XXX.

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Tra la fiumana di gente che si riversava nei giardini spiccavano tre figure in particolare. A primo impatto vedevi Killian Jones, bellissimo nel suo abito nero e con l'uncino appena appuntato al posto della mano mancante, che avanzava a forza controcorrente. A distinguersi dalla massa era anche Richard Locke che disperato, disfatto, invecchiato di cent'anni nei precedenti minuti, giaceva tra i cocci di vetro del suo amore distrutto. Poi ci stava una figura piccola e sfuggente, più lontana delle altre, che come il padrone di casa avanzava a carponi sul pavimento pieno di schegge, alla disperata ricerca di qualcosa.

Luke e Gwen erano arrivati lì correndo mano nella mano, si erano presi nella confusione come se fosse la cosa più normale del mondo e a quel modo continuarono a correre finché non raggiunsero il centro del disastro. Mentre Luke andò da quello che credeva essere suo padre, Gwen corse in contro a Killian, appesantita da un certo senso di colpa.

Lo aveva lasciato solo senza curarsi delle conseguenze. Si era lasciata travolgere dalle emozioni, di nuovo, e la ferma convinzione che lo avrebbe fatto ancora le cresceva in petto. Trovarselo ora davanti con la consapevolezza dei suoi errori le impediva di guardarlo negli occhi.

«Troviamo la lama e andiamo via.»

Se la levò davanti spingendola di lato e continuò ad impartire ordini sia a lei che a George Moore, accorso appena udito lo schianto.

Nonostante avrebbe dovuto starsene buona e ascoltarlo, Gwen non poté fare a meno di osservare Luke e Richard Locke dall'altro lato del salone ormai in penombra. Imbambolata e con gli occhi annebbiati, lo guardò consolare quell'uomo che in realtà non avrebbe dovuto conoscere e desiderò di andare a prenderselo per portarlo a casa con sé. Ma il ragazzo non aveva mai avuto un padre da rendere fiero, una casa accogliente dove tornare, e solo per un attimo pensò che se il suo era amore avrebbe dovuto lasciarlo lì, in quella gabbia dorata fatta di affetto e ignoranza. Anche se quella realtà non gli apparteneva, forse, avrebbe potuto trovarci la sua pace.

E fu mentre faceva queste riflessioni che le schizzò davanti la terza figura, quella a cui nessuno aveva badato fino a quando non si era messa a correre con qualcosa di luminoso tra le mani.

Piccola e tozza, tutta nera, veloce come un razzo. Urla e bestemmie fecero scattare i tre pirati che da direzioni diverse le si precipitarono addosso: Charles chiuse l'unica porta rimasta aperta; Killian le si parò davanti facendole cambiare strada; Gwen fu travolta in pieno dalla piccoletta che nella confusione aveva smesso di guardare dove andava.

Ad andarle in contro non furono soltanto i due compagni ma anche Luke che, in un momento di distrazione generale, aveva lasciato Richard Locke nelle mani di una domestica.

«Signorina Elizabeth, state bene?»

Mentre Charles, divertito come un ragazzino, cercava di trattenere l'esserino rivelatosi una scimmia cappuccina, Killian le aveva strappato dalle zampe il pezzo di lama e già scansava Luke per aiutare da sé Gwen a rialzarsi.

«Andiamocene.»

Palesemente furioso la prese per la nuca e cominciò a spingerla verso l'uscita, ordinando a Charles di smetterla di giocarci e di ucciderla, quella dannata scimmia.

Frustrata, Gwen se ne restò sorprendentemente buona. La cena le era risalita in gola e al momento rappresentava tutti i sensi di colpa che la attanagliavano, tutti i fallimenti che man mano le si accumulavano sulle spalle. Quella serata si era rivelata un completo disastro eppure non le importava. Ora pensava alla vergogna. Si vergognava del modo in cui era stata con Luke, nei giardini; aveva scordato tutto e per un attimo era stata davvero Elizabeth Turner, una ragazza probabilmente bionda lontana anni luce da lei, pronta a baciare il suo amore perduto. Aveva scordato il peso del suo incarico e di quello si vergognava profondamente.

Sturm und Drang - Tempesta ed ImpetoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora