Capitolo 41 - Panico

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«Non arrivano! Senza di loro non abbiamo speranze!» urlò Peacock, battendo il pugno sul tavolo con forza, facendolo rimbombare per tutta l'Abbazia.

«Stai calma, non è ancora detto» rispose Sgurfio.

Tutte le persone presenti e occupate a fare altro, si girarono a guardarli. Loto, da lontano, si fermò ad ascoltare. Era stupita, Peacock non si era mai rivolta al suo maestro in quel modo.

«Non è ancora detto?» ripeté nervosa. «Se i Ghemor avessero voluto aiutarci sarebbero venuti immediatamente! Hanno avuto ciò che volevano e ora chissà dove sono».

Loto si sentì stupida. Più il tempo passava e più la sensazione di aver fatto una scemenza diventava reale e pesante.

«Abbassa la voce! Stai attirando troppe orecchie indiscrete» urlò il nonno alzandosi in piedi e puntando i pugni.

«No» sbottò ancora più forte la ragazza. «Quello schifoso è entrato qui, ha ucciso mia sorella e noi non stiamo facendo nulla!»

«Non è solo una questione personale, Peacock» disse Agroste. «Qui stiamo parlando di migliaia di Archema contro un popolo in netto svantaggio».

«È per questo che non andiamo a combattere?» chiese Sarus che si trovava dall'altra parte del tavolo e stava raggiungendo Peacock.

Il nonno si guardò intorno sconfitto. Ormai non poteva più nascondere i suoi timori. Il popolo di Anthea era stanco di aspettare, erano come molle pronte a scattare a ogni minima difficoltà o screzio.

A rendere le cose più complicate era arrivata la pioggia che li aveva costretti al chiuso. I campi erano inagibili. Fango e detriti ovunque rendevano difficile l'allenamento.

«Sì, è per questo» rispose a bassa voce, riacquistando un minimo di controllo. Le sue spalle sembrarono curvarsi sotto un peso invisibile.

«In nome del mio gruppo posso dirti che siamo pronti alla battaglia» replicò tronfio Sarus. Alcuni uomini lo raggiunsero e lo affiancarono.

«Lo stesso vale per me» disse Goro, insieme ai suoi uomini. «E con noi sono sicuro si aggiungeranno anche gli altri gruppi. So che non siamo stati tanto combattivi, ma ora siamo qui, ce l'abbiamo messa tutta e possiamo farcela!»

Loto era rimasta distante ma sentiva l'elettricità nell'aria aumentare.

«Devi avere fiducia in noi».

«Avete ragione» disse il vecchio alzandosi in piedi. Aveva ancora il volto velato dalla preoccupazione. «Dobbiamo combattere, è l'unica soluzione».

Un coro di voci si levò nell'Abbazia, rimbombando sulle pareti. I capigruppo ordinarono ai propri guerrieri di andare ad allenarsi, preparare le proprie armi, affilare i coltelli e indossare le cotte di maglia per prepararsi alla partenza in qualsiasi momento.

La pioggia non aveva cessato di battere contro le vetrate animate, ma la notizia di una partenza imminente placò gli animi.

Sarus, Peacock, Goro e Loto insieme ad Agroste si riunirono attorno alla tavola per escogitare un attacco.

Avevano deciso di dividersi in tre gruppi. Uno si sarebbe diretto verso la base degli Archema, quindi a casa di Mr. Ego. Un altro gruppo sarebbe rimasto ad Anthea per proteggere l'Albero Sacro da eventuali assalti e l'altro sarebbe andato a nord, verso Bosco Ghemor per sferrare un attacco a coloro che avevano tradito la promessa fatta. Non gliel'avrebbero fatta passare liscia.

«Loto, tu rimarrai ad Anthea insieme a tua madre» concluse il nonno guardandola con durezza, mentre il suo entusiasmo si spegneva.

«Cosa? Perché?»

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