Capitolo quarantanove

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Who's that knocking at your door?
You've got lots to answer for
Who's that sleeping in your bed?
Ah
Cross your heart and hope to die
Swear that you won't tell no lie
Cross your heart and hope to die
Ah
Every time you fall asleep
Pray the Lord your soul to keep
You got problems now, my friend

Decido dopo giorni di accendere il telefono, o meglio, di leggere i messaggi inviati da chissà quante persone. Sbuffo, esasperata da tutto e da tutti, pensando al fatto che probabilmente in molti sono preoccupati per me e come al solito mi sono comportata come una bambina dispettosa.
Anche se per ora voglio leggere solo un messaggio, inviato dalla persona a cui in questo momento dovrei porgere le mie scuse.

Nuovo messaggio da: Sebastian Vettel

"Adele sono ancora io..ti ho chiamato come minimo un centinaio di volte e ho provato a cercarti in hotel, ma mi hanno detto che sei andava via subito dopo la gara. Ho chiamato pure a mamma (quindi sono veramente disperato) ma non sa niente nemmeno lei...perfavore rispondi, dimmi se stai bene..ho paura ti sia successo qualcosa.
Sono passati quattro giorni dalla gara e cinque da quando hai scoperto tutta la verità e non abbiamo avuto ancora occasione di parlare. Ho bisogno di vederti, dimmi dove sei e ti raggiungo immediatamente. Dammi questa possibilità. Dacci questa possibilità. Rispondimi"

Una lacrima solitaria scorre velocemente sul mio viso e forse solo ora mi rendo conto della situazione. Sono in Spagna, in un piccolo appartamento appena fuori dal centro di Barcellona, sola e triste, ed è il quarto giorno che passo a letto guardando serie tv o leggendo libri.

Per quanto voglio continuare così?

Tra due giorni c'è il gala di fine anno a Parigi e sono obbligata ad andarci. Non ho nessuna opzione di scamparmela.
Devo essere lì e dimostrare a tutti che sto bene, che si, ho perso il mondiale ma sono pronta a ricominciare. Insomma è la vita di uno sportivo: si vince, si perde ma soprattutto ci si rialza. Dovrò sorridere, rispondere gentilmente alle mille domande che riceverò e stare per ore in mezzo a persone con cui non vorrei avere niente a che fare.

Insomma, male ma non malissimo.

Respiro a pieni polmoni, chiudendo gli occhi con l'intenzione di fermare i pensieri. Solo ora mi rendo conto del battito cardiaco accelerato.

Faccio l'unica cosa che in questo momento reputo più giusta. O meglio, chiamo la persona che può aiutarmi più di tutte le altre. Egoisticamente forse, ma non vedo altra soluzione.

Il telefono squilla a malapena una volta prima che una voce sorpresa e agitata mi risponda.

<< Adele? >>

<< Ehi Seb >>

La voce tremante mi tradisce, anche se provo a sembrare il più sicura e tranquilla possibile. Ho pensato tanto a lui e al modo in cui si è comportato con me.
Ho pensato anche a come mi sono comportata e di certo non sono da lodare per gentilezza e comprensione. Non mi sono immedesimata in lui nemmeno per un istante, ho pensato solo ed esclusivamente al mio dolore. Chissà cosa ha passato in questi mesi, cosa ha pensato. Di certo non gli sono venuta incontro, nemmeno negli ultimi giorni. Potevo mantenere la promessa che gli avevo fatto in Brasile, di vederci appena finita la gara e invece sono scappata.

Forse non starei così male adesso.

L'ho tagliato completamente fuori dalla mia vita, senza un apparente motivo. Non sono l'unica che ha sofferto o che soffre in questo preciso istante.
Se ripenso al nostro primo incontro, nell'albergo a Barcellona poco prima dei test, mi viene da piangere. Ovviamente lo conoscevo già anche se non avevo mai avuto occasione di parlarci. Ricordo che appena lo vidi, mi sentii più tranquilla, specialmente quando mi invitò a unirmi con lui e gli altri piloti per cena. Forse per la sua gentilezza o per la sicurezza che aveva nei miei confronti, o forse inconsciamente avevo capito che davanti a me avevo una persona speciale.

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