Capitolo 14 - La nuova vita di Loto

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So che odiate queste cose a inizio capitolo ma in quest'occasione è dovuta e prometto che non mi dilungherò.

Volevo dirvi - per chi ancora non lo sa - che Anthea ha vinto i #WATTYS2017 per la categoria Nuovi Arrivati. E' stata un'emozione enorme e inaspettata! Soprattutto vorrei ringraziare due persone, Fraffen e Lice perché sono state le prime in questa piattaforma che hanno creduto alla mia storia e mi hanno parlato dei Wattys... Grazie di cuore anche a chi mi ha letto e continuerà a farlo! Grazie di cuore!

Un abbraccio, Rebecca.

***

«Vieni con me Loto» disse Peacock cingendole con un braccio le spalle. «Ti faccio vedere la tua nuova casa».

Si sentiva vuota e stanca, era stata una giornata faticosa, prima l'alce e poi la zia... Aveva un gran bisogno di parlare con sua madre, vedere un volto famigliare.

Peacock le fece strada, conducendola verso l'Abbazia che era stata costruita poco distante dall'Albero Sacro.

Era un'enorme edificio che superava l'altezza dell'albero: la facciata centrale era traforata da un'imponente finestra a sesto acuto, sulla vetrata era raffigurato il bosco e un lago in cui alcune ninfe nuotavano, mentre il sole splendeva alto nel cielo.

Alle spalle di quell'immagine bucolica c'era il bosco, mosso da una leggera brezza: gli uccellini volavano nel cielo e i Merefin facevano loro compagnia. Questo sconvolse Loto perché sul finestrone, realizzato con vetri colorati uniti da venature piombate, le figure si muovevano come se fossero immagini vive.

Sul tetto, due enormi e altissime torri svettavano nel cielo del crepuscolo, i pilastri che sorreggevano la struttura erano intarsiati di foglie e fiori. Per tutta la lunghezza, l'Abbazia aveva finestre che facevano filtrare la luce naturale al suo interno.

Salirono alcuni gradini verso il portone, un unico pezzo di legno lavorato, con suture di acciaio nero che gli conferivano un'aria imponente e antica.

La pianta dell'Abbazia era rettangolare e semplice, ma quello che sconvolse di più Loto, furono le alte vetrate che mostravano scene di vita nei boschi in costante movimento.

Queste filtravano i raggi solari proiettando all'interno i colori delle scene raffigurate, come un gigante caleidoscopio. I soffitti a volta erano altissimi e ovunque crepitavano candele.

Ogni tanto si poteva scorgere un pappagallo colorato, un corvo o uno stormo di rondini volare attraverso la navata.

Loto aveva pensato che fosse una chiesa dove gli abitanti di Anthea veneravano qualche divinità ma quando vide le pareti interamente occupati da alti scaffali colmi di libri dovette ricredersi. C'erano tavoli e poltrone sparpagliati ovunque dove ragazzi e ragazze sedevano per leggere e discutere. Scale a chiocciola salivano in alto, fino a raggiungere piattaforme aeree sospese, adibite a zona studio. Era una città a tutti gli effetti, brulicante di giovani menti avidi di sapere.

Il modo di vestire delle ninfe era come se l'era immaginato e come venivano solitamente raffigurate nella mitologia che aveva studiato nei libri di storia. Le ninfe portavano lunghe vesti bianche, che venivano chiamati chitoni, tenute legate sotto al seno con cinture intarsiate di gemme; mentre gli uomini tenevano le vesti legati all'altezza della vita con semplici cordoni.

Notò inoltre che molti abitanti di Anthea avevano capelli schiariti dal sole. Altri invece avevano colori particolari, proprio come sua zia. Rosa, rosso fuoco, bianchi e neri... Poco distante da loro notò una ragazza con i capelli arcobaleno, qualcun altro accanto invece li aveva blu con dei luccichii, come il cielo stellato.

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