I.

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Luke fu richiamato dal suo capitano pochi minuti dopo: Jonathan era andato di persona a cercarlo, senza chiedere ad uno della sua ciurma come faceva di solito. Sapeva che appena ne avesse avuto l'occasione sarebbe andato da lei, sapeva del regalo che le aveva fatto e ancor meglio sapeva dell'amicizia tra i due.
Gwen, rimasta sola ma sentendo il sole batterle troppo forte in testa, decise di cercare un po' d'ombra dove iniziare la sua nuova lettura.

«Signorina Gwendolyn, per l'amor del cielo, dove ha preso questo vestito?» le urlò la cuoca quando la vide rientrare per il pranzo dalla porta di servizio.
Lei non capì, si guardò il vestito umido e sgualcito e fece spallucce. «Sono stata in giro, perciò è bagnato, lo sai Margaret.»
«Macché bagnato, è la nuova camicia da notte che vostro padre ha fatto arrivare dall'Inghilterra, era un regalo.»
Era uscita in camicia da notte. Il pensiero di ciò diventò un po' più reale quando Margaret glielo ripeté una seconda volta. In un primo momento arrossì violentemente pensando al fatto che l'intera Nassau l'aveva vista così, che ci aveva fatto proprio una figuraccia, poi cominciò a ridere. Prima piano, con una risata nasale che poi diventava via via sempre più vera e cristallina.
«Fa molto caldo oggi, credo di essere giustificata.» Sorrise e trotterellando si avviò verso la sala da pranzo, dove avrebbe consumato in solitudine il suo pasto.
Suo padre non pranzava con lei da anni ormai, se non nelle occasioni importanti, e come tutti gli altri giorni era nel suo ufficio ad amministrare conti, merci, ciurme e tutte le altre questioni dell'isola. Tutte nel vero senso della parola perché a capo di qualsiasi cosa c'era lui. Era un po' una dittatura se vogliamo puntualizzare ma stava bene a tutti perché a tutti entrava, bene o male, qualcosa in tasca.
Gwen mandava giù cibo senza sapere cosa stesse effettivamente mangiando, avvicinava alla bocca una forchettata dopo l'altra in modo meccanico perché la mente era concentrata sul libro che le era stato regalato quella mattina. Lo avrebbe finito in poco tempo, lo sapeva e se ne dispiacque.
Quando finì il suo pranzo decise di conservarsi, di riorganizzare il suo tempo libero in modo da far durare di più quella tanto avvincente lettura. Avrebbe certamente riposato un paio d'ore, faceva troppo caldo per scendere in strada. E poi? Poi avrebbe fatto un bagno per rinfrescarsi, si. E il resto della serata? Erano appena le due del pomeriggio, si sarebbe destata alle quattro e un'ora in acqua bastava e avanzava.
Decise che sarebbe andata alla taverna a dare una mano dietro al bancone perché l'idea di fare qualcosa del genere la elettrizzava.

Quando Gwen, vestita con uno dei suoi abiti più semplici, mise piede nella taverna, in un primo momento nessuno la notò. L'abito marrone e blu, senza decori particolari, le permetteva di mimetizzarsi perfettamente in quella massa informe di colori terrosi: il mobilio di legno, le pareti incrostate di sporco, gli abiti dei marinai, la loro pelle bruciata e così via.
Attraversò lo stanzone scansando un paio di ubriachi e arrivò al bancone sorridendo.
Conosceva il proprietario, Mastro Tuc lo chiamavano. Attese che questi la notasse e poi, con uno dei suoi sorrisi migliori, gli chiese se aveva il permesso di aiutarlo.
«Ma signorina Morgan, non potrei mai...»
«La prego, mio padre non lo verrà a sapere.» insistette lei ma quell'omone, indignato, continuava a negarle il permesso di far qualcosa.
«Sarò sincera, io mi annoio. Non ho molto da fare in giro e un'ora qui mi divertirebbe.»
Si rese conto solo ora dell'idea folle che aveva avuto. Si sentiva stupida e, guardandosi intorno, anche un po' imprudente, ma questo per lei era ormai normale. Con tanti possibili posti in cui sarebbe potuta andare per dare una mano aveva scelto proprio la taverna, con tutti i suoi pirati e le sue prostitute, e gli ubriachi e i malfattori e tutta la feccia che poteva vagare per mare e per terra. Non capiva perché, istintivamente, aveva deciso di andare in quel luogo.
Le persone cominciavano a notarla perché, nonostante il baccano, quando mastro Tuc rimaneva troppo in un posto si notava subito, ad occhio.
«La nostra giovane Gwen è venuta a trovarci eh?» fece una voce alle sue spalle. Si voltò di scatto e riconobbe subito il capitano Barlow avvicinarsi, con i suoi capelli lunghi e i suoi muscoli pronunciati che si vedevano attraverso la camicia. Aveva in mano una pinta vuota che sbatté sul bancone chiedendo di riempirla, era evidentemente ubriaco.
«La signorina Morgan - cominciò mastro Tuc, calcando il nome della ragazza in tono di rimprovero - Sta anche andando via.» continuò guardando adesso lei con la stessa espressione.
«Permettetemi di offrirvi qualcosa!» proclamò John facendo uno dei suoi teatrali inchini. Gwen non era preoccupata, si sentiva anzi sollevata di vedere un volto amico. Guardò alle sue spalle, mentre si piegava nell'inchino, sperando di scorgerne un altro.
«Tornatene da dove sei venuto Barlow, la signorina non deve toccare alcol.»
Lo faceva per il bene di Gwen e per la paura che aveva di Sir Morgan ma la ragazza era cocciuta e ormai si trattava quasi di una sfida personale. Aveva sempre ricevuto proposte del genere da quel Jonathan Barlow ma per decenza aveva sempre rifiutato.
«Accetto con piacere Signor Barlow.» gli sorrise e fece a sua volta una riverenza.
Mastro Tuc rimase ancora qualche secondo a fissarli sconcertato, poi lasciò cadere le braccia con un verso arrendevole e versò due boccali di birra.
«Sono onorato di bere con voi - biascicò alzando un angolo della bocca, anche lui provava affetto per la giovane - Alla vostra salute allora!»
I due brindarono, lui con foga e lei poco convinta ma finì comunque per trangugiare l'intero contenuto del freddo boccale in peltro.
In quel momento entrò Luke e, ancora sulla soglia sussurrò a se stesso il nome dell'amica, incredulo.
Era affannato, aveva gli occhi sbarrati e sembrava che portasse un messaggio importante ma quando la vide scordò tutto.
La raggiunse a grandi falcate e le prese il bicchiere da mano. I loro occhi si incrociarono, Gwen era imbarazzata ma un luccichio nei suoi begli occhioni lasciava immaginare che ci fosse dell'altro.
Voleva rimproverarla ma, nonostante il tempo si fosse fermato per un attimo, ricordò quello che stava per dire.
«Ci attaccano!» urlò senza distogliere il suo sguardo amareggiato da lei.
Ripeté quelle parole più forte, salendo sul bancone, più di una volta, ma ormai era troppo tardi.
La porta della taverna si spalancò facendo un rumore sordo, si sentirono degli spari di fucile, poi le urla e il panico. Infine la polvere, il fumo e il cozzare delle lame.
Tutti i pirati che ancora si reggevano in piedi si lanciarono contro i presunti aggressori ma nella mischia non si  distingueva più chi fossero i buoni e chi i cattivi. Gwen trovò il tempo di chiedersi se i pirati di Nassau potessero essere effettivamente considerati buoni ma subito dopo si sentì in colpa per questo pensiero.
Anche Jonathan Barlow era partito alla carica e Mastro Tuc aveva cominciato a sparare da dietro al bancone.
Aveva deciso di andare a "fare qualcosa" nel posto più pericoloso della città, questo ormai era appurato.
Sentiva la testa girarle vorticosamente e quando ebbe un lieve mancamento qualcuno la resse per le spalle.
«Luke...»
Lui capì che si trattava del suo nome solo guardandole le labbra umide, anche se queste si mossero appena.
Le altre donne, o quel che fossero, erano tutte scappate a nascondersi al piano superiore, ma loro non erano la figlia del governatore.
Il ragazzo continuava a tenerla per le spalle , doveva trovare una soluzione alla svelta anche se l'idea che gli venne in mente era la meno appetitosa che avesse mai avuto.
«Ti fidi di me?» le urlò sovrastando il caos totale.
Gwen annuì. Si sentiva come avviluppata da un fumo denso e bianco, come in un banco di nebbia, distante dal mondo e dai suoi simili. Solo le mani di Luke la tenevano legata alla realtà che stava vivendo: questi la prese per la vite e la spinse sul bancone facendola poi scivolare dall'altra parte. La seguì subito, saltando senza sforzi.
Nessuno li notò, neanche mastro Tuc che era troppo occupato a non farsi uccidere.
Erano accovacciati su un bel tappeto tanto rovinato e tanto sporco da aver perso colori e disegno. Luke ne alzò un lembo, poi alzò l'altro e infine fece spostare Gwen di lato per alzare la stoffa quanto bastava perché scoprisse una botola.
Gwen lo guardò come a chiedergli se fosse pazzo ma era abbastanza intelligente da capire che non c'era altra soluzione: saltò nella botola che, per sua fortuna, non era troppo profonda.
Lui la seguì, facendo attenzione a richiudere tutto in modo che il tappeto coprisse alla meglio quella via di fuga.





Spero non vi dispiaccia che nel mio immaginario il capitan Barlow è Zach McGowan, Charles Vane nella serie tv Black Sails (ve la consiglio) ♡

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Spero non vi dispiaccia che nel mio immaginario il capitan Barlow è Zach McGowan, Charles Vane nella serie tv Black Sails (ve la consiglio) ♡


Altro capitolo scritto in fretta e furia ma ho davvero bisogno di pareri su questo inizio veloce, su questa piega repentina.
Lasciatemi una stellina se volete il continuo
Alla prossima -3-

Lou

Sturm und Drang - Tempesta ed ImpetoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora