XII.

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Alle volte, quando non sii ha nulla, anche la minima cosa vale oro. Altre volte invece si ha tutto e il letto di un bordello vale meno di zero.
Gwen sentì dapprima l'odore del sapone di Marsiglia e sorrise ricordando Margaret e il suo bucato; sentì poi la morbidezza di un cuscino sotto la testa dolorante, un lusso che le era stato a lungo negato sulla nave. Si convinse allora di essere nel letto della sua stanza, nella tenuta sulla sua bella isola, e per un po' stette in pace con se stessa.

«Chiamate Françis, si sta svegliando.» fece una sconosciuta voce femminile dall'accento strano.

I rumori nella stanza riportarono definitivamente la ragazza alla realtà, facendole ricordare gli avvenimenti della notte dopo la festa. Pensò che forse era passato molto tempo, che forse non era più in quel villaggio ma nella grotta di un drago sputafuoco ed era stata l'ombra a portarla lì. Decise di aprire gli occhi per guardare in faccia il suo rapitore ma con sorpresa ingiustificata notò di essere in una stanza. Fece scorrere lo sguardo tutt'intorno per memorizzarne ogni dettaglio: era ampia e luminosa, il soffitto era dipinto di un palissandro rovinato e le pareti, azzurre e disadorne, erano decorate con ghirigori dorati stile rococò; i pochi mobili erano in legno e dall'aspetto pregiato, il letto a baldacchino su cui era stesa era riccamente intagliato.

«Dove mi trovo?» le venne spontaneo chiedere.

Quella stanza, soltanto un secolo prima, doveva essere lussuosa e regale ma ora, con un'occhiata più attenta, si notava invece l'usura del tempo: dalle pareti annerite dal fumo e dalla polvere, al legno dei mobili mangiato dai tarli, alla tappezzeria consumata.

La ragazza seduta accanto al letto si limitò ad osservarla senza dire alcunché, aspettando l'arrivo di Françis, la loro maitresse. Quando questa, in tutta la sua maestosità da "donna anziana", mise un piede nella stanza, la ragazza le fece un veloce inchino e corse fuori, chiudendosi la porta alle spalle.

Quando Gwen la vide scattò a sedersi rossa in viso, cosa di cui si vergognò e pentì subito. Ormai era anche abbastanza sveglia da notare, alla luce del giorno, i segni dell'età sul volto della donna ma questa cosa non la rassicurò e il bacio che aveva dato a Luke le tornò in mente come un fulmine a ciel sereno.

Se non fosse stato per quello, pensò, le sarebbe addirittura piaciuta.

«Come ti senti chérie?» chiese sedendosi sul letto.

Gwen si accorse di non avere più i suoi vestiti addosso, le avevano anche tolto la fascia che le stringeva il seno e la collana che le aveva regalato Luke. Al loro posto una delicata camicia da notte femminile le carezzava il corpo.

«I tuoi vestiti erano sporchi, abbiamo fatto lavare tutto.» rispose Françis a quella sua domanda muta. Un brivido le attraversò la schiena al pensiero di mani sconosciute che la spogliavano nel sonno, arrossì ma cercò di nascondere l'imbarazzo.

«E Luke? Mi ha portata lui qui, immagino.» chiese senza pensarci, lanciandole uno sguardo tagliente. Una fitta di dolore le colpì le tempie.

«Oui, è stato lui. E' andato dal capitano Barlow per avvertirlo – rise calcando l'accento, non sembrava cattiva – a momenti dovrebbe essere qui.»

Le accarezzò una gamba ma Gwen si ritrasse d'istinto; allora la donna si alzò e continuò il suo discorso girando per la stanza.

«Era disperato quando sei sparita. Ti ha trovata quando ha smesso di piovere ma era notte fonda.»

"Ma io ho fatto smettere di piovere, ero sveglia. Sono dunque scappata per ore?" si chiese frastornata la ragazza e subito rise interiormente del suo assurdo pensiero: non poteva essere stata lei a far smettere di piovere, le persone non controllano la pioggia.

Sturm und Drang - Tempesta ed ImpetoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora