37 - Fantasmi del passato

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«Tu sei Abel, non è vero?». Due impressionanti occhi dorati mi fissavano attraverso la penombra. «Azalee mi ha parlato spesso di te».

Mi stava sorridendo. Che strano... quello davanti a me sembrava un normalissimo bambino di dieci o undici anni, non certo un temibile arcangelo, eppure Azalee ne era terrorizzata. Non riusciva nemmeno a guardarlo; nascondeva il viso dietro la mia ala e mi stava stritolando un braccio.

Anche se ero sono un bambino anche io, conoscevo Azalee da molto e avevo capito che, oltre che spaventata, si era sentita tradita: aveva scoperto l'identità del suo "amico" solo poche ore prima, dopo aver già passato intere giornate accanto a lui in quel boschetto, mentre i suoi occhi erano coperti da una benda a causa di una ferita. Senza vedere le sue iridi, Azalee non poteva capire di avere davanti a sé il fantomatico Arcangelo dell'Ovest, e lui glielo aveva deliberatamente nascosto. Alla fine aveva scoperto chi fosse realmente solo perché aveva ottenuto, con le suppliche, di vedere i suoi occhi liberi dalle bende una volta guariti. Occhi "di oro puro"... ora finalmente capivo cosa significasse. Eppure non riuscivo a biasimare il piccolo arcangelo per la sua scelta: se Azalee lo avesse scoperto subito, sarebbe fuggita da lui come chiunque altro.

Non abbassare gli occhi. E' un bambino proprio come noi mi ripetevo, ma non potevo fare a meno di sentirmi in ansia mentre gli parlavo per la prima volta.

«Sono io. Scusami se sono venuto insieme a lei, Azalee temeva che tu fossi arrabbiato e ho pensato... che sarebbe stato meglio accompagnarla».

«Non sono arrabbiato» si stupì. «Te l'ho detto prima di togliere le bende, Azalee, ricordi?».

Lei riuscì finalmente a guardarlo, mentre lui le mostrava un sorriso insicuro e carico di affetto. Nessuno mi aveva mai detto che gli arcangeli sapessero provarne...

«Mi dispiace di avertelo nascosto, avevo paura di spaventarti» recitò, ripetendo la frase che doveva averle detto subito prima di aprire gli occhi. «...ma ricorda che a prescindere dalla tua reazione sarò sempre pronto ad aiutarti, qualunque cosa accada ora».

Qualunque cosa accada.

Quelle parole mi suonarono orribilmente familiari.

*

«Scusami, ti ho svegliato».

Mi ritrovai sdraiato sul divano del soggiorno, con i morbidi capelli di Sarah che mi sfioravano le braccia. Doveva essersi chinata accanto a me per prendere il libro dalle mie mani e riporlo, mi ero addormentato mentre la aspettavo. Stavo sognando qualcosa ma... non riuscivo già più a ricordare.

«Bentornata» la salutai.

Tentai un sorriso e mi misi a sedere. Adesso mi guardava in silenzio, più tesa di quanto voleva mostrare, così avvolsi la sua esile vita con entrambe le braccia e la trascinai fino a farla sedere sulle mie gambe. Chissà cosa aveva dovuto affrontare con Azalee mentre io dormivo...

«Come stai?» mi preoccupai per prima cosa.

«Sto bene».

Purtroppo per lei, non sapeva mentire.

«Non ci credo. Avanti, dimmi cos'è che ti ha fatto diventare gli occhi così lucidi».

Non appena i nostri sguardi si incrociarono, una lacrima solitaria rigò il suo volto. L'asciugai con la mano, che lei trattenne tra le sue come per rendere meno doloroso ciò che stava per dirmi.

Facevo bene a preoccuparmi. Azalee le aveva ricordato di quanto più a lungo vivessero gli angeli rispetto agli umani e questa "notizia", che lei aveva dimenticato e che io mi ero ben guardato dal ricordarle, sembrava averla atterrita. Era vero, gli angeli avevano un'aspettativa di vita tre volte maggiore di quella umana, per cui se fossi rimasto in quel mondo avrei passato due secoli isolato da tutto e tutti, ma non mi sarebbe importato se in cambio avessi ottenuto qualche decennio accanto a lei. E comunque non era un destino possibile... strano che Azalee avesse insistito su questo piuttosto che su ciò che sarebbe accaduto con la separazione forzata.

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