Agile come un uccello

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Aprii lentamente gli occhi sentendo dei forti colpi alla porta.

«Michan! Tesoro, svegliati! Devi andare a scuola!» strillò la mamma del mio amico dal corridoio.

Mi rotolai su un fianco e sbattei contro il corpo di qualcuno.

«Alzati, c'è la mamma di Michan» borbottai, scuotendo Labhraidh per una spalla.

La testa mi pulsava un po', ma tutto sommato stavo decisamente bene... anche se avevo lo stomaco piuttosto sottosopra.

Guardandomi intorno, mi resi conto che sul grande letto matrimoniale c'eravamo solo io e Labhraidh: Michan se ne stava tutto rannicchiato sulla sua poltrona di velluto verde, con le gambe strette a petto e la testa poggiata su una spalla.

Mi alzai un po' barcollante, ancora stretta nel mio vestito marrone (che oramai era a chiazze, visto che era macchiato di terra) e mi avvicinai al mio amico, dandogli un paio di colpetti su un fianco.

«Eh, Mich! È ora di alzarsi!» lui borbottò qualcosa di indistinto, poi lentamente aprì gli occhi.

Se li stropicciò con i pugni chiusi, proprio come un bambino e, mettendomi a fuoco, borbottò: «Rowan, sei una cosa impossibile. Mi sono dovuto sedere sulla poltrona perché hai passato tutta la notte a rigirarti».

«Amico, guarda dove sono finito io! Nel lato estremo del letto!» rincarò Labhraidh indicando sé stesso, sdraiato appunto nella parte sinistra del letto e con un braccio e una gamba che penzolavano giù, fino al pavimento.

«Oh, che piattole! Non è colpa mia!» piagnucolai, infilandomi poi nel bagno di Michan per lavarmi la faccia.

In quel momento la mamma del mio amico aprì la porta della camera, esclamando: «Non sapevo ci fossi anche tu, Labhraidh!».

Misi la testa fuori dal bagno e la salutai con la mano: «Buongiorno Chlea!».

La madre di Michan mi guardò e sorrise: aveva da sempre avuto un occhio di riguardo per me e Labhraidh, migliori amici di suo figlio da ormai quattordici anni, anche perché bazzicavamo per casa sua un giorno sì e uno no. Ormai quella donna sapeva che io non mangiavo nessun tipo di verdura cotta e che il mio amico non toccava il pesce da anni, sapeva che io non indossavo mai la tuta e che d'inverno per dormire mettevo le calze, sapeva persino che Labhraidh aveva un tatuaggio alla base della schiena, solitamente nascosto dai jeans. Tutto questo perché passavamo moltissimo tempo a casa sua, tanto che, se avessi cercato in un armadietto del bagno della camera di Michan, avrei potuto trovare due spazzolini nuovi, uno rosso con scritto "Rowan" e uno verde con scritto "Labhraidh".

«Com'è stato il vostro Mabon?» ci chiese allora Chlea, sedendosi sul letto e poggiando una mano sulla gamba di Labhraidh, coperta dal lenzuolo.

«Credo bello» rispose Michan, alzandosi dalla poltrona verde e barcollando fino al bagno.

«Fatti in là, Row» mi disse, chinandosi sul lavandino e lasciandomi lì a fissare la sua schiena nuda, con ancora lo spazzolino in mano e la schiuma del dentifricio in bocca.

«Ma c'ero io...» tentai di borbottare, anche se tutto quello che mi uscì fu un "Ma scero io".

«Ve la sentite di andare a scuola?» chiese Chlea, intuendo subito che il suo amato figliolo e i suoi migliori amici avevano passato una notte brava a base di alcool.

«Io sto piuttosto bene...» cominciò Labhraidh. «...Devi chiedere a quei due in bagno» aggiunse poi, alzandosi dal letto e cercando una maglietta da mettere nell'armadio di Michan.

«Io sto bene!» strillai, spruzzandomi dell'acqua in faccia per svegliarmi.

«Io anche, per quanto la voglia che abbia di andare a scuola sia sotto il pavimento» commentò Michan, burbero com'era sempre alla mattina presto.

Stirpe Di StregaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora