Capitolo 27:Questo Nostro Piccolo Grande Odio

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Era un sogno, era un sogno.

Anzi no, lui era un incubo, un incubo ad occhi aperti che mi scrutava brutalmente con i suoi occhi scuri da gatto predatore. Io ero il semplice topo che pregava di non essere mangiato.

"Hoseok"

Ripeté guardandomi dall'alto al basso.

La sua voce non era arrabbiata o autoritaria. Era forte sì, ma era velata quasi da una punta di confusione che non sapevo da dove venisse. Ero io o lui? Il mio stato confusionario e stanco non mi permetteva di pensare e ragionare su tutto quello che stavano vedendo i miei occhi.

In un attimo di lucidità mi accorsi di quello che stava accadendo e non volendo stare da solo con il moretto cercai disperatamente di scappare da quell'assurda situazione.

Purtroppo, la mia anima era ancora legata alla sua, eravamo ancora due pezzi di un puzzle che cercavano di intricarsi e di creare una figura più grande. La mia ragione non voleva, cercava disperatamente di attaccarsi ad un qualcosa per restare a galla in quel mare di pensieri divisi tra il rimanere e abbracciare il ragazzo e scappare senza neanche più voltarsi indietro. Ed ero stanco, troppo stanco, da tutto quello che avevo passato negli ultimi giorni. Ero anche ferito e amareggiato dalle parole che erano uscite dalla bocca di quello che credevo fosse il mio vero amore.

Aveva smesso di essere il mio vero amore in una serata fredda di febbraio, sotto le luci tiepide dei lampioni di una via intermedia.

"Non voglio parlare con te" Dissi freddamente, guardandolo senza emozioni, creando una maschera che neanche credevo di avere. Min Yoongi aveva, purtroppo, anche questo effetto su di me. Trovava sempre nuovi metodi per farmi essere qualcuno che non ero.

"Volevo solo scusarmi e spiegarti la situazione"

Disse avvicinandosi a me con un pigiama fresco di negozio con delle righe grigie e nere, con le maniche che arrivavano oltre le sue grandi mani. Aveva le occhiaie e le piccole pozze scure snon erano lucide e aggressive come erano un tempo, sembravano spente e stanche, era più pallido del solito. Camminava come un piccolo pinguino con la ferocia di un gatto stanco e invecchiato dal tempo, saliva piano le poche scale che ci dividevano dal pianerottolo del terzo piano, come se avesse tutta la calma del mondo.

Non mi faceva pietà, anzi lo disprezzai ancora di più, volevo che soffrisse come stavo soffrendo io. Solo dopo, tornando in camera mia, mi sentì in colpa dei miei pensieri. Ma alla sola visione della sua persona provavo un odio che mai avevo provato per nessuno.

"Ti prego Hobi, lasciami spiegare" Aveva una mano al petto, come se sentisse la fitta lacerante dei miei pensieri di odio, sembrava respirare affannosamente e piano, come su un orlo di un precipizio che stava crollando proprio sotto ai suoi piedi, ma se l'era cercata questa volta.

"Non hai il diritto di chiamarmi Hobi o con nessun soprannome, te lo sei giocato molto tempo fa, mi sono stufato dei tuoi giochetti stupidi. Credevo pure di piacerti. Non ti ricordi a Natale?? O quando dormivamo insieme nei primi giorni dell'anno. Quelli sono stati niente per te?? Come puoi andare in giro con quella ragazza dopo tutto quello che abbiamo passato insieme??"

Stavo quasi urlando, nella notte quasi piena, sembravo un lupo che urlava alla luna, solo che questa luna era scura e quasi invisibile, quasi come se non volesse sentire il mio canto disperato.

Non mi importava se soffriva, se il nostro legame ci stava logorando lo stomaco, la mente. Volevo annegarlo, volevo ucciderlo. Non mi importava nemmeno se mentre uccidevo lui, anche io man mano mi stavo uccidendo. Cosa mi era rimasto se non l'acido in gola di quello che sarebbe stato tra di noi. Avremmo potuto vivere felici, seguendo il nostro legame. Se il destino ci aveva uniti in questo strano filo rosso un motivo c'era e se lui si rifiutava io non potevo farci niente, però non l'ho capì subito quella sera, mi ci vollero mesi. Eppure, ero stanco di non valere niente per il moretto, ero stanco di sentirmi sempre un gradino più basso degli altri e mentre loro avevano tutto su un piatto d'argento io avevo lavorato fino allo sfinimento e dopo tutto questo valevo sempre meno di zero, sempre preso per un poco di buono e un poveraccio.

Betelgeuse (Yoonseok/Sope)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora