Capitolo quarantasette

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Lo scatto improvviso che fa il biondo quando chiude la piccola porta, e mette la sue labbra sulle mie, mettendomi a tacere ancora prima di parlare, mi sorprende e parecchio.

Allaccio le gambe intorno ai suoi fianchi e lui mi spinge ancora di più vicino al suo corpo; porto le mani tra i suoi capelli scompigliati e ne tiro qualche ciocca, lasciandomi travolgere completamente da tutte le sensazioni che sto provando.

Nel minor tempo possibile mi sfilo la leggera maglietta e rimango in reggiseno.
Le sue mani scivolano velocemente sulle mie cosce nude, scoperte dalla minigonna di pelle che indosso, e preme con forza con le unghie. Istintivamente, mi avvinghio ancora di più a lui e tiro un'altra ciocca dei suoi capelli, provocandogli un gemito roco.

Senza neanche accorgermene mi ritrovo con la schiena sulla parete fredda, gelida, che mi causa brividi lungo tutto il corpo.

Ma non ci faccio quasi caso.

Avvolge i miei capelli scuri nella sua mano destra e tira delicatamente, facendomi inclinare la testa all'indietro per poi avventarsi sul mio collo. Bacia con foga ogni centimetro di pelle libera sotto al mio orecchio, facendomi gemere sempre di più.
Infilo una mano sotto alla sua camicia ed infilzo le unghie nella sua carne, provocando un verso strozzato dalla sua gola.

Un ragazzo totalmente estraneo e forse anche più giovane di me.

<< Sei sicura? >> domanda infatti, dando forse voce ai miei pensieri, oltre che ai suoi

Rimango immobile e in silenzio per qualche secondo, fino a quando non riprendo in mano la situazione.

<< Dimmi solo che hai un preservativo >> mormoro prima che dalla mia bocca esca una risatina e stampandogli un bacio sul collo

Il ragazzo dagli occhi verdi come uno smeraldo mi guarda sorridendo beffardo e mette in fretta e furia una mano nella tasca destra.

[...]


Mi sistemo il più velocemente possibile e prima di uscire dal minuscolo bagno, mi osservo allo specchio: sul mio viso, in questo momento ancora più pallido rispetto al solito, è impossibile non notare le due occhiaie violacee, sotto i miei occhi stanchi, o forse tristi. Le labbra carnose e di solito rosacee ora sono quasi bianche e screpolate.
Sento i denti tremare, come del resto le mie mani.

Mi lavo la faccia con acqua fredda, ghiacciata, e quando rivolgo nuovamente lo sguardo al vetro dinanzi a me la situazione non è migliorata più di tanto.
Non è la prima volta che mi capita di stare così, anzi, nell'ultimo periodo capita almeno una volta al giorno. A tutto questo si aggiungono improvvisi attacchi di vomito.
La prima volta è successo appena dopo il mio ritorno a Londra da Singapore.

Sulla mia mente si fanno spazio i ricordi delle lacrime agli occhi e la chiamata immediata a Nicolas.

Scuoto la testa disperata, come se quel gesto potesse far scomparire tutti i pensieri che ho in testa da ormai tanto, troppo tempo.

Respiro profondamente mentre finalmente apro la porta di metallo e raggiungo mia madre e Valtteri; quest'ultimo, appena mi vede, mi fulmina con i suoi occhi gelidi come il ghiaccio.

<< Sei seria? >>

<< Cosa? >> domando anche se so perfettamente a cosa si sta riferendo

<< Con l'assistente di volo? È il terzo questa settimana o sbaglio? >>

<< Credo di essermi persa il momento in cui ti ho detto che puoi interessarti alla mia vita, o ancora peggio giudicarmi >> dico acida, ma forse consapevole che in fondo, il finlandese ha perfettamente ragione

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