Capitolo 35 - Firer

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Firer non era fra gli uomini più agili e veloci che il popolo dei Ghemor possedesse, ma Testudo aveva mandato lui per due buone ragioni. La prima ragione era la fiducia: Firer era sempre stato il suo braccio destro, il suo fidato consigliere e suo migliore amico da quando Reda era morta e lo aveva lasciato solo con due figli.

La seconda ragione era il timore che gli altri Ghemor avevano nei suoi confronti; era grande e imponente, il suo manto erano nero come la notte e la corazza più resistente del ferro. Le squame avevano striature gialle che gli conferivano un'ottima mimetizzazione quando viaggiava sul fondo del fiume. La mascella invece era costellata di denti aguzzi che potevano tranciare in due un elefante adulto.

Quello era il motivo principale per cui Testudo lo aveva mandato. Era sicuro che molti lo avrebbero seguito anche solo per il timore di fare una brutta fine.

Firer aveva camminato per due giorni chiamando seguaci al suo seguito. In tantissimi lo avevano seguito, fidandosi della sua parola e del rispetto che provavano per Testudo. Altri Ghemor invece lo avevano seguito soprattutto per cercare riparo dagli attacchi subìti dagli Archema a sud, oltre le Montagne di Nebbia. Erano stati giorni faticosi.

Ogni volta che raccontava ad un gruppo di Ghemor le falsità di Mr. Ego, il suo ruolo era quello di tenere a bada quelli più feroci per evitare che combinassero qualcosa di avventato; altri invece, li aveva visti scappare nel cuore la notte.

Forse stava diventando vecchio, un tempo li avrebbe uccisi con le sue stesse mani ma aveva cominciato a capire il loro atteggiamento: molti erano stati uccisi in quella guerra e non era stato facile superare la perdita dei figli o dei padri.

Lui per esempio aveva perso suo figlio, sangue del suo stesso sangue morto in guerra, senza mai lasciare i suoi compagni in pericolo. Era giovane e aveva avuto la possibilità di diventare più forte e feroce di Firer. Ricordava ancora il momento in cui era partito per abbandonare la Cattedrale di Mangrovia, gli aveva promesso che quando sarebbe tornato col siero di lunga vita, avrebbero vissuto sempre insieme.

Da quel giorno non lo vide mai più...

Firer avrebbe dato la sua vita pur di saperlo vivo e felice fra i Ghemor e quando Testudo aveva ucciso Mr. Egonum, Firer si era sentito in debito con lui e proprio per quel gesto aveva deciso di essergli amico e consigliere.

Firer fece ritorno due giorni dopo la partenza di Loto e Aghelio, proprio come gli aveva chiesto Testudo.

In lontananza vide la Cattedrale di Mangrovia, alta e imponente.

«Finalmente a casa» sospirò affaticato.

Si fermò poco distante, gli parve di intravedere qualcosa di strano.

C'era un uomo in cima alla Cattedrale. Firer ebbe un sussulto e pensò al peggio, cominciò ad aumentare il passo, per quanto la massa lo rendesse possibile, e in poco tempo fu ai piedi della Cattedrale.

«Firer, amico mio!» urlò quella figura dall'alto.

Lui scrutò il cielo confuso e sulla difensiva, mentre attendeva che quell'uomo, agile come una scimmia, scendesse dalla cupola per andargli incontro.

«Tieni a freno le tue fauci, amico!» disse ridendo l'uomo.

Era alto e con la pelle lucida e olivastra. I capelli erano lunghi, legati in una treccia, come gli uomini giovani dei Ghemor. Il viso era luminoso e i suoi occhi azzurri risaltavano, riflettendo la luce del giorno. Sul braccio aveva tatuaggi della stessa tramatura che possedeva un carapace.

Lui aveva già visto quei disegni ma fece fatica a ricordare dove.

«Perché continui a chiamarmi amico? Chi sei?» chiese con aria minacciosa e gutturale.

Anthea #WATTYS2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora