Sogni e timori

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Io e Rían corremmo per le strette e tortuose strade di campagna, sorpassando greggi di pecore che pascolavano placidi, fattorie solitarie e campi dove galoppavano liberi i cavalli, finché, dieci minuti più tardi, il ragazzo parcheggiò la moto nella stessa piazzola che aveva occupato quando mi aveva portata a tirare con l'arco.

Rispetto ad un paio di settimane prima, il paesaggio era lievemente cambiato: l'erba, che allora manteneva qualche filo verde e vigoroso, ora era completamente gialla, secca e stopposa, e il terreno era gelato, spazzato dal freddo vento oceanico che soffiava costantemente in quel punto della scogliera.

Il cielo era di un anonimo grigio fumo, e il sole faceva debolmente capolino dalle nubi, emergendo sotto forma di una triste e minuscola pallina di luce offuscata, mentre il mare, placido e silenzioso, pareva una immensa distesa scura e minacciosa.

Mi tolsi, non senza qualche difficoltà, il casco, e scesi dalla moto, inspirando l'odore salmastro e sorridendo mestamente nel vento.

Improvvisamente, Rían mi afferrò per una mano e mi tirò a sé, stringendomi poi il volto fra le dita e accarezzandomi con i guanti di pelle nera. Senza una parola, si chinò su di me e mi baciò lentamente e meticolosamente, facendomi fremere le ginocchia dalla dolcezza con cui le sue labbra sfiorarono le mie.

«Dio, mi sei mancata da impazzire» sussurrò, allontanandosi di un paio di centimetri dalle mie labbra e fissandomi con una sorta di adorazione nello sguardo.

Arrossii dall'imbarazzo, incredula che un ragazzo come lui avesse potuto sentire la mancanza di una ragazza come me, e mormorai: «E tu sei mancato a me».

Lui sorrise radioso, e io mi sentii incredibilmente fortunata. Davvero non riuscivo a capacitarmi, nemmeno sforzandomi, di come fosse possibile che Rían O'Neill potesse provare un qualsiasi interesse nei miei confronti... dopotutto, vedevo me stessa come una normale diciottenne, mentre lui rappresentava, per me, una sorta di guerriero antico, guidato dall'onore, dal coraggio, dall'amore per il suo popolo e da tutte le virtù positive che un eroe doveva possedere.

«Daghain ti ha messo ai lavori forzati?» domandai, curiosa di sapere come si fosse comportata mia nonna nei suoi confronti.

Rían rise: «Si può dire anche così, sì. Diciamo che non ha preso benissimo il fatto che io fossi con te il giorno in cui è successo tutto quello che è successo... e ha deciso che, per punizione, spettasse a me convocare tutti i capi clan, quindi mi è toccato girare l'Irlanda in lungo e in largo per portare la notizia» mi disse, scostandosi con fare indispettito una ciocca di capelli che il forte vento continuava a frustargli negli occhi.

«Non ti invidio nemmeno un po'» commentai, per poi aggiungere: «Ah, comunque Solamh mi ha scritto un paio di giorni fa, dicendomi che i Gancanagh sono pienamente favorevoli all'idea di creare un esercito di streghe».

«Lo so, me l'ha detto... anche Pooka e Lurikeen sono della stessa idea» mi informò Rían, facendomi tirare un sospiro di sollievo.

«Sai...» cominciò poco dopo il ragazzo, «... potresti aver fatto la cosa giusta, nel rivelare la verità» borbottò, lanciandomi un'occhiata di rispetto.

«Lo spero... almeno adesso non abbiamo tutto sulle nostre spalle» risposi, sentendomi più al sicuro nel sapere che ora tutti fossero a conoscenza della minaccia.

«Credo di aver agito con l'idea che conoscere una scomoda verità sia comunque meglio che vivere in una piacevole bugia» aggiunsi, sospirando desolata.

Rían mi guardò con tanto d'occhi: «Da quando sei così saggia?» mi domandò, stupito e divertito al tempo stesso.

Feci spallucce: «Ogni tanto ho anch'io il mio momento mistico e filosofico» commentai, strizzandogli l'occhiolino.

Stirpe Di StregaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora