3 - Piccole premure

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Mentre Sarah ancora si stringeva le gambe al petto, chiusa in se stessa, mi permisi di sedermi sul divano accanto a lei, un po' distante per paura di infastidirla. Intrecciai le dita nervosamente, sentendomi a disagio, ma poi la vidi piegarsi impercettibilmente verso di me e con quel gesto mi restituì sicurezza.

La sua voce si udiva appena. «Scusami, Abel, nei prossimi giorni non riuscirò ad essere di grande compagnia».

Si stava davvero preoccupando per me, in una situazione così drammatica per se stessa?

E infatti le sue braccia, strette intorno alle ginocchia, stavano tremando di dolore e tensione...

«Non scusarti. Se sono arrivato adesso vuol dire che sei rimasta sola, di certo non puoi essere allegra» tentai di rassicurarla.

Mi sentivo incerto. Era chiaro che Sarah aveva bisogno di avermi accanto, ma continuavo a sentire nella testa la voce della mia ex che, durante i nostri litigi, mi ammoniva ripetendo che la mia impulsività mi avrebbe creato molti problemi nel mondo umano. Purtroppo sapevo che aveva ragione, ma se di fronte a una situazione tanto inconsueta non potevo fidarmi del mio istinto, come avrei potuto capire qual era la cosa giusta da fare?

Quasi a rispondere alla mia domanda, mi tornò in mente un vecchio ricordo. Erano le ultime settimane prima della partenza di Uriel, quindi tre o quattro anni prima. Lui era diventato freddo e molto poco presente già da un bel po', ma ogni tanto si fermava ancora a parlare con Azalee e me del mondo umano, come se si sentisse in dovere di prepararci al nostro Viaggio.

«Quando una ragazza è chiusa nel suo dolore, il contatto fisico è la cosa migliore» aveva detto, «le parole non la raggiungerebbero neppure».

Ovviamente si rivolgeva ad Azalee, e visto che dei consigli su una ragazza umana non avrebbero mai dovuto servirmi, io ero attento solo alla voce del mio migliore amico che, una volta tanto, perdeva un po' del suo prezioso tempo per stare con noi. Eppure ogni tanto i suoi incredibili occhi dorati incrociavano i miei, e senza nemmeno rendermene conto tornavo ad ascoltare le sue parole. Non avrei mai immaginato che un giorno si sarebbero rivelate così preziose.

Il contatto fisico è la cosa migliore.

Facile a dirsi... Mi sentivo imbarazzato alla sola idea, nonostante nessun angelo fosse mai stato imbarazzato di fronte al proprio protetto. Così come nessuno aveva mai dovuto fare a meno del legame empatico con lui. Forse era dovuto al nostro essere di sesso opposto? In ogni caso, cosa sarebbe accaduto se la mia vicinanza avesse imbarazzato lei quanto me? Lei che era già così timida per carattere...

«Posso avvicinarmi?» provai a chiederle, percependo la tensione nella mia stessa voce.

Lei alzò impercettibilmente la testa. «Certo».

Sorrisi, anche se non poteva vedermi; provai a sfiorarla e mi scoprii a tremare, nonostante sentissi il sincero desiderio di stringerla a me per farla stare meglio. Lei mi lasciò fare, per cui mi feci coraggio e avvolsi le sue braccia con entrambe le mie mani, mentre anche lei tremava appena, pur se per motivi diversi. Così, prima ancora di assicurarmi che fosse opportuno, la abbracciai. 

 

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