2.

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Il cellulare squilla, in continuazione.
Il suono riecheggia all'interno della mia stanza buia, si diffonde nell'aria, rimbalza contro le pareti e torna indietro, dritto alle mie orecchie.
È uno squillo talmente acuto da farmi venire il mal di testa, tanto che mi rigiro nel letto sperando che cessi, che nella camera torni il silenzio. Ma non succede.

Esasperata, apro gli occhi di scatto, mettendomi velocemente a sedere e guardandomi intorno con il fiato corto ed il cuore impazzito. Sento il mio respiro affannoso dominare l'oscurità, solo dopo qualche secondo mi rendo conto del fatto che ad accompagnarlo c'è solo il silenzio, niente squilli.

Confusa, mi sporgo subito verso il comodino in legno che affianca il letto, recupero il cellulare posto sotto l'abat-jour e ne illumino lo schermo: non c'è niente. Nessuna chiamata persa, nessun messaggio della segreteria. Niente.

All'istante sento lo stomaco sprofondare sotto terra, ed una strana sensazione di nausea risalire in superficie. Abbandono il cellulare sul comodino e torno seduta sul letto, le gambe strette al petto all'inverosimile.

« Respira...» sussurro a me stessa, ma la paura, che sembra essermisi attaccata addosso come  una seconda pelle, non vuole saperne di andarsene. « Respira...» ripeto, prima di chiudere gli occhi e dondolarmi avanti e indietro in un tentativo di calmarmi.

Non dovrei essere tanto sorpresa o spaventata, la storia ormai si ripete da mesi e a questo punto si suppone che io ci abbia fatto l'abitudine, ma non è così, e so perfettamente che questa notte non tornerò a dormire, so che non riuscirò a tranquillizzarmi tanto in fretta.

Lo so, perché quel suono è lo stesso squillo che ho sentito due anni fa, prima che il mondo mi cadesse addosso.

🍂

Lo scricchiolio delle scale precede il mio arrivo all'ingresso. Il rumore della televisione accesa attira subito la mia attenzione, tanto da portarmi a entrare nel salotto alla mia sinistra. Andrew è sdraiato sul vecchio divano in un ruvido tessuto beige, Belle, adagiata sulle sue gambe, sembra essere completamente concentrata sulla puntata di "The Amazing World of Gumball", il che è assurdo: il protagonista è un gatto.

D'improvviso Andrew mi vede e mi sorride. « Ciao Rose.» cantilena in tono strano e sin troppo vivace. Quando vedo la tazza in ceramica blu posta sul tavolino di fronte a lui, ne capisco il motivo: cereali, ergo altri zuccheri dopo la torta di compleanno di ieri, ergo iperattività.

Sperando di non essere io a dovermi subire l'ennesima partita a nascondino, afferro velocemente la tazza e mi dirigo verso la cucina. Belle mi segue, cominciando a saltare sulle mie gambe e a scodinzolare come una matta.

« Rose, cosa ci fai sveglia alle otto di domenica mattina?» domanda la nonna, confusa, non appena varco la soglia della stanza.

« Non riuscivo a dormire.» mormoro, prima di posare la tazza nel lavandino e di dirigermi verso il frigorifero alla ricerca di un succo o di qualcosa che riesca a darmi un po' di energie. Sono sveglia dalle tre e questo significa che non sono di buon umore.

« Rose, ancora?» la preoccupazione nella voce della nonna mi fa bloccare e voltare verso di lei. Noto subito come mi sta guardando, un misto di pietà e compassione che non solo mi infastidisce, ma riesce a farmi sentire persino in colpa.

« È solo un po' di insonnia, non la fine del mondo.»

« Sono mesi che "è solo un po' di insonnia", tesoro.» mi rimbecca incrociando le braccia al petto. « Senti, forse sarebbe una buona idea se tu... non lo so, ne parlassi con qualcuno.» propone insicura.

Io alzo un sopracciglio. « Ne ho parlato con la psicologa della scuola, come mi hai chiesto. Non è cambiato niente, nonna...»

« Forse dovresti parlarne con me.» mi interrompe, improvvisamente decisa. Io sposto gli occhi su Belle, la quale non la smette di cercare di attirare la mia attenzione. « Non ti fa bene dormire due ore per notte una volta, dodici un'altra e poi passare la terza con gli occhi sbarrati a guardare il soffitto.».

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