Capitolo 42 - Silenzio

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Camminarono un giorno intero, osservando ciò che il bosco aveva da mostrare. Trovarono tracce di Archema ovunque e dai segnali sembrava che stessero disboscando le zone limitrofe di Anthea, avvicinandosi sempre di più. Molti tronchi erano disseminati di frecce come se ci fossero state battaglie.

Zone rase al suolo dove ormai c'erano solo cimiteri di alberi monchi. Pozzanghere di cenere rendevano l'animo dei presenti cupo, soprattutto dopo che Loto spiegò loro cosa stavano a significare.

Si muovevano nel bosco con grande cautela, stando attenti ai segnali. Non c'erano uccellini ad allietare il loro cammino con i canti. Non c'erano Merefin ad accompagnarli nella loro tetra passeggiata. Solo cenere, disboscamenti e silenzio.

Il sole splendeva alto nel cielo, ma anche la sua luce sembrava sinistra: fredda come un lampione di strada.

Il bosco era terribilmente assetato di vita; quando una ninfa appoggiava una mano sul tronco, questo riprendeva a splendere di un verde vivace e il Merefin tornava visibile e si colorava di un bellissimo azzurro intenso e iridescente.

L'umore generale era triste ma cauto. Loto sentiva che i suoi passi sul terreno volevano involontariamente essere più leggeri per evitare di infliggere altro dolore alla terra. Nella sua testa rimbombava la frase che tutto sarebbe andato per il meglio e lei, come gli altri, si sarebbe fatta carico di aiutare la guarigione del bosco, anche se ci fossero voluti anni.

Si trovava alla fine della fila, camminando acquattata e facendo meno rumore possibile, tenendo uno sguardo vigile su ciò che la circondava.

Qualcosa d'un tratto attirò la sua attenzione. Poco più distante da lei c'era un cespuglio che aveva un che di strano. Si fermò a osservarlo e vide che era verde ma le sue bacche si erano colorate di un azzurro innaturale. Iridescente.

Si avvicinò e vide che a terra c'era una mano. Si sorprese ma riuscì a trattenere l'urlo che stava per uscire dalla sua bocca. Fece il giro del cespuglio, stando molto cauta e percepì una massa nera stesa a terra.

Tese la corda del Ligar con la freccia incoccata per sicurezza, anche se le parve un corpo senza vita. Appena si avvicinò, un odore nauseante le bruciò il naso e la gola.

Lo riconobbe perché quell'odore lo aveva già sentito ed era l'unico odore disgustoso che poteva provocarle un conato di vomito. Un Archezo.

Noctis si accorse del suo ritardo e la raggiunse strattonandola per un braccio.

«Datti una mossa».

«Aspetta un attimo» bofonchiò sottovoce, senza riuscire a togliere gli occhi di dosso all'Archezo. «Lo riconosci quello?» chiese facendo segno con la testa.

Noctis fece un fischio che un orecchio normale non avrebbe percepito, tutta la squadra si fermò e si radunò intorno a loro.

«Cosa succede?» chiese Peacock a bassa voce, avvicinandosi.

«Ho trovato qualcosa» sussurrò Loto. «C'è un Archezo che forse è stato ucciso. Magari possiamo capire di cosa si tratta».

«Saresti capace di toccarlo senza vomitare?» domandò Noctis disgustato ma con aria di sfida.

«Se può farci scoprire qualcosa in più sui nostri nemici, certo» rispose, gelandolo con lo sguardo.

Peacock annuì, tirò fuori il suo pugnale e cominciò a liberare dalle sterpaglie quel corpo putrescente. Si coprì la bocca con una mano e con un calcio lo fece girare su sé stesso.

Risvegliato dal suo torpore, l'Archezo aprì gli occhi rivelando due fiammelle azzurre iridescenti. Con una mano attanagliò in una stretta fortissima la gamba di Peacock, con seria intenzione di non mollare la presa.

Anthea #WATTYS2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora