XXXIX.

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le lame sono state riunite

la maledizione deve essere spezzata,

a chi brancolava nel buio torna il suo alito di vita,

tutto torna al mare.


La piccola isola di New Providence fu inghiottita dalle acque.

Per qualche istante il mondo agli umani conosciuto lasciò posto a una realtà che nessun uomo in terra avrebbe mai immaginato di vedere da vivo, o da sobrio: maestose creature dagli occhi crudeli e gialli di vendetta, bellissime donne senza tempo alla guida di bighe di corallo, trainate da esseri deformi, e migliaia di forme indistinte si riversarono per le strade, ingorgarono gli anfratti, si ritirarono e risalirono ancora; si insediarono inevitabilmente in ogni cunicolo, in ogni vaso o botte, in ogni dimora trovata sul loro cammino, prendendone la forma e riempiendole con la loro soffocante presenza.

La gente della città si trovò brutalmente destata e, chi aveva già perso il sonno, vide con i propri occhi la crudeltà dell'onda che li aveva travolti. Era colma di vita e la sentirono, soprattutto quando l'acqua si insinuò nelle loro gole fino a gonfiargli i polmoni: a quel punto, molti umani persero i sensi.

Quando l'esercito del mare giunse sulla terraferma Gwendolyn e Jonathan erano alla ricerca disperata di Sir Morgan. Dopo non averlo trovato ad Alicante, si erano recati in quello che un tempo era stato il suo studio e, percorrendo silenti il corridoio dell'edificio ancora avvolto dalla foschia dell'alba, avevano sentito il vecchio corsaro chiamare aiuto.

Temendo lo sguardo della ragazza, Jonathan si era sbrigato ad aprire la porta con una spallata e si erano trovati al suo cospetto. Il pesante spadone tra le mani, Gwendolyn non era riuscita a trattenersi e gli si era gettata al collo.

«La mia bambina... La mia bambina è tornata da me.» continuava a ripetere il vecchio, riprendendo un po' di colore sulle guance.

E Gwen piangeva disperata, lasciandosi finalmente andare. Lui le aveva chiesto il perché di quel pianto, lei aveva stretto la presa sulla spada senza però essere in grado di rispondere.

Poi il pastore del gregge marino era arrivato, mandato da Nereo a recuperare la sua bambina, sommergendo la terra per quelli che sembrarono mille anni.

In realtà tutto ciò durò pochi secondi soltanto ma, quando le acque si ritirarono, le creature umane si sentirono pesanti, più vecchie, terribilmente stanche.

«Barlow?»

Henry Morgan lo vide solo allora, attraverso la vista appannata dall'acqua salata. La voce gli uscì in un roco lamento, poi vomitò e sputacchiò il bruciore che aveva in corpo.

«Tutto qui? – chiese Gwen sconcertata, puntando la lama tra le fughe di legno e facendo leva per mettersi in piedi – Un poco d'acqua?»

Aiutò suo padre a rimettersi in piedi, tossiva ancora convulsivamente, teneva gli occhi strizzati.

«Non può essere, c'è altro Gwen» nervoso, lo sguardo di Jonathan saettava da una parte all'altra della stanza. Cominciò a misurarla a grandi falcate, scostando cuscini e aprendo cassetti, aspettandosi di trovare chissà cosa.

Intanto Henry Morgan si era ripreso abbastanza da aprire gli occhi e capire cosa aveva tra le mani sua figlia: Durlindana si chiamava la spada che portava, forgiata da Weland il fabbro e donata ai più grandi condottieri dell'antichità, da Ercole a Carlo Magno; di battaglia in battaglia, in ogni duello vincente, fino a che un folle eroe, distrutto dalla gelosia, non l'aveva gettata nell'oceano colto dall'ira, quando la sua amata era andata via con un amore nuovo.

Sturm und Drang - Tempesta ed ImpetoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora