Terrore e folle passione a Galway pt.2

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Un cieco terrore si impadronì del mio corpo e un'ondata di energia dettata dall'adrenalina mi fece tremare convulsamente le braccia, e la mia pelle iniziò a rifulgere di un tenue bagliore dorato. Davanti a me vedevo solo Rían in pericolo, e il mio corpo agì di sua spontanea volontà per proteggerlo: con un sibilo scricchiolante, il suolo si aprì in due davanti ai miei piedi, e possenti rampicanti di un cupo verde scuro si scagliarono contro il Leipreachán, abbattendolo a terra e imprigionandolo in una morsa d'acciaio.

«La bimba si è arrabbiata! Avrei dovuto immaginare che non mi avrebbe lasciato mangiare il suo tesoro» borbottò la fata con voce soffocata, cercando di liberarsi con le unghie affilate dei rampicanti che gli stavano strozzando il collo.

«Oh no...» sussurrai con una smorfia sofferente, sentendo il dolore delle piante che venivano lacerate come se fosse il mio dolore.

«Non ti lascerò uscire» aggiunsi, mordendomi il labbro fino a percepire il sapore ferroso del sangue in bocca e intensificando i miei sforzi per mantenere il Leipreachán sotto il mio controllo.

«Rowan, tienilo stretto!» esclamò in quel momento Rían, rialzandosi con un vigore incredibile – vista la sua caviglia rotta – e zoppicando verso la fata con la spada sguainata.

«Non mi potete uccidere, non potete! Siete solo degli esseri minuscoli e sudici, quasi umani, io invece sono un semidio! Non ne avete il potere, non sono uscito dai tumuli per farmi ammazzare da voi!» gracchiò in modo sguaiato il Leipreachán, dibattendosi come un forsennato e mettendo a dura prova la mia magia.

«Morirete tutti, tutti! Maledetti bastardi, vi farò a brandelli! Divorerò la vostra carne e succhierò il vostro sangue, e i vostri bulbi oculari saranno il mio dessert!» continuò ad urlare quello, sempre più agitato nel constatare che Rían gli era sempre più vicino.

«Riesci ad immobilizzarlo, Rowan?» mi domandò con un ghigno sadico la strega, facendo roteare lentamente la spada e godendosi lo spettacolo pietoso del Leipreachán che implorava di essere risparmiato.

«Con piacere» ringhiai, richiamando a me l'ultimo briciolo di energia che mi era rimesta e ordinando ai rampicanti di avvinghiarsi ancora più stretti attorno al corpo della fata.

Senza rivolgere una sola parola al Leipreachán, Rían calò la spada, proprio al centro del suo petto, con un bagliore sinistro nello sguardo. Non appena la lama trapassò la sua carne, la fata emise un gemito straziante, ad un volume elevatissimo, e tentò fino all'ultimo istante di dibattersi, come un animale.

Non appena il corpo del Leipreachán si afflosciò al suolo e il soffio della vita abbandonò i suoi occhi, un'ondata di energia mi colpì in pieno. Fui investita dall'odore della pioggia nel bosco, del muschio bagnato e della resina dei pini, udii il cinguettio degli uccelli e gli squittii degli scoiattoli, che balzavano da un ramo all'altro rosicchiando le pigne, sentii la soffice erba sotto le dita dei piedi, umida dalle gocce di rugiada che ancora brillavano come perle sugli steli verdi, e contemporaneamente percepii il bacio del sole sulla mia pelle. Sentii il sapore di sangue e terra in bocca, il profumo dei fiori e il pungente odore del freddo, la ruvida corteccia sotto i miei palmi e l'acqua corrente che mi scivolava come seta fra le dita dei piedi. L'energia della foresta scorreva dentro di me come un torrente impetuoso, e il sangue mi rimbombò nelle vene come un fiume in piena. Con un gemito di piacere mi accasciai a terra, incapace di resistere e di accogliere dentro di me tutta quell'energia e quella forza. Il cuore palpitava nel mio petto allo stesso ritmo di quello degli scoiattoli che si arrampicavano sugli abeti, e il desiderio bruciante di correre nell'erba, azzannare e divorare, sguazzare nell'acqua e godere della natura in tutti i suoi aspetti mi assalì.

Qualcuno mi posò una mano sulla spalla ed io sollevai la testa di scatto, puntando i miei occhi di predatore dentro le sue iridi scure e profonde, quasi nere.

Stirpe Di StregaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora