Macabro falò

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«Quindi hai conosciuto un Guerriero dei Daoine Sidhe?» mi chiese Michan, osservandomi con tanto d'occhi.

Erano le diciassette e dodici del trentuno ottobre, altresì chiamato Halloween o Samhain, e io, Michan e Labhraidh avevamo appena finito il secondo e ultimo rito di purificazione.

Sin da che avevo tredici anni, avevo sempre amato questa giornata, perché, dopo la celebrazione con il clan, noi ragazzi eravamo soliti partecipare alle feste umane, travestendoci con costumi stravaganti e andando a bere in qualche pub della vicina Cork. Quest'anno, però, sarebbe stato tutto diverso: per quanto io desiderassi tornare indietro nel tempo all'anno precedente, quando la mia unica preoccupazione era tenere nascosto a mio padre il mio vestito da vampira (che sicuramente avrebbe ritenuto "troppo sexy e inadatto a una diciassettenne"), ora mi trovavo qui, a camminare in un bosco con i miei due migliori amici, tentando invano di allentare la tensione provocata dall'idea dell'imminente rito d'Iniziazione.

«Non è che l'ho proprio conosciuto» borbottai, rispondendo a Michan.

«In realtà non l'ho nemmeno visto in faccia. Mi ha solo spaventata a morte e riportata a casa» spiegai, ricordando gli avvenimenti della sera precedente.

I miei amici parvero delusi, infatti Labhraidh commentò: «Cavolo Row, l'unica volta che conosci una persona potenzialmente interessante non ti fai nemmeno dire il suo nome!».

«Se ci tieni tanto, allora, mettiti a vagare nel bosco e chiamalo. Magari ti risponde, o magari ti uccide con una delle sue abilità da persona potenzialmente interessante» ribadii, scoccandogli un'occhiataccia.

«Dai, non te la prendere!» mi riprese lui, fissandomi con i suoi occhioni scuri.

Sbuffai, frustrata: «Scusa, non volevo essere così dura. Sono solo un po' stressata» dissi, scostandomi un ramoscello dagli occhi con una certa irritazione.

«Andrà bene, stai tranquilla! Domani sera saremo tutti e tre a sbronzarci nella soffitta di Labhraidh, e questa scampagnata sarà solo un brutto ricordo» mi rincuorò Michan.

«Avanti, ora muoviamoci. Non voglio beccarmi una predica da mia sorella per l'ennesima volta» ci spronò Labhraidh, aumentando l'andatura e dirigendosi verso la casa.

Quando arrivammo erano ormai le diciotto, e tutti i preparativi per la grande cerimonia erano già in atto. Il grande prato antecedente la casa brulicava di streghe, tutte intente a svolgere una mansione specifica: vi era chi trasportava tavoli, chi preparava i bracieri e chi misurava il terreno; ma il vero spettacolo si trovava all'interno dell'abitazione. Il salone era infatti un caos totale, con capi clan che abbaiavano ordini, novizi che, in preda ad una crisi di nervi, piangevano caldi lacrimoni, ragazze che strillavano istericamente a proposito dei loro vestiti e streghe Guida che scuotevano la testa, esasperate.

Vidi mia madre procedere verso di me con quel passo aggraziato che tanto le invidiavo e, non appena mi fu vicina, disse: «Tesoro, è meglio se cominci a prepararti».

La seguii quindi in camera, e qui trovai subito le mie due compagne di stanza, già pettinate e intente a truccarsi davanti allo specchio.

Le salutai con un cenno della mano e mi sedetti su una seggiola, lasciando che mia madre mi intrecciasse i capelli con mani esperte. Creare strampalate acconciature era da sempre una sua passione, e ricordavo ancora con un certo imbarazzo quando, verso i quattro, cinque anni, mi mandava all'asilo con bellissime coroncine, che mi avevano fatto guadagnare il soprannome di "piccola principessa". Questa mania ancora non le era passata, infatti mezz'ora più tardi mi ritrovai due sottili trecce come aureola, fermate con due forcine per parte. Pensai avesse finito, ma mi dovetti ricredere quando estrasse da un sacchettino dei fiori azzurri, con molti strati di petali, che riconobbi immediatamente come nigella damascena, comunemente chiamata damigella o fanciullaccia. Dopotutto, lo studio delle piante che veniva imposto a tutte le streghe non ancora iniziate serviva a qualcosa.

Stirpe Di StregaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora