Capitolo 28 - Desolazione

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La mattina successiva spensero il fuoco e lasciarono l'accampamento come lo avevano trovato, si impossessarono delle loro frecce e con l'accetta Noctis ridusse gli archi degli Archema in segatura, col solo e unico scopo di sfogare la sua rabbia.

Ripresero il cammino, incappando sempre più spesso in zone rase al suolo, dove ceppi di alberi spuntavano come tanti moncherini. C'erano zone annerite dal fuoco dove il silenzio era inquietante e l'aria pesante e carica di fumo; altre zone invece la vegetazione era stata risparmiata ma trovarono pozze di cenere ovunque, resti di animali e frecce conficcate negli alberi.

Nessuno di loro aveva il coraggio di rompere il silenzio, come se una parola avesse potuto guastare definitivamente l'equilibrio precario che aleggiava nel bosco.

Era uno spettacolo apocalittico, inquietante, il prodotto di una mente corrotta dalla cattiveria; avrebbero di gran lunga preferito scontrarsi con gli Archema piuttosto di non riuscire a sentire un uccellino cantare o le fronde degli alberi frusciare.

Il mattino passò lento e triste, fecero una breve sosta per mangiare di malavoglia un panino e appena finirono, presero le loro cose e continuarono il viaggio. Loto sentiva sempre più vicina la sua casa, e in lontananza udiva a malapena i rumori delle strade. L'unica cosa positiva di quel viaggio sembrava l'idea che avrebbe abbracciato di nuovo sua madre...

«Scusate ragazzi» disse Loto rompendo il silenzio.

Era dal giorno prima che non apriva bocca, e la voce le uscì roca. Noctis e Aghelio si voltarono a guardarla, stupiti.

«Per cosa?» chiesero in coro.

«È colpa mia... Vi ho messo in pericolo».

«Non dire sciocchezze» rispose Noctis. «Nessuno di noi sapeva a cosa andavamo incontro...»

«Già, se solo avessi saputo...» aggiunse Aghelio.

«Io però dovevo tornare, me lo aveva chiesto mia mamma».

Noctis le appoggiò una mano sulla spalla. «Nei tuoi panni avrei fatto la stessa cosa... Se fossi in te, sarei felice di non aver dovuto affrontare tutto questo da solo».

Abbozzò un sorriso e le fece cenno di proseguire col cammino. Loto si sentiva rincuorata anche se la sua anima, dopo gli ultimi accadimenti, sembrava pesare una tonnellata.

«Allora...» cominciò Noctis, poco dopo. «È vero quello che dicevi? Sei proprio Aghelio?»

Camminavano in fila indiana mentre Loto faceva strada.

«Mi sembrava di avertelo già detto ieri... O sbaglio?»

Noctis si fermò in mezzo al sentiero, dando le spalle a Loto ma guardando l'altro negli occhi. «Quello vero?»

«In che senso quello vero?» chiese Loto. Si girò e Aghelio distolse subito lo sguardo.

«Puoi dirmi perché lo vuoi sapere?» chiese Aghelio contrariato. «Sai, cominciavo a preferire il silenzio...»

«Tranquillo amico» disse Noctis, alzando le mani al cielo. «Ero solo... curioso».

«Eh no!» aggiunse Loto. «Adesso voglio saperlo anche io».

Loto fece l'occhiolino a Noctis che sorrise soddisfatto e piantarono i piedi a terra, sbarrandogli la strada.

«Se ve lo dico poi la smetterete di parlarne?»

«Giuro!» rispose Noctis. Loto annuì.

«Sì, sono io il vero Aghelio».

«Davvero?» rimarcò Noctis estasiato. «Ma...»

Anthea #WATTYS2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora