17 - Frattura

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Di ritorno dalla festa della Vigilia ero così stanco che dormii profondamente per tutta la notte, svegliandomi solo a mattino inoltrato. Mi alzai poco prima di mezzogiorno, quando Sarah era già ai fornelli.

«Perdonami, ho dormito tantissimo» mi scusai non appena la raggiunsi in cucina. Di solito ero io a svegliarmi per primo, inoltre per lei oggi era un giorno speciale: il giorno di Natale.

Sarah sembrava sorpresa. «Buongiorno, Abel. Ma che dici? Sono contenta se sei riuscito a riposare, e poi anche io mi sono svegliata da poco».

Sembrava molto allegra, tutta intenta a tagliare dei peperoni rossi e gialli in dadini perfettamente identici tra loro. Il suo buon umore mi tranquillizzò, così andai ad aiutarla a preparare il "pranzo di Natale" - che per fortuna era molto più contenuto della cena precedente - e nemmeno un'ora dopo mangiammo insieme.

Quel giorno Sarah non pensò allo studio nemmeno per un momento, dedicando il pomeriggio a chiacchierare con me, a guardare programmi natalizi in tv e a rispondere alle telefonate di auguri dei suoi cari. Quando divenne buio dovette ripararsi dal freddo avvolgendosi nella copertina del divano, e dal suo caldo bozzolo si mise a telefonare alle poche persone che non aveva ancora sentito, ripetendo a tutti le stesse frasi di auguri. Faticavo ancora a comprendere questo genere di tradizioni umane, ma rimasi accanto a lei sul divano tutto il tempo, incantato e anche divertito dalla tenerezza che mostrava in questi momenti. Avrei voluto che quel giorno di pace non finisse mai.

Al termine delle telefonate accendemmo il camino e ci sedemmo sul grande tappeto lì davanti, che con i suoi morbidi filamenti verdi ci faceva da piccolo prato in casa, mentre le fiamme scoppiettanti la scaldavano e creavano nella sala un'atmosfera bellissima. Accanto a lei, dopo quella bella giornata, provai un piacevole senso di soddisfazione: le festività erano passate senza che Sarah sentisse troppo la mancanza del padre, ed erano state bellissime anche per me.

*

Purtroppo quella pace non durò a lungo; la giornata seguente iniziò male, per terminare anche peggio.

Sarah si mise sui suoi detestabili compiti di buon'ora mentre io, per ingannare il tempo, decisi di iniziare a leggere i tomi che mi aveva regalato. Iniziavano con nozioni di base che ormai conoscevo bene, ma l'idea che quelle parole fossero un regalo di Sarah le rese più interessanti di qualunque altro argomento. Sentii persino il desiderio di lasciare dei segni su quel mio libro, qualcosa che in futuro le dicesse "Ehi, non è stato solo un sogno, io esisto e ti vorrò bene sempre", ma dovetti rinunciare; non avevo confidenza con la scrittura se non per i grossi segni che scrivevo da piccolo sul terreno per esercitarmi, e poi, se qualcun altro li avesse visti, avrebbe potuto fare a Sarah delle domande scomode che era meglio evitare. Quei tomi avrebbero dovuto ricordarle il mio passaggio da soli, insieme al braccialetto azzurro che ormai teneva al polso costantemente.

In piena mattinata le nostre letture silenziose vennero interrotte da qualcuno che suonò al cancello. Attraverso la finestra vidi che si trattava di Chris e Azalee, ma... era strano, non aspettavamo il loro arrivo. A meno che Sarah non si fosse dimenticata di avvertirmi, eppure lei sembrava stupita quando me.

Aprì loro il cancello senza capire, e appena entrarono in casa fui travolto dall'inspiegabile agitazione di Chris, che mi preoccupò non poco. Sarah gli era proprio davanti, eppure lui la guardava solo a tratti come se si vergognasse, e prima di parlare si schiarì la voce.

«Scusaci se siamo venuti senza preavviso, ma devo parlarti».

Uhm... "devo parlarti" non prometteva mai nulla di buono. Cercai istintivamente spiegazioni in Azalee, che si stava avvicinando a me proprio in quel momento per sussurrarmi qualcosa all'orecchio e sembrava... angosciata. Adesso iniziavo a preoccuparmi seriamente.

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