

La donna si voltò e sgranò gli occhi. «Mio Dio!» gridò, prima di portarsi una mano alla bocca.

Alease fu quasi spaventata dalla sua agitazione. Arrossì, sentendosi colpevole in qualche modo. «Si... si sente bene?»

La donna era impallidita sotto la pelle scura e dura come cuoio invecchiato. Si sporse in avanti, strizzando gli occhi come per vederla meglio. Un sussurro le sfuggì dalle labbra: «Lei!»

«Ci conosciamo?»

La bidella iniziò a scuotere la grossa testa, come per liberarsi da un incubo. Poi deglutì e tornò a fissare il pavimento. «Ultima porta a destra.»

Alease guardò, individuò il bagno e ringraziò, ma esitò, prima di avviarsi. «Sicura di star bene?»

La nera afferrò il moccio e si spostò più in là, dando ad intendere che non voleva proseguire la conversazione.

Alease si rassegnò e andò in bagno, senza però riuscire a liberarsi da quella sensazione di inquietudine che la bidella le aveva messo addosso.

Terminati tutti i colloqui, Alease tornò a casa. Casa... La considerava già tale, anche se vi si era trasferita solo da poco. Era stata dura abbandonare la sua topaia ammuffita - ci aveva trascorso metà della sua vita - ma la casetta di Curt era un sogno. Piccola, tranquilla, sorgeva in una viuzza laterale e non aveva vicini rumorosi né condomini fastidiosi che passavano su e giù per le scale cento volte al giorno facendole venire il mal di testa. Aveva persino un giardinetto sul davanti dove Alease stava pensando di piantare un cespo di rose bianche. Avrebbe dovuto chiedere il permesso a Curt. Lui le aveva detto di fare come se fosse a casa sua, ma Alease si sentiva sempre in dovere di chiedere quando si trattava di grandi cambiamenti come il rivestimento dei divani o le tendine in bagno o il copriletto - pensava che quel grigio e castagna fosse deprimente e cupo, forse andava bene d'inverno, ma d'estate preferiva colori più allegri come il rosso e l'azzurro.

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