Finalmente a casa

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Guardai fuori dal finestrino, irritata. Le alte onde si infrangevano contro la banchina e la schiuma bianca si alzava di diversi metri, per poi ricadere sul cemento con un fragoroso scroscio. Il cielo plumbeo era illuminato dai bagliori dei lampi, mentre il continuo susseguirsi dei tuoni creava un rombo continuo di sottofondo, che faceva tremare lievemente tutti i vetri del traghetto. Le chiome degli alberi sulla terraferma erano piegate dalla potenza del vento, e nelle strade non si vedeva un'anima viva: si erano barricati tutti in casa per evitare la tempesta.

Sorrisi tristemente: mi era davvero mancato il clima del Galles, così imprevedibile e selvaggio, ma avrei preferito riuscire a fare la traversata senza intoppi, nel minor tempo possibile. Non vedevo l'ora di tornare a casa, nella mia terra, l'Irlanda, ma se il tempo non fosse migliorato non saremmo potute partire. Io e mia madre ci eravamo imbarcate ben tre ore prima, ma era scoppiata la tempesta e il nostro traghetto era rimasto fermo in porto, così il viaggio era stato posticipato.

«Tesoro, io mi sono davvero scocciata di aspettare!» sentenziò mia mamma, raggiungendomi dalla caffetteria di bordo.

Moira O'Sullivan si portò una corta ciocca di capelli rossi, tipici delle famiglie di sangue irlandese, dietro l'orecchio e aggiunse: «A parer mio, la tempesta è durata anche troppo».

Mi fece l'occhiolino e, guardando la furia della natura che imperversava fuori dall'oblò, mosse le dita della mano destra verso l'alto in senso antiorario, sussurrando: «Ghrian». Le punte dei suoi polpastrelli brillarono quasi impercettibilmente e io riuscii a percepire la potenza del suo incantesimo dall'elettricità che si scaturì nell'aria e che mi fece rizzare i peli delle braccia. La pioggia smise lentamente di cadere e le imponenti nubi nere che gravavano il cielo lasciarono spazio ad un apatico grigio fumo, che però permise alla nave di lasciare il porto.

Magnus, il mio adorato gattino, mi saltò in braccio e cominciò ad arrampicarsi sulla mia spalla, graffiandomi lievemente la pelle con i suoi piccoli artigli.

«Piccolino, devi smetterla di agitarti ogni volta che mamma fa un incantesimo! Come farai, una volta che saremo arrivati in Irlanda?» gli domandai mentre gli grattavo le orecchie. Magnus era un trovatello che si era unito a me e mia madre in una calda giornata di agosto a Madrid, tre settimane prima, e ancora non si era abituato a mia madre e ai suoi "affari da strega".

Moira O'Sullivan era mia madre ed era una strega, una strega molto potente. Aveva appena fermato la pioggia, e ci era riuscita praticando un Incantesimo Proibito: alle streghe non era permesso influenzare il clima in alcun modo, in quanto ciò era visto come una violazione delle leggi naturali, ma mia madre non aveva mai amato rispettare le regole e, a quanto pareva, aveva ancora più voglia di me di tornare a casa.

Dopotutto, doveva mancarle davvero molto mio padre e, ancora di più, mia sorella maggiore. Io e Moira, infatti, eravamo partite cinque mesi prima per un "tour dell'Europa" ed era da allora che non tornavamo in Irlanda.

Certe volte mi sentivo davvero in colpa nei suoi confronti, perché sapevo che lei aveva abbandonato la sua terra e la sua famiglia solo per me: i miei insuccessi in qualità di Strega Novizia mi stavano dilaniando, e lei aveva deciso che allontanarmi momentaneamente dalle pressioni non avrebbe fatto che giovare alla mia condizione, così eravamo partite.

Il tremito che percorse la nave quando questa attraccò nel porto di Cork fece spaventare il mio gatto, che si era teneramente acciambellato sulle mie ginocchia: Magnus soffiò impaurito fra i denti, e si tranquillizzò solo quando scorse fuori dal finestrino le verdi colline irlandesi. Mi beai anch'io di quel paesaggio, incapace di rimanere impassibile davanti alla bellezza della mia terra, della mia casa, di tutto ciò che più mi era mancato al mondo.

Stirpe Di StregaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora