Capitolo 1: Sembrava l'inizio eppure era la fine

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"Siamo arrivati Hoseok"

Strano, troppo strano, arrivati dove precisamente? La voce di mia madre era soffice nelle mie orecchie come una mattinata d'estate, quando le prime luci dell'alba cadono sulle fresche foglie degli alberi, riscaldandoli dopo una fredda nottata passata sotto la luce delle attente stelle. Aprì gli occhi lentamente, ancora appiccicati dal sonno, rimasi un attimo ad osservarmi intorno e notai che eravamo in macchina, la mia vista era ancora un po' annebbiata, ma quello era proprio il dentro della vecchia macchina di mia madre, che ancora non ostinava a portare dal meccanico nonostante i ripetuti richiami del mio povero padre che ormai aveva perso tutte le speranze. Alzai un attimo lo sguardo e notai che dal finestrino sporco di polvere si innalzava un'altissima struttura dalla quale potevo scorgere gente di tutti i tipi che entrava e usciva tutti con la medesima uniforme grigio topo. E in quel momento ricordai: ricordai la mia vecchia e povera casa, ricordai la mia polverosa classe di scuola e il mio vecchio preside quando mi aveva consegnato la lettera di ammissione alla Bangtan. Ricordo di essere stata la persona più felice al mondo, ricordo le lacrime di mia madre e la pacca affettuosa di mio padre sulla spalla e i sorrisi dei miei compagni. Tutto quel duro lavoro aveva ripagato le nottate a piangere sui libri perché la stanchezza era tanta e il sudore era così appiccicoso che non riusciva nemmeno a scendere dalla mia fronte. Quella volta la fortuna era stata davvero dalla mia parte e essere entrato nella scuola d'arte più prestigiosa di tutta la Corea mi aveva dato speranza in un futuro dove avrei potuto ripagare la mia famiglia, che nonostante la povertà che ci aveva afflitto, avevano comunque lavorato duramente per darmi un tetto sotto cui stare e del cibo con cui sopravvivere. Non li avrei mai ringraziati abbastanza e ora che potevo avere un'opportunità per crescere e trovare un lavoro decente li avrei ripagati di tutto, avevo promesso a me stesso che c'è l'avrei fatta non mi importava del prezzo da pagare.

"Hoseok, muoviti il preside ci sta aspettando"

Mia madre era già in piedi che mi aspettava fuori dalla macchina, nel grande parcheggio adiacente alla struttura, la raggiunsi di corsa mentre due uomini vestiti con un uniforme rossa vennero a prendere quello che era delle mie vecchie valigie rovinate dal tempo. Ci incamminammo per il viale alberato che portava alla porta d'ingresso della struttura, dove alberi di ciliegio freschi di autunno perdevano le uniche foglie che erano rimaste appese. Dire che ero nervoso era poco, le mie mani sudavano e continuavo a strisciarle sui miei pantaloni sbiaditi, senza alcun minimo risultato, il nervosismo non sembrava abbandonarmi. L'immenso portone di legno era aperto e gente coreana e non sembravano troppo presi per scorgere la vecchia signora con i capelli castani quasi bianchi e il ragazzo con gli occhiali e i pantaloni neri sbiaditi dai troppi lavaggi e in quello strano lasso di tempo mi sentì meno nervoso e sotto stress.

La sala d'ingresso era un enorme cortile con al centro un bellissimo giardino giapponese composto da cascate e fiumicelli annessi che sembravano dare all'ambiente un'atmosfera quasi pacifica. Il loggiato invece era antico come la struttura ed era sorretto da delle grandi colonne bianche in stile greco, sembrava quasi di stare in uno di quei film americani in cui gli studenti abitano in un grande castello vittoriano. Mi guardai intorno, dovetti darmi un pizzicotto nel braccio, perché era troppo bello per essere vero, per quanto cliché poteva sembrare. Sembrava un bellissimo sogno da cui mai avrei dovuto svegliarmi.

Arrivammo nella segreteria della scuola, grazie ai cartelli sparsi per il cortile o ci saremmo persi quasi sicuramente. La signora dietro al vetro spesso sembrava non averci notato, mia madre si schiarì la voce e da dietro gli occhialetti rossi la signora sembrò notarci distogliendo l'attenzione da quello che sembrava un computer nascosto dal muro che ci divideva. "Salve, sono la mamma di Jung Hoseok" Disse mia madre sorridendo leggermente, l'orgoglio ancora leggibile sulla sua faccia rosea. "Ah sì! salve signora Jung e Hoseok, il preside Pd Min vi sta aspettando, vi mostro la strada" La piccola signora si alzò dalla sedia d'ufficio rossa e ci accompagnò nell'enorme sala d'attesa dell'ufficio del preside dove statue d'arte romana adornavano il pavimento a scacchi e le mura dipinte di un bianco perlato. Ci fece accomodare sulle sedie di velluto rosso fuori dall'imponente porta di legno. Si vedeva in ogni angolo della struttura che quel posto era fatto esclusivamente per gente ricca e là con mia mamma vicino e il nostro essere poveri mi sentivo fuori posto e per un millisecondo prima che il preside arrivasse, sentii come se volessi tornare a casa. Il preside arrivò con una giacca nera che costava più di tutta la mia camera ed era lì difronte a noi con un sorriso a trentadue denti con la sua faccia paffuta. La mia mente iniziò a viaggiare, spaventato da tutta la ricchezza, ma poi iniziai a pensare che forse potevo anche rimanere per un giorno o due, riguardando indietro e pensando poi a tutta la fatica che avevo messo nella danza che era diventata oramai la mia vita e ogni sforzo fatto per arrivare a quel momento, decisi che almeno una prova potevo concedermela.

Betelgeuse (Yoonseok/Sope)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora