Si svegliò nel cuore della notte, immerso nel suo stesso sudore. Aveva sognato fiamme e fuoco. Molti erano morti dopo un lauto banchetto. Ma com'era possibile se era sempre stata una maledetta tartaruga enorme, incapace di uscire dalla Cattedrale?
Occhi azzurri che bucavano l'oscurità. Pioggia di frecce e poi loro... Il suo cuore batteva come un tamburo.
«Stai tranquillo» sussurrò una voce nell'oscurità. Una mano gli si appoggiò sulla fronte. «Hai ancora la febbre alta ma per fortuna ti sei svegliato».
«Firer...» sussurrò a fatica.
Cercò di chiamare il suo amico, perché non era lì con lui? Di chi era quella voce?
«Tieni, devi bere...» disse la voce familiare.
Sentì che qualcuno gli sollevava la testa dal cuscino e una brocca piena d'acqua fresca gli veniva appoggiata alla bocca. Il liquido fresco scese nella sua gola come un ruscello di montagna. Fresco, puro e limpido. Ricordava il sole che brillava sopra la superficie d'acqua creando leggeri bagliori. Il rumore del fiume che scorreva inesorabile sui sassolini che venivano levigati e modellati... Ma poi le fiamme lo investirono e cadde di nuovo in un sonno tormentato.
~
«Come stai?» chiese per la seconda volta quella voce familiare, che non era ancora riuscito a decifrare.
Testudo riprese i sensi a fatica mentre la luce del sole lo colpiva in viso, riscaldandolo. Si mise una mano davanti agli occhi e cercò di abituare la vista. Si girò verso la fonte della voce e mise a fuoco, sbattendo più volte le palpebre.
«Aquila» sussurrò sbalordito.
«Salve, amico mio» pronunciò quel viso luminoso. «Come ti senti?»
Testudo faceva fatica a credere ai suoi occhi.
«Cosa succede?» chiese guardandosi intorno.
Era disteso sotto le fronde degli alberi che danzavano, con la brezza di un vento leggero. Sentiva gli uccellini cinguettare e in lontananza le voci di bambini che giocavano e ridevano.
«Cosa ci fai qui?»
«Non ricordi nulla?» domandò alzandosi in piedi.
Aquila era un uomo molto alto e magro, aveva braccia e gambe muscolose. Il suo viso era piccolo a differenza degli occhi marroni che erano vigili, enormi e attenti. Aveva il naso aquilino e una bocca affilata. I capelli bianchi gli arrivavano alle spalle, donandogli un portamento regale e austero. Le sue mani avevano unghie lunghe e affilate. Aquila non aveva mai avuto bisogno di una spada o di un pugnale per combattere.
Testudo pensò a come rispondere alla sua domanda. Cosa doveva ricordare? Scosse la testa preoccupato.
«Vi hanno attaccati tre notti fa. Gli Archema».
Quella parola gli fece tornare in mente tutto, un susseguirsi di immagini che si aggiungevano alla sua memoria come macigni. Guardò verso la Cattedrale di Mangrovia e per un momento pensò di vederla ancora avvolta nelle fiamme. Firer decapitato. Frecce ovunque e teste mozzate. Sul suo viso si dipinse un'espressione ferita.
«Mi dispiace, amico mio» mormorò Aquila costernato, incrociando le braccia sul petto.
«Firer...» fu l'unica cosa che riuscì a dire.
Si alzò in piedi e crollò a terra. Aquila gli si avvicinò per aiutarlo ma lui lo respinse.
Le gambe erano deboli e gli formicolavano. Iniziò a strisciare, facendosi forza con le braccia, per arrivare al limite del bosco e avvicinarsi più possibile alla Cattedrale.
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Anthea #WATTYS2017
Fantasy• Vincitrice #WATTYS2017 • Categoria Nuovi Arrivati • Loto è un'adolescente come molte altre alle prese con problemi tipici della sua età. Nata e cresciuta a Durrington, una piccola città nello Stato di Washington circondata da boschi, Loto un giorn...