Mabon

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«Quindi sei convinta che tua mamma lo conosca?» mi domandò Michan.

Okay, avevo giurato a mia madre che sarei stata muta come una tomba e che non avrei parlato con nessuno del mio professore di inglese, ma ovviamente Michan e Labhraidh erano esclusi dalla mia promessa. Dopotutto era ovvio che ne avrei parlato con loro, non c'era nemmeno da chiederselo.

Era il giorno di Mabon e noi tre ci stavamo avviando insieme verso la radura nella quale l'intero villaggio avrebbe festeggiato l'equinozio d'autunno. Io reggevo fra le mani una torta di mele, mentre Michan e Labhraidh portavano rispettivamente un pasticcio di carne e una torta di zucca, perché di lì a poco avremmo iniziato la grandiosa cena in onore del dio del raccolto che, come ogni anno, sarebbe stata celebrata dall'intero villaggio all'interno di alcuni tendoni preparati apposta per l'occasione. Emblema di Mabon era infatti la condivisione, per questo motivo ci ritrovavamo tutti insieme, nello stesso luogo, per festeggiare in compagnia.

«Sì. Ha avuto una reazione troppo particolare... come se fosse comparso un fantasma del suo passato» cercai di spiegare, ricordando lo sguardo vacuo che aveva assunto mia madre per l'intera sera del giorno precedente.

«Potrebbe essere qualcuno del suo vecchio clan... o qualcuno che ha conosciuto durante i suoi tre anni in Europa» ipotizzò Labhraidh, facendo riferimento agli anni che mia madre aveva trascorso lontana dall'Irlanda, risalenti a prima che sposasse mio padre.

«Hai idea di cosa... Merda!» strillai, inciampando in una radice sporgente.

«Dovevamo per forza fare questa strada?» sbottai, cercando di liberare il tacco della mia scarpa, che si era impigliato in una radice.

«È la stessa che facciamo sempre, solo che di solito tu non la percorri vestita in questo modo» mi disse Michan ridendo, alludendo al mio abito lungo e ai miei tacchi alti.

«Non è che, visto che vado in giro sempre e solo con voi maschi, devo anche vestirmi come tale!» sbuffai, imbronciata.

Che diamine, ero così contenta del mio vestito! Era lungo e leggero, mi aderiva sui fianchi, e la gonna si apriva in diversi veli quasi impalpabili, che sfumavano da un marrone scuro ad un rosso cupo. Era fatto apposta per ricalcare tutti i colori che assumevano le foglie in autunno, e mi era stato fatto su misura da mia sorella. Ne andavo veramente orgogliosa, ma l'unica cosa che erano stati capaci di dire quei cafoni dei miei migliori amici era stata: "Sembri un folletto dei boschi!".

«Dai, Michan, fai l'uomo... portami la torta, ti prego!» lo implorai, mentre lottavo con il mio vestito per scavalcare un tronco caduto.

Lui sospirò e me la tenne per il tempo necessario affinché mi rimettessi in piedi, dicendo: «Solo perché sei tu, Row».

Alla fine riuscimmo ad arrivare tutti incolumi nella radura, con tutt'e tre le pietanze miracolosamente intatte.

Gli organizzatori avevano fatto un lavoro grandioso: sulla grande distesa erbosa erano stati montati tredici tendoni comunicanti, che avrebbero ospitato l'intero villaggio, mentre tutt'intorno erano stati accesi dei piccoli fuocherelli, che illuminavano l'ambiente di una luce calda e rilassante. Nel centro esatto della radura si trovava un fantoccio di paglia a grandezza d'uomo, simboleggiante il dio del raccolto, che sarebbe poi stato bruciato alla fine della serata. Le sue ceneri sarebbero poi state sparse sul terreno circostante, affinché lo fertilizzassero in vista della primavera successiva.

Qua e là nel prato, inoltre, erano sparse zucche di varie dimensioni e colori, e riuscii persino ad intravvedere un paio di cornucopie ricolme di frutti autunnali, che sarebbero successivamente stati distribuiti ai bambini.

«Ce l'avete fatta, finalmente! Aspettavamo solo voi!» esclamò mia sorella venendoci in contro, afferrando poi tutto il cibo che avevamo e sparendo oltre il drappeggio di un tendone.

Stirpe Di StregaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora