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"Fermiamoci qui" dice Federico sedendosi su una panchina.
Mi metto di fianco a lui e appoggio la mia testa sulla sua spalla.
"Non è bello stare a contatto con la natura?" chiedo toccando un petalo di una rosa che probabilmente il vento ha portato vicino a me, poi continuo:"Non lo so, ma mi ha sempre affascinato la bellezza dei fiori e delle piante. Hanno qualcosa di magico"
"Ecco la vera Gemma" sospira Fede e si avvicina ancora di più a me, fino a quando non inizia a lasciarmi dei baci umidi sul collo.
"Dai... Fè... ci guardano tutti" dico allontanandomi imbarazzata.
Lui ride.
"Come mi hai chiamato?" mi dice senza smettere di prendermi in giro
"Non lo so" mento.
Non so cosa mi sia preso, ma in mia difesa lui, con la sua azione, mi ha provocata.
"Dimmelo" ripete lui iniziando a farmi il solletico
"Basta Fede" lo imploro ridendo come una matta
"Non la smetto finché non lo dici"
"Dai piantala Fè"
Ecco. Di nuovo.
"Lo sapevo che ce l'avrei fatta"
"Sei cattivo" dico mettendo il finto broncio
"Ma smettila. Mi piace come soprannome" dice e, vedendo che non mi volto, mi prende il mento e le nostre labbra sprofondano in un lungo bacio.
"Mi piaci quando fai il broncio" mi comunica e io sorrido.
Il telefono di Fede squilla e lui risponde.
"La limousine sta arrivando" mi avverte e ci alziamo dalla panchina per andare al punto di incontro.
Il viaggio dura poco e una volta arrivati al nuovo posto, sono nuovamente stupita.
"So che sei stanca, ma ci tengo a fare questa cosa con te" mi dice il biondo.
Davanti a noi sorge l'Empire State Building.
"Fede ma..."
"Si, lo so. Soffri di vertigini, ma è il momento di superare questa tua paura"
Annuisco.
"Come fai a saperlo?" domando
"Io so tutto" mi dice sarcastico dandomi un bacio sulla punta del naso.
Mentre parlavamo siamo arrivati all'ingresso dell'edificio.
"Fede c'è una fila lunghissima per entrare" dico osservando la moltitudine di persone che sta aspettando di poter entrare
"Avevo previsto. Tieni" mi dice tirando fuori dalla tasca del giubbotto due biglietti.
Afferro il mio e lo guardo emozionata come una bambina che guarda il suo lecca-lecca.
Ci facciamo largo tra la folla e raggiungiamo i signori che ci sono all'ingresso. Questi, non appena vendono i nostri biglietti, ci lasciano passare e in un attimo ci ritroviamo all'interno della struttura. So di avere un sorriso ebete in faccia ma poco mi importa.
"Pronta a fare attività fisica?" mi chiede mentre ci avviciniamo alla scalinata
"Con te si" dico mettendo il piede sul primo gradino.
Iniziamo a salire, gradino dopo gradino. Attorno a noi ci sono persone di ogni età, dai bambini agli anziani.
"Gemma quando rinizi a lavorare?" dice Fede tutto a un tratto
"Domani"
"Ma devi farlo per forza?"
"Si Fè" dico sicura di me
Lui sorride e poi mi dice:"Hai ancora intenzione di prendere la patente?"
"Penso di si...
"Capito"
Tutto qui? Non prova nemmeno a farmi ricredere?
Rimango leggermente basita dal fatto che non mi ostacoli in questa mia scelta, specialmente dopo la scenata che aveva fatto a cena quella sera a casa sua...
Anche se per ora non ho molta paura, visto che sto male solo quando guardo fuori, prendo lo stesso per mano Federico. Lui mi sorride e mi stringe più forte a sè.
Alle sette siamo arrivati al piano ottanta. Tutta la gente si blocca.
"Ora prendiamo l'ascensore" mi avvisa il biondino
"Cosa? Saliamo ancora di più?" dico mentre le gambe iniziano a tremarmi.
"Certo. Ma stai tranquilla, non ti lascerò la mano per nulla al mondo. Promesso"
Saliamo in ascensore e, mano a mano che saliamo di piani, mi sento sempre meno bene. Fede lo nota e mi abbraccia. Tutti ci osservano. Il panico sta crescendo dentro di me. Proprio quando penso di esplodere, le porte dell'ascensore si aprono e la folla inizia a uscire.
"Vieni" mi dice Federico guidandomi mentre le mie gambe tremano sempre di più
"Fede non ce la faccio" dico bloccandomi.
Sono al centoduesimo piano di un palazzo. Posso cadere, anzi cadrò sicuramente. Non mi muovo da qui. Non posso.
"Si, invece. Io non ti lascio qui. Ti ho promesso che non ti avrei lasciato la mano e quindi non lo farò. Facciamo questa cosa insieme. Superiamo questa paura. Io e te"
Lo guardo negli occhi.
Posso fidarmi di lui? Lui vuole la mia felicità? Mi ama davvero?
Arrivo alla conclusione che la risposta a tutte le domande è affermativa.
Gli stringo di più la mano e faccio un respiro profondo. Piano, piano ci avviamo al bordo del palazzo. Mi gira la testa e mi sento svenire. Tutto ciò che era successo anni prima mi passa davanti agli occhi. Vedo il palazzo, quel maledetto posto, le sue braccia e le urla.
Appena arrivamo al bordo del piano, Fede mi fa sedere. Rimaniamo seduti con le gambe incrociate. Appoggio la testa sulla spalla del biondino.
"Ce l'ho fatta" sussurro
"Non ne avevo il minimo dubbio" mi risponde abbracciandomi mentre mi sorride.
Guardo davanti a me. È bellissimo. C'è una vista meravigliosa.
"Guarda là" mi dice Fede indicando un punto in lontananza.
Seguo il suo dito e poi lui riprende:"Quello è il confine del Massachusset e quello è il New Jersey"
Rimango davvero estasiata. È tutto stupendo. Ci sono tantissime luci della città che illuminano il cielo ormai buio.
"È strepitoso" dico sorridendo
"Sono contento che tu ce l'abbia fatta"
Cosa posso desiderare di più di questo?
"Posso farti una domanda...personale...forse?" mi chiede fissando l'orizzonte
"Si..."
"Perché hai questa fobia?"
E ora? Cosa mi invento? Gli dico la verità?
Dopo un po' di tempo in cui ho riflettuto, decido di parlargliene.
"È successo quando avevo sei anni" inizio, cercando di ricordare tutto, poi continuo:"Un pomeriggio ero in casa da sola con mio padre. Lui stava scrivendo qualcosa su un foglio bianco e io, incuriosita, mi ero avvicinata. Dopo poco ha preso il foglio e l'ha messo davanti alla porta di casa nostra, poi mi ha presa in braccio, dicendo che aveva voglia di giocare con me. Mi portò sul tetto dell'edificio. Mi ricordo vagamente che abbiamo iniziato a salire le scale e che io, probabilmente annoiata dal gioco, iniziai a piangere. Fuori pioveva. L'unica cosa che non mi scorderò mai, sono le grida di mia madre, mentre mio padre mi aveva in braccio. Mio padre tendeva le braccia al cielo e il mio corpo era sospeso in aria. Voleva lanciarmi giù dal palazzo. Poi non ricordo più nulla"
"Oddio" dice Fede visibilmente scioccato.
"Ma la lettera? Cosa diceva?"
"L'ho ritrovata tre anni dopo. Mio padre scriveva a mia madre che quello sarebbe stato il fatidico giorno, ma non ha aggiunto altro"
"Non ne hai parlato con nessuno?"
"Non avevo amici. Non facevo niente se non stare chiusa in casa. Non avevo una vita sociale. Non l'ho mai raccontato a nessuno. Nemmeno mia mamma sa che ho letto la lettera"
"Io non so cosa dire..."
"Meglio così" dico sospirando.
Le nostre dita si intrecciano. Restiamo a guardare il panorama fino a quando una guardia non ci dice che il nostro turno è finito. Ci alziamo.
Dopo mezz'ora siamo fuori dal palazzo.
In lontananza vediamo arrivare la limousine. Sono stanca morta. Io e Fede ci sediamo vicini. Mi fa sdraiare con la testa su di lui. Mi accarezza i capelli. Ho un sorriso idiota sul viso, ma non posso farci niente. Sono contenta, felice. Ho superato una delle mie tante paure, ho riso come una matta ed è stata una delle giornate più belle della mia vita.
"Te l'ho già detto che sei bellissima quando sorridi?"
"E io te l'ho mai detto quanto mi fai impazzire?" replico a mia volta.
È adorabile. Ne abbiamo passate davvero tante insieme. Lo voglio al mio fianco per molto tempo ancora...
"Stanca?" mi domanda
"Abbastanza" rispondo
"Vieni" mi dice facendomi segno di avvicinarmi di più a lui e io lo ascolto.
Mi fa i grattini sulla schiena e io devo lottare davvero con tutte le forze contro il sonno. Proprio quando le palpebre iniziano a farsi pesanti, la macchina si ferma davanti a casa mia.
"Spero ti sia piaciuta la giornata" mi dice Fede
"È stata perfetta" rispondo.
Prima di lasciarmi andare mi da un bacio sulla guancia e mi augura la buonanotte.
Quando metto piede fuori dall'auto, un brivido di freddo mi percorre la schiena. Appena entro in casa lancio lo zaino sul divano. Mia mamma mi viene in contro e io le domando se lei sapesse della sorpresa di Federico.
"In realtà si. Mi ha chiamata l'altro ieri per chiedermi il permesso di portarti in giro per la città" dice lei ridendo
"Sei perfida! Potevi dirmelo" dico aggiungendo le mie risate a quelle di mia madre
"Allora? Com'è andata?"
"Bene. Ci siamo divertiti tantissimo"
"Meno male. Vuoi qualcosa da mangiare?"
"No, grazie. Penso che andrò a dormire" dico salendo le scale.
Entro in camera e mi metto il pigiama, ripensando alla giornata di oggi. Cerco l'elastico per farmi la coda, ma non lo trovo, così decido di cercarlo nello zaino. Appena lo apro il mio cuore si ferma. Mi ero completamente dimenticata. Afferro le due buste. Nero o bianco? Anonimo o Fede?
Decido di leggere prima quella nera.
"Come promesso hai ricevuto mie notizie. Purtroppo questa volta niente rosa, sarebbe appassita nell'armadietto. Ah la tua password è davvero banale. Spero che la giornata in città con la capra, che ti ritrovi come ragazzo, vada bene e che crolli l'Empire State Building proprio quando sarai sul piano più alto. Oggi mi sento molto gentile ahahah. Sto organizzando un piccolo incontro al quale tu dovrai partecipare, se non vuoi che accada nulla ai tuoi cari... presto, molto presto, ti dirò luogo e data"
Prendo la lettera e la rimetto velocemente nella busta, forse con la  speranza che, richiudendo il tutto, la sensazione di paura rimanga imprigionata lì dentro. Faccio un respiro profondo e, dopo essermi ripresa, decido di prendere la busta di Fede e di leggerla. Mi ricordo che mi aveva detto che avrei dovuto leggerla, mentre ripensavo al pomeriggio trascorso insieme. Così ripenso al tutto e inizio la lettura.
"Gemma spero davvero che questa giornata vada bene. Ti amo e ho organizzato questo per dimostrartelo.
Sono sicuro che riuscirai a superare tutte le prove che ho preparato. Sei tutto per me e voglio aiutarti a ritrovare quella ragazza che eri prima, sempre che tu voglia, ma ho bisogno del tuo aiuto. Devi fidarti di me. Lo so, non è facile, ma ci devi provare. Ce la farai, io lo so. Ti starò vicino, se tu me lo permetterai. Ricordati una cosa: il coraggio più grande risiede nell'essere se stessi, imperfetti, originali e unici. Amare se stessi è l'inizio di una lunga e bellissima storia d'amore. Tutti noi siamo come un'opera d'arte. Tu sei un'opera d'arte. Non potrai piacere mica a tutti, ma quando riuscirai a colpire una persona, che capisce il senso dell'opera, per quella persona avrai un valore inestimabile. Questo è quello che è successo a me. Io so chi sei veramente. L'ho capito dalla prima risata che abbiamo fatto insieme, dal tuo sguardo triste nel momento in cui facevi la stronza. Quando stiamo da soli esce la vera te, quella che ride sempre e che non è scontruosa. Con questo non ti sto dicendo che devi sempre ridere a crepapelle in qualsiasi occasione, ma sii te stessa. Se vuoi piangere, piangi. Se vuoi fare la pazza, falla. Se vuoi arrabbiarti, arrabbiati. Fai quello che ti senti di fare e non preoccuparti di quello che pensano gli altri di te. Quello deve essere il tuo ultimo pensiero. Nessuno conosce il tuo passato meglio di te e nessuno può giudicarti. Un'ultima cosa, poi prometto di lasciare giù questa penna che ho in mano da almeno un'ora. Fino a quando ti preoccuperai del giudizio degli altri, apparterrai sempre di più a loro e sempre meno a te stessa"

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