Età d'oro della pirateria | Nassau è centro di scambi commerciali illegali, porto sicuro per pirati e casa accogliente di puttane e malfattori.
Henry Morgan è il governatore indiscusso di questo spietato ma meraviglioso regno.
Gwendolyn Morgan, su...
L'eco del tonfo che aveva fatto la porta quando John era andato via risuonava ancora nella stanza e pesava come un macigno sul cuore di chi vi era rimasto dentro. Non aveva dato spiegazione alcuna, pretendeva che capissero da soli. Voleva che Gwen capisse da sola la verità su suo padre, basandosi esclusivamente sui fatti, senza essere influenzata dalle sue idee. Così facendo, però, l'aveva lasciata più confusa di prima. Non aveva ben capito com'era finita la storia e non riusciva a concepire il perché di quel finale; si sforzava di pensare alla creatura che aveva scoperto di essere ma gli esiti non arrivarono, non aveva abbastanza informazioni anche soltanto per immaginare quale fosse la sua vera natura. Il volto di suo padre le si parò davanti, in un ritratto nella sua mente: non riusciva più a sorridere a quel pensiero. Pensò poi a sua madre, o meglio al ritratto che Sir Morgan teneva appeso sulla parete del suo studio. Quando era bambina passava le ore a guardarlo, di nascosto. Lentamente sentì gli occhi riempirsi e velarsi, offuscando tutt'intorno la stanza. Non riusciva a pensare, non riusciva a vedere, non riusciva a sentire alcunché. No, no e ancora no, nulla riusciva a fare. Ogni sua certezza era definitivamente crollata e da quel racconto inverosimile non aveva ricavato altro che domande. Erano rimasti in silenzio a fissare il vuoto e già le prime mosche si posavano su quella che era stata la colazione. Solo quando una di queste volò sul viso di Luke la situazione si ridestò. «Devo andare da John, ti faccio portare qualcos'altro da mangiare.» Fece per alzarsi ma Gwen si gettò in avanti, prendendolo giusto in tempo per un polso. «Non lasciarmi sola.» Lui la osservò a lungo: il viso pallido, le labbra rosee, le guance arrossate, la fronte luccicante per le goccioline di sudore. Aveva gli occhi colmi di grosse lacrime che si ostinavano a rimaner stipate tra la pelle e il blu. Le rimaneva solo lui ed egoisticamente gli fece piacere. Poi si spaventò di quella cosa ma rilassò comunque i muscoli, sentendo il suo calore intorno al polso. «Gwenny...» «Stasera dobbiamo partire, resta con me soltanto ora.» Ne aveva un disperato bisogno. Sospirando, Luke tornò seduto, stavolta sul bordo del letto. «Mettiti accanto a me.» Deglutì, la guardò con gli occhi un po' più spalancati ma si lasciò ipnotizzare e seguì le sue istruzioni, non prima di aver lanciato un'occhiata alla porta chiusa. Steso supino, con il fiato corto, guardava il soffitto rossastro. Lo immaginò diventare sangue e piovergli addosso, lo vide scivolare lungo le pareti come fango, in fine sentì Gwen farsi in po' più vicina e dimenticò le sue strambe visioni. Non si resero conto di somigliare ai due personaggi della storia che avevano ascoltato prima. Stringendosi a lui, Gwen lasciò che le lacrime le bagnassero prima il viso e poi la camicia da notte. «Non saremo mai così soli, puoi stringermi se ti va.» Gli andava? Desiderava stringerla a sé con ogni fibra del suo corpo. E l'amava, per Dio se l'amava, con ogni cellula del suo corpo. Ogni giorno quelle cellule morivano e ne nascevano di nuove che l'amavano più intensamente. Non sapeva com'era successo, non poteva certo dire quando, ma lei era la creatura più pura che avesse mai conosciuto. Pensò per un attimo a John con la sua Alie ed ecco che capì quella purezza da dove veniva. Non glielo disse ma la strinse, anche se non poteva farlo. Non doveva, per il suo bene. Si sentì debole ed egoista ma decise che se nessuno li avrebbe visti, forse, il tutto poteva essere meno reale. «Ti va di raccontarmi di te?» chiese incerta, ora che si trovava davvero tra le sue braccia non le pareva vero. Per tanto tempo aveva immaginato cosa si provasse a lasciarsi andare ai sentimenti, ad accasciarsi contro qualcuno senza dover reggere il proprio peso da sola. Si sentì molle e cominciò a tremare, ma non per il freddo. Erano viso contro viso adesso, accaldati e con i cuori impazziti. Fu felice che in quel momento così brutto lui fosse lì, la sua voce la tranquillizzava. «Sono nato in Francia.» Gwen sorrise e glielo fece notare, non se lo aspettava. «Mi hanno abbandonato davanti alla porta di un bordello, o mia madre voleva essere simpatica o aveva qualcosa contro la chiesa, è lì che si lasciano i bambini indesiderati di solito.» La strinse più forte sentendola tremare ed interruppe la storia per chiederle se avesse freddo. Lei scosse la testa ma comunque non riuscì a tranquillizzare i muscoli, andavano da soli. «François...» «François aveva vent'anni o poco più, posso dire che è stata una madre per me ma... Non in senso così "biblico".» ridacchiò. Non aveva mai raccontato quella storia, John soltanto la conosceva ma a grandi linee. Senza darle neanche il tempo di pensare continuò a raccontare, in modo tanto sereno e placido da farla smettere di tremare. Arricciava la bocca quando parlava, protendeva le labbra quando pronunciava determinate lettere, quel suo modo di fare le era sempre piaciuto. Le raccontò dei primi anni della sua vita al bordello, di come era cresciuto con le prostitute e di come, all'età di sette anni, era arrivato con le sue madri e sorelle a Port Royal. Lì era cambiato tutto, aveva otto anni quando diventò adulto. Si bloccò, doveva dirle tutto? Non poteva, Gwen lo avrebbe visto con altri occhi. Con vergogna, continuò la storia inventando il resto. Omise gli anni dell'adolescenza, non le parlò di come aveva vissuto il sesso e di tutte le donne con cui era stato fin da giovane ma le illustrò per filo e per segno i suoi primi anni da marinaio. «E pirata come ci sei diventato?» «Dovevo scappare definitivamente. Il doppio lavoro, prima da mastro Tuc e poi sui pescherecci, non mi fruttava abbastanza denaro. Jonathan fu il primo uomo da cui presi esempio e anche se non era troppo più grande di me, lui aveva vissuto. E da come ne parlava alla taverna aveva vissuto davvero alla grande. Denaro, tesori, spezie e tessuti, donne e sangue, e niente amore. Lo seguii ed eccomi qua.» concluse di fretta. Una frase però rimase impressa nella mente di Gwen e a furia di pensarci le tornarono il tremolio e i brutti pensieri. Non voleva chiedergli perché "niente amore", ebbe una paura blu. Sapeva che ci sarebbe rimasta male perché, in cuor suo, sapeva anche cosa provava per lui. Ora sapeva che si trattava di un sentimento non ricambiato, se ne autoconvinse rimuginando su quelle parole. Aveva ascoltato tutta la storia ad occhi chiusi e riaprirli fu per lei un colpo al cuore: Luke, a pochi centimetri dal suo viso, la osservava con i suoi languidi occhi di ghiaccio. Sospirò profondamente, lui fece lo stesso. "Niente amore" Non era possibile. Sentì il cuore di Luke rimbombare accanto al suo. «Non è possibile.» pensò ad alta voce. Lentamente, senza sapere cosa stesse facendo, si sporse in avanti e gli sfiorò le labbra con le sue. Una scarica elettrica le attraversò la schiena e si abbandonò a piccoli spasmi, ansimando sulle sue labbra carnose. «Perdon...» Senza lasciarla terminare, Luke la strinse più forte; con le mani dure la prese per i fianchi e la attrasse al suo corpo, come se quello fosse stato un bisogno primordiale. Allentò la presa ad una mano e lasciò scivolare i polpastrelli callosi lungo la coscia coperta dalla sottile camicia da notte; con una delicatezza nel tocco che Gwen non immaginava appartenergli, continuò a delineare il contorno della coscia sinistra di lei, fermandosi solo al bordo in pizzo dell'abito. «Promettimi che mi perdonerai per questo.» boccheggiò impaziente. «Luke, io...» «Fermami, o prometti di perdonami.» ringhiò duro, poggiando la fronte sudata su quella di lei. Gwen annuì con foga e lo lasciò fare, abbandonandosi al suo tocco. Luke sfiorò finalmente la pelle nuda e fresca, agguantò la coscia e se la tirò sul fianco cercando di essere meno rude e volgare possibile. Continuò a guardarla negli occhi, le carezzava la pelle della gamba in tutta la sua lunghezza ma non osava avvicinare le labbra alle sue. Era Gwen che tentava di sfiorarlo invece, tutta tremante come un pulcino. Lo sfarfallio nel suo stomaco andava via via trasformandosi in un piccolo uragano. Luke non aveva intenzione di possederla ma aveva bisogno di sentire il suo calore, il pulsare vivo sotto la pelle, di fiorare con le dita l'innocenza delle sue gote. Di amarla, una volta soltanto. La ribaltò e si adagiò sopra di lei, schiacciandola con il suo corpo senza farle male. Le prese il viso tra le mani e con i pollici le carezzò le guance. Lo sguardo, da che era fisso nei suoi occhi blu, gli cadde più e più volte sulle labbra umide e dischiuse in sospiri. «Fallo, ti prego.» ansimò Gwen stringendogli la pelle della schiena. Luke strizzò gli occhi e una lacrima andò ad infrangersi proprio sul viso di lei, evaporando subito tanto che era caldo. Non se lo fece ripetere due volte, dopo averla guardata un'ultima volta la baciò, delicatamente mosse le labbra contro le sue. Tentò di dischiuderle con la lingua e, dall'altra parte, Gwen non oppose resistenza. Era dunque così baciare qualcuno? Si chiese la fanciulla. Era forse inferno e paradiso insieme? Scottava, fremeva, era morbido e forte, quel bacio. Si baciarono tanto forte da non respirare, staccarsi era per entrambi impensabile: temevano che, se l'avessero fatto, non avrebbero più trovato il coraggio di unirsi di nuovo. D'improvviso il chiasso del piano inferiore divenne chiaro e nitido, uno spostamento d'aria distrusse l'atmosfera, qualcuno aveva aperto la porta. «Ma che diavolo, staccatevi.» sbraitò Jonathan Barlow entrando a grandi falcate e richiudendosi la porta alle spalle con un tonfo. Si allontanarono l'uno dall'altro di malavoglia ma con lo stesso impeto con cui si erano cercati. Gwen si mise a sedere ricomponendosi alla meglio e Luke si alzò in piedi barcollando, Johnatan dovette trattenersi dal prenderlo a pugni. «Non lo voglio sapere, abbiamo cose più importanti a cui pensare – guardò in tralice Luke, lo avrebbe rimproverato dopo – Gwen, hai parlato con qualcuno ieri sera?» chiese riconcentrandosi sulla ragazza, ancora frastornata. Lei scosse la testa, la sentiva pesante. Una fame improvvisa le fece brontolare rumorosamente lo stomaco ma nessuno ci badò, Jonathan era preoccupato e Luke sconvolto per ciò che aveva fatto, solo adesso se ne rendeva davvero conto. «Pensaci bene Gwendolyn.» E Gwendolyn ci pensò bene ripercorrendo con la mente gli avvenimenti della notte prima: i passi sul selciato bagnato, la fitta pioggia, qualcuno che chiamava il suo nome, l'ombra, il buio. «Un'ombra!» Jonathan si passò una mano sul volto per asciugarsi il sudore freddo. «Conosceva il tuo nome? Ti ha chiamata?» Lei annuì con la bocca mezza aperta, lo aveva completamente scordato. «Ti hanno trovata, dobbiamo andarcene.» Come un pazzo le scagliò addosso dei vestiti puliti intimandole di prepararsi alla bell'e meglio, ignorò con un gesto della mano Luke che gli faceva domande e, senza uscire dalla stanza o anche solo aspettare che finisse, alzò di peso Gwen dal letto. «John, dimmi se è colpa mia.» gli urlò Luke spazientito, riuscì ad attirare l'attenzione solo perché lo prese per la camicia. Stava per piangere, e lui non piangeva mai. Sapeva che aveva rischiato grosso lasciandosi amare, lo avevano avvisato e ora Gwen era in pericolo. Il peso del dubbio lo uccideva. «No Luke, lui non sa ancora nulla. E' un'altra... cosa.» Scendendo le scale si scontrarono con parecchie donne mezze nude e altrettanti uomini ubriachi, loro andavano di corsa; non riuscirono neanche a ringraziare Françis per l'ospitalità, che intanto li guardava da lontano. «Jonathan, che è successo?» Non le rispose, la teneva per un braccio e non si sarebbe fermato finché i suoi piedi non avessero toccato il ponte della RedMary. Corsero lungo il molo e salirono di corsa sul vascello, due minuti dopo partirono. La ciurma era già pronta e in attesa di ordini, non capivano il senso di una fuga così drastica e ma seguirono i comandi del loro capitano senza fiatare. Nel cielo tinto di rosso un mezzo spicchio di sole stava scivolando dietro l'orizzonte. Calò definitivamente che erano già lontani dal porticciolo di quell'isola misteriosa, la Piccola San Salvador.
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Il mio capitolo più lungo, spero non vi abbia annoiato 🌺