4.

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« Non ti fa bene dormire due ore per notte una volta, dodici un'altra e poi passare la terza con gli occhi sbarrati a guardare il soffitto.».

Le parole della nonna mi risuonano in testa da un'infinità di tempo, mentre il mio sguardo si perde nell'oscurità della camera. Mi chiedo perché io non sia stanca, vista la corsa di questa mattina, la pesante giornata scolastica e le dieci partite di nascondino insieme ad Andrew; per non parlare dei chilometri macinati sulla bici e della passeggiata di un'ora con Belle...
Non c'è spiegazione, dovrei essere stremata e profondamente addormentata, non sveglia e vigile all'una del mattino.

Sbuffando, e facendomi una ragione del mio attacco di insonnia, decido di mettermi seduta con la schiena posata contro la testata del letto e di accendere l'abat-jour sul comodino. Noto subito il piccolo quaderno dalla copertina verde posato sotto il mio cellulare, la penna nera, invece, è caduta per terra. Senza pensarci due volte la recupero, faccio lo stesso con il quaderno e torno al mio posto, per poi far scorrere le pagine fino all'ultima utilizzata dalla sottoscritta.

"Rose de Doux".

Sono andata a letto convinta che mi sarei addormentata in fretta, per questo mi sono concessa solo qualche minuto per riflettere ancora in merito al discorso del professor Wilson e mi sono chiesta, chi è Rose de Doux?

Mi ritrovo a mangiucchiare il tappo della penna mentre il mio cervello prende il via, andando ad aggiungere mille pensieri a quelli precedenti.

"Rose de Doux.

Rifiutata dal padre."

No, questo è deprimente. Tiro una linea sull'ultima frase e ricomincio a pensare.

"Rose de Doux.

Ha perso la madre a quindici anni.
Ha frequenti incubi la notte, a volte non dorme affatto.
Passa il suo tempo nel bosco dietro casa, in compagnia di un cane minuscolo che crede di poter cacciare scoiattoli.
Sistema tagli di capelli orribili e non adatti a bambini di quattro anni.
Passa ore in biblioteca e prende un libro che ha già letto almeno venti volte.
Odia essere chiamata Rosie, ancora peggio Rosie D.
Si muove in bicicletta perché ha il terrore di guidare.
Si rifugia nella serra della scuola.
Le scattano foto di nascosto."

Mi interrompo, la fronte corrugata e le dita che all'improvviso lasciano la presa sulla penna, come se scottasse.
Rileggo ció che ho appena scritto, arrivando ben presto ad una conclusione: sono un soggetto mentalmente instabile e sociopatico.

« Che sciocchezza.» sussurro, prima di chiudere il quaderno e di abbandonarlo di nuovo sul comodino insieme alla penna.

« Rose?» mi sento chiamare da una vocina flebile ed esitante.

All'istante alzo gli occhi sulla soglia della mia stanza, mi sorprende non poco vedere Andrew che mi guarda con gli occhioni azzurri sgranati ed il labbro inferiore sporto all'infuori. « Cosa ci fai ancora sveglio, Andrew?» gli chiedo, notando il camioncino dei pompieri stretto contro il suo petto.

« Non riesco a dormire, c'è vento fuori.» spiega, sporgendo il labbro sempre di più, come ad impietosirmi. « Posso stare qui con te?» chiede poi, avanzando di un passo verso il letto.

Cercando di trattenere un sorriso intenerito, alzo la coperta e batto la mano sul lato libero del materasso. In un nano secondo Andrew è sdraiato al mio fianco, il camioncino dei pompieri ancora stretto al suo petto. Gli metto un braccio intorno alla vita di modo da stringere il suo corpicino a me, ma noto subito che i suoi occhi azzurri non si chiudono come dovrebbero.

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