Capitolo ventiquattro

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Cammino velocemente mentre ascolto della musica nella mia affollatissima Londra.

Si, sono tornata a casa.

Sono rimasta a Perth, da Daniel, solo per due giorni e sono ripartita subito, non prima ovviamente di avergli raccontato dell'articolo.
Non dimenticherò mai i suoi occhi furiosi mentre parlavo. Non lo avevo mai visto così.
Penso che se avesse potuto, avrebbe spaccato la faccia a chi ha scritto il post.

Provo subito a scacciare quel pensiero ma senza grandi risultati.

Avere la consapevolezza che tutti sanno mi rende abbastanza nervosa. Non voglio che le persone mi guardino con occhi diversi o che facciano troppe domande.

Spero che tutto ciò non accada.

Nel frattempo mi avvicino sempre di più a casa di mia madre.

Si, proprio lei.

Il perché? Non lo so nemmeno io, ma ho bisogno di parlare con lei di questa cosa, insomma, in fondo non sono stata nominata soltanto io o il mio passato.

Supero una coppia di ragazzi presi per mano che andavano più lenti delle McLaren Honda e finalmente arrivo nel palazzo di dieci piani.
Per mia fortuna, possengo ancora una copia delle chiavi, di conseguenza non citofono nemmeno e salgo in fretta e furia le scale dell'edificio.

Quando arrivo davanti alla porta di legno, busso.

Un po' di educazione mi è rimasta.

Non sento nessuna risposta e decido di aprire la porta.

<< Mamma? >> domando appena la chiudo

Ancora niente.

<< Fanculo >> impreco a voce alta

Per una volta in cui vengo, non c'è nemmeno.
Provo a chiamare ma non è raggiungibile.

Ma una gioia quando?

Decido di aspettarla, augurandomi che torni a casa il prima possibile.

Per passare il tempo, decido di fare un giro nella casa, insomma sono almeno tre anni che non ci metto più piede. Il motivo non c'è bisogno di ricordarlo.

Quasi tutto è rimasto come era: il divano bianco davanti alla televisione, i mobili con sopra le foto di quando mamma e papà erano giovani, spensierati, felici e non mi avevano ancora avuto.
Mi avvicino alle foto in questione e ne osservo una in particolare, non riuscendo però a trattenere una lacrima.
O forse più di una.

Quando entro nella mia camera, anzi ormai dovrei dire ex camera, noto che quasi tutto è rimasto com'era, il letto affianco alla finestra, le pareti piene di poster dei miei cantanti preferiti e di ex piloti di F1, primo fra tutti l'immenso Ayrton Senna, ovvero il mio pilota preferito. Non mancano comunque le foto del grande Micheal Schumacher, il pilota preferito di mio papà.

Sorrido nostalgica mentre le guardo, ricordando le domeniche passate con lui a guardare le gare.

Quanto mi manca.

• • • • •

Okay Adele, respira e calmati.

Sono da sola alla London Fashion Week, invitata gentilmente da Louis Vuitton e oltre ai mille fotografi che mi hanno fotografata pure il culo, nessun altro essere umano mi ha rivolto la parola o considerato.

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