Capitolo 26 - Tendini spezzati

504 55 16
                                    

Loto si ritrovò a camminare in mezzo ad alberi opachi e inanimati, uno spettacolo diverso da quello che ricordava all'andata. Si sentiva sola a camminare nel silenzio innaturale e inquietante che adesso la circondava.

Procedette con passo leggero, acuendo l'udito per cercare di non farsi scappare nessun rumore.

I Merefin non c'erano. Da nessuna parte. Loto sperò che si fossero nascosti ma qualcosa le suggeriva che era accaduta loro una sorte peggiore.

Doveva scavalcare gli alberi che intralciavano la sua strada. A terra vide delle pozze di cenere che per un attimo le parvero strane, poi ebbe modo di capire, non appena contemplò una terribile scena.

Poco distante da dove si trovava, un corvo giaceva a terra con una freccia che lo trapassava. Era stato colpito da poco, sfiorandolo sentì ancora rimasugli di vita che scorrevano nelle sue fibre.

Sfilò la freccia da quell'esile corpo senza vita mentre le lacrime le fluivano, inarrestabili. Il corvo diventò cenere e le scivolò tra le dita, la freccia si conficcò con la punta sul terreno umido. Era fuori da Anthea da poco e già sentiva la solitudine schiacciarla a terra come un macigno.

Tornò sui suoi passi, guardinga e senza fare troppo rumore quando d'improvviso si trovò con la bocca tappata da una mano.

«Non urlare» disse una voce familiare alle sue spalle. «Sono io».

Si girò e col cuore che le martellava nel petto, fu felice di vedere il viso di Noctis, sorridente.

«Scusa ho dovuto farlo, altrimenti avresti urlato».

Ma Loto si gettò fra le sue braccia e scoppiò a piangere. Noctis rimase immobile come un pezzo di legno ma dopo un po' la avvolse nel suo abbraccio.

«Cosa succede?» chiese. «Non dirmi che ti mancavo già...»

Loto si allontanò da lui e rise alla battuta, sollevata di non essere più sola.

«Che ci fai qui?» chiese. «Per un momento ho pensato che fossi uno di loro».

«Un Archema?» domandò lui sottovoce. «Li hai visti?»

«Non ancora, ma non devono essere andati tanto lontani. C'era un corvo con una freccia conficcata nel petto...»

«Maledetti bastardi» farfugliò secco. «Allora è vero che se la stanno prendendo con tutto ciò che si muove...»

«A quanto pare sì... Appena gli ho tolto la freccia è diventato cenere».

«Devono essere intrise di una qualche sostanza particolare» disse lui, sovrappensiero. «Dobbiamo muoverci da qui, non devono essere molto distanti».

«Fermo» ordinò, afferrandolo per un braccio.

«Cosa succede?»

«Ti ho chiesto cosa ci fai qui e voglio una risposta».

Noctis fece spallucce. «Ti ho seguita. Bada che non l'ho fatto per te... È solo che non ce la facevo più a tenere fermo il mio Ligar».

Nell'esatto momento in cui Noctis finì la frase, si rese conto che aveva fatto un errore che solo un idiota avrebbe fatto. Se lo avesse saputo Agroste, gliene avrebbe dette quattro. Stava passando per il bosco senza Ligar a portata di mano e con gli Archema che giravano armati, era una mossa da principianti.

«Mai farsi cogliere impreparati e senza Ligar...» disse, citando le parole di Agroste.

«Infatti, vedo che lo stai seguendo alla lettera» rispose sarcastico.

Anthea #WATTYS2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora