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I miei occhi sono fissi sul viso di Blake, che, sdraiato sul mio letto, legge e rilegge la lettera di Yale che mi ha costretto a mostrargli. Non la smette di sorridere, il che mi manda nel panico perché anch'io fatico a ricacciare indietro l'autocompiacimento che sento invadermi il corpo: c'è un'alta probabilità che per cause maggiori io non possa andare a studiare a New Haven a Settembre, quindi sarebbe meglio non prendere seriamente in considerazione l'eventualità di frequentare Yale.

« Puoi ridarmela ora?» gli chiedo, sporgendomi per sottrargliela. Lui scuote la testa ed allontana la lettera, tanto che ben presto rinuncio alla mia impresa e ritorno a posare la testa sul suo petto. Siamo stati benedetti con un pomeriggio di inaspettato silenzio: la nonna ha portato Andrew alla festa di compleanno di un suo compagno d'asilo, mentre Simon è sparito subito dopo pranzo, probabilmente per andare a studiare in biblioteca. Blake si è presentato qui poco dopo, sinceramente ignaro dell'assenza del suo migliore amico, ma quando ha cominciato a baciarmi e mi ha trascinata in camera mia, ho capito che in realtà non era lui che cercava. E lo capisco: è passata una settimana dall'ultima volta che ci siamo visti.

« I racconti di cui si parla...» comincia, ripiegando la lettera e posandola sul mio comodino. « Posso leggerli?» chiede poi innocentemente.

Sgrano leggermente gli occhi, prima di arrossire e scuotere la testa. « Scordatelo.»

«Perchè?» domanda confuso, cercando il mio sguardo. « Hai scritto qualcosa di spinto?»

« No!» esclamo ancora più imbarazzata. « Non li avrei mai presentati al comitato di ammissione.»

« Allora perchè non vuoi che li legga?» continua imperterrito.

« Sono... personali.» mormoro.

« Fammi capire bene: uno sconosciuto di Yale può leggerli ma il tuo ragazzo no?».*

Rimango in silenzio, valutando le sue parole e la validità della sua posizione, infine decido di confessare la verità. « Parlano anche di te, Blake.».

Per un attimo lui sembra raggelarsi, la fronte corrugata e la bocca leggermente aperta. Poi si riprende. « Hai detto di aver fatto domanda alla fine dell'anno scorso, quindi non ha senso a meno che...»

« Non è come sembra.» lo interrompo. « Non ero innamorata di te.» "o per lo meno non me ne rendevo conto", aggiungo mentalmente. « Però eri... sei importante. A volte penso che se non ci fossi stato tu non so come avremmo fatto a superare quello che è successo.» concludo, abbassando gli occhi sulla sua felpa blu. Blake sospira, forse rendendosi conto del peso di ciò che gli sto dicendo, mentre quello stesso peso comincia a schiacciarmi pian piano. Blake c'è nei miei racconti: è l'unico personaggio sempre presente, l'unico punto fisso, come se le parole girassero intorno a lui per mezzo di una sorta di forza di gravità letteraria. Fa paura avere tanto bisogno di una persona, fa paura il pensiero che siamo ancora estremamente giovani e la vita può cambiare da un momento all'altro.

Mentre sento gli occhi cominciare a bruciare, Blake si muove velocemente per sovrastarmi col suo corpo e potermi guardare in faccia. Sento il suo braccio libero stringermi la vita, il suo respiro sfiorarmi le labbra. Poi, ancora prima che me ne possa rendere conto, il suo viso si abbassa sul mio dando il via al bacio più dolce che abbia mai ricevuto. La sua presa intorno al mio corpo si rinsalda, mentre le mie braccia gli circondando il collo ed i nostri respiri irregolari risuonano per la stanza silenziosa. Finché degli altri suoni non si aggiungono al quadro: sono delle voci provenienti dal piano di sotto, perfettamente riconoscibili dai toni accesi con cui riecheggiano tra le pareti.

Simon e Jane.

« Cazzo.» mormora Blake, saltando su dal letto e guardando la porta con gli occhi sbarrati, come se potesse spalancarsi da un momento all'altro. Io me ne preoccupo poco, visto che è evidente che quei due stanno litigando. « Non posso nascondermi, avranno sicuramente visto la mia auto.» continua, preso dal panico.

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