La cena delle rivelazioni

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Quella sera, riuscimmo sul serio ad imbucarci alla cena del Consiglio delle Streghe.

Non so di quali strani sotterfugi fecero uso i tre ragazzi Gancanagh, fatto sta che, alle sei e mezza, mio padre entrò in casa come un tornado, sbraitando: «Keira! Rowan! Mettetevi il vestito più bello che avete, truccatevi come delle star e portate il culo alla cena!».

Io, mia mamma e mia sorella, che eravamo insieme in cucina a preparare la nostra cena, sgranammo gli occhi: papà non avrebbe mai e poi mai usato un tale lessico se non fosse stato sull'orlo di una crisi di nervi.

«Forza, siete ancora qui?! Veloci, veloci! Alle sette e un quarto iniziamo! E dillo anche ai tuoi amici, Rowan» strillò di nuovo, piombando in cucina come una furia.

Io e mia sorella ci volatilizzammo e in due secondi ci ritrovammo nelle nostre stanze, indaffarate a mettere a soqquadro l'armadio.

Afferrai il cellulare e mandai un messaggio a Labhraidh che poi inoltrai anche a Michan: "Vestiti elegante, si cena alle sette e un quarto. Metti la cravatta, niente papillon!" digitai.

Già, provavo un odio profondo per i papillon: tanto trovavo sexy i ragazzi con le cravatte, tanto li trovavo ridicoli con quei cosi a farfalla.

Afferrai poi un vestito nero e lungo, con il corpetto in pizzo (che avevo usato l'anno precedente al ballo della scuola e che aveva suscitato l'interesse di Ron Cavanagh, il ragazzo più carino della scuola) e me lo infilai a tempo record.

Raccolsi i capelli in una crocchia disordinata, mi arricciai le ciocche che mi sfioravano il collo e ritoccai il trucco aggiungendo un rossetto violetto.

Woah, pronta in tredici minuti! Un record mondiale, direi.

Mi affacciai alla porta di mia sorella e, quando la vidi in mutande e reggiseno, le scoppiai a ridere in faccia.

«Vattene, sono in ritardo!» strillò, e mi sbatté la porta sul naso.

Alla fine, riuscimmo ad arrivare persino in anticipo: alle sette io, Keira e papà eravamo appostati all'ingresso del tendone e stavamo facendo entrare tutti gli ospiti. Quando passò Solamh con i suoi due compagni e mi rivolse un caloroso sorriso, mio padre mi squadrò con le sopracciglia aggrottate, ma fortunatamente non fece alcun commento.

Maledetti Gancanagh.

Michan arrivò alle sette e dieci, tirato a lucido nel suo completo nero. L'unica chiazza di colore era la cravatta azzurra, che richiamava il colore dei suoi occhi. A quanto pareva, c'era sicuramente lo zampino di sua madre.

Alle sette e quattordici cominciai ad imprecare contro Labhraidh, che non si era ancora fatto vivo. Rimasi ad aspettarlo fuori dal tendone e, quando finalmente lo vidi arrivare, camminando come se fosse in anticipo di ore, ci mancò poco che lo prendessi a sberle.

«Beh?! Ti muovi?» sbottai.

«Non posso correre, altrimenti sudo. E poi mi si rovinerebbero i capelli, e non riuscirei più a far colpo su Suanach» commentò, calmo come non mai.

Lo scrutai e mi resi conto che, effettivamente, era diverso dal Solito Labhraidh: i capelli non sembravano più il nido di un topo di fogna ma erano stati accuratamente spettinati, il completo grigio fumo gli stava a pennello ed era persino riuscito ad allacciarsi la cravatta in modo dignitoso. Un miracolo, direi.

«Alla faccia! Hai forse trovato la donna con cui passare il resto della tua vita?» gli domandai ridendo, spingendolo poi all'interno del tendone.

«Della mia vita forse no, ma della notte di sicuro!» commentò, beccandosi uno scappellotto in testa.

Gli ultimi ad arrivare furono i Daoine Sidhe, come sempre accompagnati dai loro lunghi e lugubri mantelli neri. I due attirarono subito l'attenzione dell'intera sala e, quando si tolsero i pastrani, io trattenni il fiato: non erano due uomini, bensì una donna sull'ottantina, alta come una pertica e dallo sguardo di ferro, e...

Stirpe Di StregaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora