20.

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Ci sono persone che non hanno il minimo problema a camminare sui tacchi alti, ci sono persone che sembrano non sentire il freddo, che potrebbero indossare una t-shirt quando fuori ci sono meno tre gradi. Ci sono persone che non si farebbero buttare giù da una nottata del genere, persone che non si sentirebbero tanto stanche e spossate per non aver dormito. Ci sono persone così, e poi ci sono io.

Sono ormai le otto del mattino, non credevo che avrei avuto tanta resistenza qui fuori al gelo, ma a quanto pare è incredibile ciò che riesco a fare quando sono così sconvolta. Nonostante il dolore ai piedi, ho continuato a camminare dopo essermi lasciata alle spalle casa di Scott. Ho infilato un passo dopo l'altro, nel buio che predominava su Montpelier e nel freddo che sembra essere diventato insostenibile. Mi sono concessa di fermarmi solo una volta davanti alla St. Augustine, in Barre Street, molto più vicina al centro città. Mi sono seduta sui gradini in pietra che fronteggiano il portale della chiesa e ho stretto le gambe al petto, cercando di calmarmi e di respirare, ma l'unica cosa a cui riuscivo a pensare è stata che ero da sola, in città, alle sei del mattino e probabilmente sarei morta di freddo nell'indifferenza generale. Dopo almeno un'ora e mezza passata in uno stato di catalessi, a cui alternavo momenti in cui cercavo di mandare giù il pesante groppo che sentivo in gola, ho deciso di alzarmi di nuovo, anche perché qualcuno aveva cominciato ad avventurarsi fuori dalle proprie case e farmi trovare lì, in quello stato, sarebbe stato un suicidio sociale. Quindi ho ricominciato a camminare inoltrandomi nel centro, finché non mi sono ritrovata di fronte alla biblioteca pubblica: le porte spalancate in un chiaro invito ad entrare, e tutta l'aria di essere completamente vuota e silenziosa.

Sono ancora qui davanti, ad un passo dalla scalinata che mi porterebbe all'ingresso, indecisa se farlo davvero o meno. Il mio corpo mi urla di andare, il mio cervello anche, ma una piccola parte di esso fa risuonare nella mia testa le parole che la signora Wilson mi ha rivolto l'ultima volta: "Ti stai nascondendo". Be', ora come ora ho il sacrosanto diritto di nascondermi.

Prendo un bel respiro, racimolo il mio ultimo briciolo di coraggio e, con passo malfermo dovuto ai tacchi, salgo un gradino alla volta fino a raggiungere prima le alte porte in legno, poi quelle interne e pesanti in vetro, che vengono spinte con una forza non indifferente ed infine mi permettono di entrare in biblioteca. La prima cosa a colpirmi è il tepore, il riscaldamento deve essere alzato al massimo e all'istante sento i piedi cominciare a scongelarsi, le gambe fare altrettanto seguite dalle mani e dal viso, la pelle mi pizzica, segno che la circolazione sta riprendendo il suo normale corso e anche la mia vescica mi manda dei segnali. Oh cavoli.

Mi fiondo subito verso il bagno della biblioteca e, solo dopo essermi liberata, mi concedo di guardarmi allo specchio: sono un disastro. Il mio naso è bordeaux, i miei capelli, prima raccolti in uno chignon basso, ora sono completamente sciolti ed in disordine; il mio rossetto è sparito ed il mio mascara si è trasferito sulla palpebra superiore e persino sotto le ciglia inferiori. Devo ammettere che se mi incontrassi per strada mi spaventerei. Sospiro, prima di legare di nuovo i capelli, questa volta in modo disordinato, e di lavarmi la faccia con acqua rigorosamente calda. Mi asciugo con le salviette di carta presenti in bagno, e mi sorprende pensare che per una volta sto meglio struccata, sebbene abbia delle occhiaie non indifferenti. Poso la pochette sul piano del lavandino e rovisto alla ricerca del correttore, ma non lo trovo e al suo posto mi capita sotto mano il mio cellulare: ho venti chiamate perse da parte di Scott, un messaggio di Simon in cui mi dice di divertirmi al ballo ed uno di Jane, in cui mi chiede come sia andata. So a cosa si riferisce e vorrei davvero sfogarmi con lei, nonostante la certezza di un gigantesco "te l'avevo detto", però in questo momento non mi sento pronta a parlarne e, dopo essermi limitata a scriverle "tutto bene, poi ti racconto", rimetto via il cellulare e mi avventuro fuori dal bagno.

Cerco di scacciare l'ansia che comincia ad avvolgermi, mentre percorro il lungo corridoio costeggiato da alti scaffali in legno scuro fino a raggiungere la signora Wilson: ferma dietro al suo banco, con uno sguardo sorpreso malamente celato dagli occhiali. « Rose...»

« Voglio stare qui, ok?» la interrompo stizzita, dev'essere la stanchezza.

« Stai bene?»

« No.» rispondo nervosa, mentre incrocio le braccia al petto e la guardo in malo modo. « Ho seguito il suo consiglio e mi sono ritrovata a camminare al gelo con un vestitino, quindi non l'ascolterò mai più, signora Wilson, ed ora voglio solo leggere in pace.» detto ciò mi volto e mi dirigo verso lo scaffale davanti al quale, nella mia vita, ho passato la maggior parte del mio tempo. Afferro "Jane Eyre", "Via dalla pazza folla", tutto quello che trovo di Jane Austen e i pochi libri presenti di Elizabeth Gaskell, subito dopo mi avvicino a passo incredibilmente sicuro alla poltrona di pelle posta sotto una delle grandi vetrate e, con le braccia piene di libri, mi accomodo sospirando.

Mentre Jane viene mandata alla scuola di carità dalla zia, la signora Wilson si avvicina silenziosamente con una tazza in mano, probabilmente piena di thé fumante. La posa sul tavolino di fronte a me, poi sparisce senza dire una parola.

🍂

Volto l'ennesima pagina, mentre avverto il cellulare continuare a vibrare all'interno della pochette. So che non si tratta della nonna, pensa che sia andata a dormire da Jane, so anche che non può essere quest'ultima, perché il mio messaggio deve averla tranquillizzata e non mi disturberebbe mai pensando che io sia ancora con Scott. Quindi l'unico indiziato possibile è proprio lui:  non ho la minima intenzione di rispondergli.

Il cellulare smette di vibrare, ma questa volta è qualcos'altro a distrarmi: una voce ben più che familiare risuona per la biblioteca, mentre la signora Wilson risponde gentile ed apparentemente felice, è la prima volta che la sento ridacchiare in vita mia. Confusa, abbandono la lettura e mi alzo dalla poltrona, prima di recuperare cappotto e pochette e di avviarmi verso il banco della bibliotecaria. Mi blocco a pochi passi dall'obiettivo, ben nascosta da uno degli scaffali mentre osservo la scena.

« E quale hai preferito?» domanda la signora Wilson con gli occhi che le brillano.

Blake le sorride e sembra pensarci per qualche secondo, infine sospira. « Non puoi chiedermi questo, è impossibile scegliere tra Brown e Follett, lo sai.» per tutta risposta, la signora Wilson ridacchia di nuovo mentre io rimango al mio posto, sconvolta. Blake legge? Blake viene in biblioteca? Che cosa sta succedendo all'Universo?!

A nemmeno un secondo da questo scambio di battute, vedo entrambi i soggetti della scena voltarsi verso di me e solo in questo momento realizzo che lo scaffale non mi ha nascosta proprio per niente. La signora Wilson mi guarda ancora con quella sua aria corrucciata, mentre Blake è palesemente sconvolto e preso in contropiede. Io rimango immobile, gli occhi fissi su di lui mentre analizzo i suoi capelli neri un po' più lunghi del solito, i suoi occhi verdi contornati da occhiaie, il capotto scuro ormai aperto a causa del caldo di questo posto, persino le mani che stringono un libro e l'anello in metallo che porta al dito medio. Ogni dettaglio, tutto ciò che fino ad adesso era passato inosservato sotto il mio sguardo e che ora, a settimane dal nostro ultimo incontro, sembra avere assunto fondamentale importanza.

D'improvviso Blake sembra sbloccarsi, porge il libro alla signora Wilson e muove un paio di lunghe falcate per raggiungermi, ancora congelata al mio posto. « Stai bene? Cosa ci fai qui?» mi chiede all'istante, non riuscendo a celare la nota di preoccupazione nella sua voce. Cerco di rispondergli, o per lo meno di annuire, ma improvvisamente la mia testa è completamente vuota ed il respiro mi viene a mancare. Blake ha sempre avuto questo buon profumo? « Rose?» richiama la mia attenzione, posando le mani sulle mie spalle ed abbassandosi leggermente per guardarmi dritta negli occhi.

Il mio cervello riceve una scossa improvvisa. « Sto bene.»

« Cos'è successo? Pensavo fossi da Jane...» mormora poi, evidentemente nervoso. Mi limito a scuotere la testa e ad abbassare gli occhi, mentre lui sospira e sposta un braccio intorno alla mia vita. « Ti porto a casa.» sentenzia deciso. Non so come replicare, anche perché effettivamente non vedo l'ora di andarmene a dormire, al caldo. In poco tempo e con il minimo sforzo, Blake mi conduce verso la porta d'ingresso della biblioteca, saluta la signora Wilson e, quando mi giro per lanciarle uno sguardo grato, noto che sta sorridendo con gli occhi che le brillano. E' pazza.

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