Capitolo cinquantaquattro

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Tre anni dopo

I am not the only traveler
Who has not repaid his debt
I've been searching for a trail to follow again

Il sole picchia forte mentre cammino per le strade strette e affollate di Montecarlo con in braccio Sophia. Sta giocando con i miei capelli corti: ormai è diventata una vera e propria abitudine per lei e non posso che esserne felice. È una delle tante cose che mi fa piacere.

Sorrido, pensando a quanto sia importante per me. Appena ho scoperto di essere incinta, ero sola e sono scoppiata in lacrime sicura di non poter essere una brava mamma. Non ho avuto un buon esempio e non volevo che questo si ripercuotesse su un bambino. Con il senno di poi, però, devo ammettere di aver fatto un buon lavoro, o almeno, ho fatto più di quanto mi sarei mai aspettata quattro anni fa.

<< Dove stiamo andando mamma? >>

Mi giro leggermente, provando a elaborare la frase più corretta da dire, ma non faccio in tempo a replicare poiché sento il telefono squillare. Per fortuna, forse.
So perfettamente chi è, sapevo benissimo avrebbe chiamato.

<< Ciao Seb >> rispondo, provando a sistemarmi meglio

<< Adele! Tutto bene? L'hai già incontrato? Cosa voleva? >>

<< Dio una domanda per volta! Tutto bene e no non l'ho ancora incontrato, sto andando nel luogo dell'appuntamento proprio adesso >>

<< Va bene...ricordati che se non te la senti puoi sempre tornare indietro. Non sei obbligata >>

<< Avresti dovuto lasciare qui Sophia...avrebbe giocato con i bambini...specialmente perché - >> aggiunge ancora, notando il mio silenzio

<< Cosa vorresti insinuare? Devo per caso rimanere rinchiusa in casa con te per altri vent'anni? >>

Uso un tono di voce duro, perché si, fa ancora male. E lui lo sa. Più di ogni altro. È lui che mi ha aiutato a rialzarmi e mi aiuta tutt'oggi. Sophia se ne accorge e mette il muso, indispettita. Ha capito anche lei con chi sto parlando e che la conversazione non sta procedendo nel migliore dei modi. Ho perso tutta la poca pazienza che avevo, specialmente con lui. È l'unica persona con cui parlo davvero di tutto e dovrebbe capire, anche se forse pretendo fin troppo. Chi se lo sarebbe mai aspettato qualche anno fa?

<< Scusa >> sussurra, forse sull'orlo del pianto

<< Scusami anche tu. È che...>> mormoro con un filo di voce, non riuscendo a trattenere le mie emozioni

Mi blocco, sentendo subito un nodo formarsi in gola e le lacrime pronte a scendere. Per fortuna indosso gli occhiali da sole e quindi, mia figlia, non può vedermi.

<< Lo so, non è facile andare avanti >>

<< Sto provando a farlo, devi credermi. E anche questo appuntamento, questo incontro se così lo vuoi chiamare ne è la conferma >>

Sto affannando e sento il mio corpo tremare, sintomo dell'ennesimo attacco di ansia. In questi anni sono diventati parte della mia quotidianità, purtroppo, anche se rispetto a qualche mese fa la situazione sta piano piano migliorando.

<< Fai quello che ti senti di fare okay? Stai tranquilla, respira e inspira. Io sarò al tuo fianco qualsiasi cosa accada. Ricordatelo sempre. Ti voglio bene >>

Sorrido al sentire quelle parole, pronunciate con quella calma e con quella sicurezza. Sorrido perché ci credo totalmente e perché avevo un disperato bisogno di sentirmele dire.

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