32. DREW HA 15 ANNI

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Stavolta il cellulare non squillò neanche una volta, prima che a Drew arrivasse il suono della comunicazione interrotta. Ormai non c'erano più dubbi: Becca lo stava evitando.

Stava per mandarle il centesimo messaggio da quella mattina, ma si bloccò.

«'Fanculo» borbottò, afferrando la giacca e scendendo le scale a rotta di collo. Andò a piedi fino a casa sua. Erano venti minuti al freddo, sotto un vento che si alzava sempre più forte, ma non gli importava. Si imbacuccò per bene, seppellendo il collo sotto il maglione di lana, e continuò a camminare.

Domande circa lo strano comportamento di Becca si mischiavano ai ricordi della sera prima. Destinee... Ormai sorrideva persino al solo pensiero di lei, delle sue labbra morbide, della sua pelle di seta, dei seni generosi e turgidi sotto le sue mani...

Cavolo, era cotto! Aveva pensato a lei tutta la notte, e non aveva quasi fatto caso alla presenza di Curt accanto a lui in auto. Si era sforzato di nascondere il sorriso da ebete, e doveva esserci riuscito perché Harris non gli fece domande.

Ma sua madre aveva notato qualcosa. A colazione l'aveva osservato con un sorrisetto sulle labbra e gli aveva chiesto come fosse andata la festa. Lui si era stretto nelle spalle, trincerandosi dietro un semplice "bene". Ma lei aveva annuito con l'aria di chi la sa lunga, cosa che lo aveva imbarazzato, infastidito e inorgoglito allo stesso tempo. Forse sua madre stava perdendo le speranze che Drew potesse piacere a una ragazza? Beh, le aveva appena fatto capire che lo stava sottovalutando!

Sarebbe stata una giornata fantastica, se solo Becca non si fosse messa ad ignorarlo. Ma che cavolo le prendeva?

Arrivò a casa sua e suonò il campanello. Venne ad aprire sua madre e Drew quasi prese un colpo nel vederla così pallida e sciupata in faccia. Sembrava una vecchia strega!

«Salve signora, cerco Becca. È in casa?» domandò formalmente.

«È in camera, ma non si sente bene.»

«Posso entrare?»

«Certo ma ti avviso, ha vomitato questa notte, non vorrei che si fosse presa un qualche virus e te lo passasse.»

Rassicurato da quella spiegazione, Drew entrò in casa e si avviò verso le scale. «Starò attento, grazie.» Salì i gradini a larghi passi, per poi bussare alla porta della sua camera. «Becks?»

Entrò senza attendere risposta. Subito un odore acre e pesante offese le sue narici. Sembrava che l'aria non venisse ossigenata da giorni e faceva un caldo pazzesco. Probabilmente il riscaldamento andava a manetta.

La stanza era in penombra, le persiane erano abbassate e lasciavano filtrare appena una lama di luce che si posava su uno spicchio del viso di Becca. Gli dava le spalle, sepolta sotto le coperte. Sembrava davvero malata.

Preoccupato, le si avvicinò. «Ehi... Tua mamma mi ha detto che stai male.»

«Vai via» rispose lei con voce rauca, come se non parlasse da molto tempo.

«Non ho paura di ammalarmi. Ma cavolo, si soffoca qua dentro.» Si accostò alla finestra e fece per tirare su la tapparella, quando si sentì afferrare il giubbotto e strattonare indietro. Il viso rosso, sudato e incollerito di Becca gli si parò dinanzi agli occhi.

«Non toccare niente ed esci!» sbraitò la ragazza, spruzzandogli saliva addosso.

Drew indietreggiò involontariamente, inciampando in una scarpa, esterrefatto davanti a quella reazione esagerata. «Ma che cacchio hai?!»

Come se lo sfogo l'avesse privata delle poche forze che le restavano, Becca tornò a letto, sprofondando sotto le coperte. Quindi sibilò: «È andata bene la festa?»

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