Capitolo 21

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Joshua
Un po' di pace. Si meriterebbe proprio un po' di pace. C'è solo una domanda che mi rimbomba in testa da qualche giorno a questa parte: come ha fatto a sopportare tutto quello che ha vissuto per così tanti anni, ma soprattutto a soli tredici anni? Era piccolissima. Ricordo bene i miei tredici anni, sono stati abbastanza diversi dai suoi. Li passavo a giocare con i miei amici ai videogiochi usciti da poco. Li passavo ad ascoltare musica con mia sorella tra le braccia. Certo, non erano i migliori tredici anni del mondo perché spesso i miei genitori litigavano, ma allora non era così tanto spesso. Era sopportabile. Ricordo che abbracciavo mia sorella finché non si addormentava, che la tenevo stretta tra le mie braccia finché non sentivo il suo respiro che si regolava. Tutte le volte che piangeva correvo in camera sua. Anche lei ne ha passate abbastanza, ha visto i suoi genitori nel periodo peggiore della loro relazione, nel periodo in cui a loro non interessava che eravamo lì con loro, a poche stanze di distanza e che sentivamo tutto. Loro semplicemente litigavano senza dar retta a noi figli e non è stato per niente bello. Certo, ognuno di noi ha un momento buio, un periodo buio nella propria vita, ma quello di Dan è in corso da ormai tre anni. Come caspita fa? Se non avessi avuto i miei amici, io non sarei mai uscito dal mio periodo buio, lei? Lei non ha amici stretti, arrivati ad un certo punto lei li allontana tutti. Ci ha provato anche con me, l'ho capito benissimo, ma non ci riuscirà. Non riuscirà a mandarmi via perché io a lei ci tengo davvero, le voglio un mondo di bene. Una cosa brutta che fa spesso è deviare tutti i discorsi incentrati su di lei, è come se le pesasse raccontare la sua storia, ed è vero, non è una delle migliori, ma cerca di sviare qualsiasi argomento su di lei. Il giorno in cui mi disse di essere stata filmata dal suo ragazzo di allora mentre facevano sesso per la prova volta, me lo ha detto il più velocemente possibile e, prima ancora di finire il discorso, si è precipitata in cucina per bere. Ci avrei scommesso qualunque cosa che non avesse sete, lei è fatta così: può parlare di tutto meno che di se stessa. È il suo cliché. Quello che forse non le è ancora chiaro è che non potrà continuare così a lungo, non è così che va la vita. Bisogna confidarsi, sfogarsi, parlare, gridare, spaccare oggetti, fare casino, buttare a terra qualcosa per poi romperla, ma soprattutto bisogna piangere. Piangere è essenziale, è il miglior modo per sfogarsi e per togliersi un peso di dosso, per sentirsi un po' più leggeri. Eppure lei non lo fa da fin troppo tempo. Quello che non riesco a capire è come diavolo faccia a sfogarsi se non piange, se non si confida! Dev'essere veramente forte, io sono il primo a questo mondo che non riuscirebbe mai a stare nei suoi panni, neanche ventiquattro ore. Non ho idea di come faccia a stare ancora in piedi, ma di certo ne ho una per farla stare meglio. E forse non è solo una.
-Quante ne hai passate?- Sussurro accarezzandole la schiena nuda. I suoi capelli corti sono sparsi sul cuscino delle letto matrimoniale. Siamo stesi qui da oltre cinque ore e abbiamo visto la TV fino a un'ora fa, dopo di che abbiamo parlato qualche minuto finché lei non è crollata. Dalla finestra aperta alla sinistra del letto arriva un po' di vento, quindi le alzo di poco il lenzuolo bianco per non farle prendere freddo: ha solo il reggiseno e i pantaloncini perché aveva caldo, ma ora la temperatura si è abbassata di qualche grado e non è difficile prendere un colpo di vento. Gli occhi chiusi le conferiscono un'aria quasi serena. Credo che se qualcuno la guardasse in questo momento, penserebbe sia una ragazza serena, si. Eppure è tutto tranne quello. La gente non sa quanto in realtà abbia sofferto questa ragazza, non sa quanto sia stata male o quanto stia tuttora male.
-Sei così bella.- Le sposto una ciocca di capelli dal viso. Le sue lunghe ciglia struccate e le sue labbra schiuse illuminate dal chiaro della luna la rendono ancora più bella. Si può essere così perfetti? Beh, lei lo è. Chissà come andranno le cose tra noi. Chissà se riusciremo a mantenere questo splendido rapporto di amicizia che abbiamo, perché ne abbiamo bisogno entrambi. Anche fare sesso è uno sfogo, o almeno io la vedo così. Della prima volta che lo abbiamo fatto, nessuno dei due ricorda nulla, eravamo davvero troppo ubriachi per capirci qualcosa e ci siamo lasciati trasportare dalle emozioni. Ricordo solo che il giorno dopo trovai una ragazza bellissima affianco a me. Eravamo nel mio letto e lei non aveva idea di dove fosse, perché non ricordava nulla del giorno precedente. A me i ricordi tornavano a galla a mano a mano che il mal di testa passava. Dopo esserci strusciati in una discoteca a pochi chilometri da casa mia, avevamo deciso di comune accordo di andare in un posto appartato, e così è stato. La mattina seguente lei era imbarazzatissima perché non sapeva neppure il mio nome. Le allungai una mano e le dissi di chiamarmi Joshua ma che gli amici mi chiamavano Josh. Lei disse solo 'Dan', e la conversazione spaziò subito a come mai lei fosse in casa mia, nuda, nel mio letto. Ricordo bene il suo viso bellissimo, completamente rosso, i suoi occhi chiari schiusi a malapena e le sue mani che tentavano di sistemare i capelli corti sparsi un po' ovunque sul suo viso, per poi precipitarsi ad alzare il lenzuolo bianco che era l'unica cosa a separare i nostri corpi nudi. Subito dopo ci siamo conosciuti meglio, abbiamo passato tanti giorni insieme a passeggiare e chiacchierare, poi siamo finiti un'altra volta a letto insieme. Neanche quella volta lo avevamo deciso noi, o meglio, eravamo ubriachi anche quel giorno e successivamente la situazione si era ripetuta più e più volte prima di decidere di poterlo fare anche da sobri. È stata una sensazione strana, perché in tutta la mia vita lo avevo fatto solo con quattro ragazze diverse ma che conoscevo benissimo da diversi anni. Dan ci sa fare a letto, è così brava che se non fosse per l'altezza penserei non abbia davvero sedici anni. Col passare del tempo ci siamo conosciuti meglio, anche se magari ognuno di noi non si è confidato completamente con l'altro, ma è normale, è ancora presto.
-Come ti sei permesso?- Sussurra nel sonno. Lo fa sempre, o perlomeno tutte le volte che dormiamo insieme. Parla sempre nel sonno e a volte urla, ma non si sveglia quasi mai.
-Io ti amavo, te ne rendi conto?- Si agita girandosi dalla parte opposta.
-Mi fai schifo!- Alza ancora di più la voce. Ho sempre il terrore che svegliandola possa essere peggio, per cui non ho mai fatto nulla, ma questa sera sta parlando più del solito.
-No, perché per me era amore. Mi fai schifo.- Continua girandosi un'altra volta. Ha il viso corrucciato e gli occhi sigillati.
-Non voglio sentire nulla.- Grida per poi aprire gli occhi di scatto. Si alza mettendosi seduta.
-È successo di nuovo, vero? Gridavo un'altra volta nel sonno. Scusami, non volevo svegliarti.- Sussurra sistemandosi i capelli.
-Tranquilla, non dormivo. Ne vuoi parlare?- La tiro verso di me facendola mettere tra le mie braccia. Ho il mento sulla sua testa e lei mi circonda a malapena la vita con le braccia.
-Non credo.-
-Quindi non è un no, è un forse. Sai che a me sono sempre piaciuti i 'forse'? Nella stragrande maggioranza dei casi, diventavano dei 'si'.- Inizio accarezzandole i capelli. La sento rilassarsi sotto al mio tocco, quindi decido di continuare azzardando.
-Facciamo che anche questo 'forse' diventa un 'si'? Se vuoi inizio io a raccontarti qualcosa.-
-No, questa volta tocca a me. Inizi sempre tu.- La sento sorridere.
-Sogno sempre la stessa scena, la stessa persona, la stessa delusione. Credo che tu abbia capito di chi sto parlando, ma per essere sicura ti spiego meglio: sogno sempre il giorno in cui scoprii di essere stata filmata, l'espressione che aveva sul viso la ragazza che me lo ha detto e la litigata con Ashton. Sogno sempre quello. È come un cerchio, e lo odio. Odio il fatto di dovermi svegliare in piena notte con la fronte imperlata dal sudore, odio dover rivivere la stessa scena, ma più di ogni altra cosa, odio lui. Odio Ashton per avermi illusa, per avermi fatto credere che con lui potessi stare bene, per avermi fatto credere che mi amasse. Lo odio infinitamente tanto.- Respira a fatica mentre io continuo ad accarezzarla. È una ragazza così fragile che a volte ho paura di spezzarla con una minima parola fuori posto, come il fatidico 'promesso' che non vuole neanche sentire nominare.
-Dan, lui non è più nella tua vita. Tranquilla, se n'è andato.- Ed è vero, me lo ha detto lei stessa che si è trasferito. Passiamo diversi minuti in silenzio senza che nessuno dica nulla.
-Wow, ora che te l'ho detto sento di avere un peso in meno. Avevi ragione, a volte bisogna parlare con qualcuno.- Si gira verso di me e mi sorride.
-Quando vuoi. Io sarò sempre qui ad ascoltarti.- Avvicino le mie labbra alle sue e le lascio un casto e lento bacio.
-Josh, scusami se ti sto facendo impazzire con il mio comportamento ma...- La interrompo prima che si scusi per qualche strana cazzata.
-Perché ti devi scusare? Tranquilla, sono io che voglio ascoltarti. Mi racconti qualcos'altro? Qualcosa di bello.-
-Tipo cosa?- Volta lo sguardo verso di me puntando i suoi occhi nei miei.
-È uguale...- Sussurro cercando di non cedere. È davvero stupenda.
-Mmh, si, domani andiamo a fare shopping!- Batte le mani entusiasta.
-Qualcosa di te, non di noi!- Rido spontaneamente. Si blocca per qualche istante prima di scuotere lievemente la testa.
-Non ne ho idea, magari un'altra volta.- Sussurra stendendosi e chiudendo gli occhi. Cosa ho detto di sbagliato? Ah, forse è stato per il 'noi'... ma non era inteso come io e lei, era più come un... ok, era inteso esattamente come un io e lei.
-Va bene, allora me la dici domani.- L'attiro tra le mie braccia e la stringo. Appoggio il viso sul cuscino a pochi centimetri dal suo.
-Buonanotte.- Le lascio un bacio tra i capelli e chiudo gli occhi, stanco.
-Buonanotte.-

Just You (sequel di Just Trust Me) #Wattys2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora