Capitolo 39 - Pianificare

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«Possiamo dividerci in tre gruppi» propose Loto al nonno, sedendosi al suo fianco.

Sgurfio era chino da giorni sulle cartine del bosco, stava cercando di capire se gli attacchi degli Archema avessero un disegno prestabilito o se la loro intenzione fosse quella di muoversi a caso.

«Un gruppo può stare qui ad Anthea per proteggere l'Albero Sacro, mentre gli altri due gruppi potrebbero andare a nord e a est. Li sorprenderemo nella notte e cercheremo di fermare la loro avanzata».

«Grazie, piccola» rispose distrattamente.

«Nonno! Hai sentito ciò che ti ho detto?»

«Vai a riposare. Lascia a noi adulti queste rogne».

Loto sbuffò ma senza riuscire ad attirare la sua attenzione. Lo lasciò solo ma la sua testa non finiva di ronzare. Erano giorni che si domandava che fine avessero fatto i Ghemor e come mai non si erano ancora presentati.

Più passavano i giorni e più nervosa diventava. Con grande gioia poté finalmente riprendere in mano il Ligar e allenarsi ogni volta che sentiva i pensieri affollarsi in testa. Noctis non le rivolgeva la parola. Le girava costantemente alla larga e ogni volta che le loro strade si incrociavano, lui le rispondeva bruscamente o la evitava.

Era proprio in quei momenti che sentiva la mancanza della sua migliore amica: Iridis aveva sempre avuto un sorriso per tutti e riusciva sempre a trovare il lato comico e divertente per ogni situazione.

Il lato positivo era che sia la mamma sia il nonno erano lì, al sicuro, e questo la rincuorava molto. Beth aveva trovato un impiego nelle cucine: mansione che le si addiceva e la rendeva felice e serena.

I giorni passavano velocemente senza novità. La neve aveva portato una leggera spruzzata di bianco sulle fronde di Anthea ma se ne andò quasi subito, sciolta dai venti caldi provenienti da est.

Loto non si faceva intimorire dal freddo e in poco tempo migliorò la sua abilità col Ligar.

Le giornate diventarono soleggiate, con un vento freddo che faceva lacrimare gli occhi e rendeva insensibili gli arti. La sensazione di solitudine era rimasta e quel freddo sembrava renderla più pesante.

La maggior parte della popolazione invece si era rinchiusa nell'Abbazia. Il nonno era impegnato a ipotizzare strategie e il suo umore peggiorava di giorno in giorno e nessuno riusciva più a farlo stare meglio, nemmeno quando i capigruppo erano positivi e soddisfatti del loro operato.

Peacock era impegnata ad addestrare reclute giovani e inesperte. Incitava i giovani a migliorare la tecnica e ogni giorno modificava i bersagli per renderli più difficili e meno scontati. Quando non aveva il Ligar in mano però stava gran parte del suo tempo con Sarus, non la lasciava mai sola; ma nonostante questo, Peacock aveva sempre lo sguardo triste e spesso assente.

Loto quella mattina si alzò nervosa senza sapere il motivo e dopo una doccia calda, corse all'aria aperta per salire in cima all'Albero Sacro e starsene per i fatti suoi. Non aveva voglia di salutare nessuno, tanto meno di fermarsi a chiacchierare come nulla fosse.

Fece il giro del tronco. Il sole splendeva timido attraverso le nubi, gli uccellini cantavano mentre lei aveva freddo e nulla per cui essere felice.

Sedette su un ramo, appoggiò la schiena al tronco e guardò verso il basso. Stando li sopra il nervosismo si sciolse come neve al sole, nonostante il gelo le penetrasse sotto i vestiti.

«Come stai?» le domandò una voce familiare alle spalle.

Loto sobbalzò e si girò di scatto. «Dove sei stato tutto questo tempo?»

Anthea #WATTYS2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora