Capitolo 23 - L'Albero Sacro

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I giorni passarono lenti, le condizioni del nonno non miglioravano e Loto era sempre più preoccupata.

Aveva contattato la madre con la Oxo e l'unica cosa che aveva sentito era stata la conferma che il nonno e John erano partiti assieme ma neanche Beth era a conoscenza dei loro piani. Per fortuna almeno stava bene.

Le spedizioni serali servirono solo a confermare che gli Archema erano vicini ad Anthea, anche se il loro schema sembrava confuso. A volte sembravano avvicinarsi, altre volte invece le loro attività nei dintorni si disperdevano, come se il loro intento fosse non quello di attaccare Anthea ma di disboscare i dintorni.

Si sentivano come topi in trappola, senza uno straccio di piano per poter attaccare, l'imprevedibilità degli Archema rendeva impossibile fare qualsiasi congettura e il loro accanimento contro animali di qualsiasi specie e contro gli alberi, restava un mistero. Peacock e Agroste però non si davano per vinti, erano certi che prima o poi avrebbero smascherato i loro piani.

Iridis, pur di stare lontana dal Ligar, si era offerta di cercare nei libri notizie dettagliate in merito alla Sect Aconitum, per scoprire a cosa si riferiva l'Archema quando parlava "dell'altro elemento" che andavano cercando.

Il professore veniva tenuto sotto osservazione, nonostante i nuovi sviluppi, non aveva più fatto passeggiate notturne dopo quella cui Loto aveva assistito.

La frustrazione non abbandonava il gruppo, inducendo Loto a passare la maggior parte del tempo al capezzale del nonno, nella speranza che si svegliasse presto.

Spesso le capitava di osservare le ninfe e, con grande fastidio, le spiava mentre queste dibattevano di cose inutili. Erano ignare che fuori stava imperversando la distruzione e le sembrava di essere tornata a scuola, quando i suoi coetanei non potevano vedere il mondo che avevano a due millimetri dal naso perché troppo concentrati sui videogiochi.

Peacock frenava i suoi momenti di nervosismo, cercando di farle capire che non potevano allarmare un popolo intero, perché nel momento in cui avrebbero scoperto le carte, la guerra sarebbe cominciata ma loro non erano ancora pronti.

Un giorno Loto, in cerca di un posto tranquillo dove stare con i suoi pensieri, rimase a vagare attorno all'Albero Sacro. Lo guardava dal basso, osservava il tronco maestoso, pieno di rughe, sembrava il volto di un vecchio saggio.

La chioma era verde e piena di vita: forniva riparo dai raggi solari e protezione per gli uccelli che decidevano di sostare dopo un lungo viaggio.

Per la prima volta, dopo tanto tempo, si sentì protetta da un abbraccio paterno e indistruttibile. L'indice della sua mano andò ad adagiarsi sul tronco, come chiamato da una forza magnetica. Sentiva una voce dentro di lei che sussurrava. Non riusciva a capire le parole ma si lasciò andare.

Passo dopo passo fece il giro dell'albero e se non avesse avuto il dito sempre a contatto con la corteccia, avrebbe pensato di essere in un'altra zona, completamente diversa.

Tutto era silenzioso. C'erano solo Loto, l'albero e il bosco dietro di lei.

Guardò in alto e cominciò a desiderare di essere fra le foglie, accovacciata di fianco ai merli e agli uccellini come quando passava il suo tempo libero fra le fronde degli alberi nel bosco vicino casa.

All'improvviso, come se l'albero avesse capito i suoi desideri, il legno si ritrasse formando dei gradini e dandole la possibilità di farsi strada per arrivare fino in cima.

Con naturalezza e agilità, qualità che credeva di aver dimenticato, si fece strada e cercò un ramo comodo dove poter sostare. Non fu difficile da trovare, ci si accomodò, appoggiò la schiena al tronco e osservò la vita di Anthea sotto di lei.

Anthea #WATTYS2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora