XXXVIII.

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Albeggiava, e meravigliosamente oserei dire. Nessuno avrebbe mai pensato che una tempesta fosse alle porte di Nassau. Il cielo era calmo, terso, con i suoi fasci di luce dalle infinite tonalità pastello; la luna pallida lasciava spazio a un timido sole autunnale e le stelle scomparivano, una alla volta, coperte dalla luce nascente.

Gwen aveva estratto dall'immensa fontana al centro del labirinto il pezzo mancante. Era stato incastonato nella brocca di Calipso, dalla quale partiva il ciclo di quelle acque. Come Richard Locke aveva utilizzato l'artificio dei cristalli, il grande Henry Morgan si era servito del corso delle acque per diffonderne la luce. Gwen aveva riso amaramente a quel pensiero e ora teneva davanti a sé i tre pezzi di un'unica spada, distrutta vent'anni prima, pronta a tornare integra. Ma come fare?

Le aveva avvicinate e si era scottata la pelle; tanto che brillavano, sentiva gli occhi in fiamme.

Non aveva mai pensato a quel dettaglio.

Si disperava, accasciata sull'erba umida di rugiada, con il grido del mare che le pulsava in gola e le membra stanche, quando si sentì chiamare. Era la brutta voce di Long John Silver che la cercava.

«Come devo fare? – urlò a sua volta – Silver! Silver, mi senti?» l'eco della sua voce le ronzò fastidiosamente intorno, rimbalzò sulle pareti d'erba e attraversò le gallerie, ma Long John parve non sentire.

«Per Dio, Gwen, dove sei?»

Ancora Gwen rispose, chiamandolo a gran voce, e ancora rimase sola con i fantasmi del labirinto.

Frustrata e abbandonata a sé stessa, si lasciò cadere sulla schiena; sentì l'erba pungerle le gambe attraverso i pantaloni di calicot e l'umidità del terreno penetrarle nelle ossa. Aveva freddo, chiuse gli occhi.

La chiamarono altre volte, distinse la voce di Charles Moore, di Jonathan e di Luke. Chiamò anche lei, senza risultati.

Attese, non sapeva esattamente cosa, ma raccolse l'aria e strinse nei pugni un ciuffo d'erba fino a imprimere piccole cicatrici a forma di mezzelune sui palmi delle mani, poi urlò.

Un grido che spezzò l'aria e la liberò dalla sonnolenza, dalla tensione, dalla paura di quegli spifferi del passato. Fu subito seguito da una scarica elettrica che tagliò a metà il cielo, l'aria vibrò, ma lei non se ne accorse.

Si alzò a sedere con gli occhi in fiamme, il viso messo peggio. Accaldata e sudata, si mise in ginocchio accanto ai pezzi della spada distrutta; guardò le mani insanguinate, piccoli pezzi d'erba vi erano rimasti appiccicati. Non sentiva dolore, pensò sorpresa. Si strofinò il naso con un braccio e strofinò tra loro i palmi delle mani; poi, come se fosse la cosa più normale del mondo, prese la punta e l'elsa della spada e le unì alla lama di mezzo. Vi passò sopra le mani, tagliandole e bruciandole, ma di nuovo non sentì dolore. Questa volta lo trovò normale.

Appena le estremità frastagliate in cui era stata spezzata si toccarono, unite dal sangue vivo, l'onda che ne scaturì fu tanto forte da far volare Gwen in aria. Con lei anche la luce volò via dalla lama incantata, lanciando un raggio in cielo che segnalò la sua posizione alla ciurma.

Di lì a poco si sentì sollevare; figure indistinte le ronzavano intorno e l'unica cosa che riconobbe fu un profumo familiare. Gwen ricorda tutt'ora che le venne il mal di testa, si, e che quando aprì gli occhi tentò di prendere a pugni quello sciagurato che l'aveva trasportata fuori dal labirinto con così poca delicatezza.

Dopo questo però dovette rimettersi in piedi a forza, un po' scombussolata e tutta sporca di sangue rappreso.

«Dobbiamo portarla da Morgan.» fece Black Mamba, con la sua voce calma e il solito sangue freddo, mentre tutti gli altri si guardavano con gli occhi sbarrati. Non avevano idea di cosa stesse succedendo.

«Deve riposarsi Shaun, la vedi com'è conciata?»

Luke lo aggredì prontamente. Aveva in breve tempo ripreso tutta l'autorità di cui era abituato, ma Jonathan gli mise una mano sul petto e scosse la testa, lo sguardo duro, le labbra sottili serrate, triste.

«Sono quasi arrivati ragazza mia, non c'è più tempo.» concluse Silver avvicinandosi a lei. Le carezzò la testa come a distrarla dalla spada, che intanto le aveva lasciato tra le mani. Era più pesante di tutte le spade che aveva maneggiato fino ad allora, e non soltanto fisicamente. Era pesante quello che comportava.

Gwen guardò Long John e si autoconvinse che sarebbe andato tutto bene, si nutrì della dolcezza che lui le stava dando, ancora per un po'.

Poi un boato fece tremare la terra e gli uomini persero l'equilibrio, le urla dal mare cessarono.

«Sono qui.»

Alie aveva richiamato forze troppo potenti anche per l'esercito più numeroso, lo sapeva bene. E lo sapeva anche Skarsgard che nel buio della sua nave fantasma rabbrividiva e ghignava, poi sghignazzava isterico e fremeva facendo avanti e indietro, battendo i denti, talvolta le mani, alimentandosi col suono di mille cavalli, in mille onde, con mille grida e lamenti a sovrapporsi in un unico, grande, rullo di tamburi da guerra.

Gli uomini non dovrebbero immischiarsi con le faccende del mare.

Gwen strinse le mani intorno all'elsa della spada: era calda, una pietra rossa incastonata in quattro colonnine bronzee raffiguranti un quartetto di polene, bellissime e tutte diverse. Era un lavoro di alta oreficeria, sembrava forgiata apposta per essere tenuta da quelle mani. Tirò su col naso, poi prese parola.

«Uomini del mare, ascoltatemi. Potrei parlarvi di onori e ricchezze; incoraggiarvi, perché della morte noi non abbiamo paura, e a quel punto dovremmo combattere con qualsiasi cosa troveremo sul nostro cammino. Ma non è questo quello che vi chiedo oggi – guardò ognuno di loro, con il cuore gonfio e la testa troppo pesante – Oggi combattiamo per la libertà, miei signori. Da questo momento in poi voi siete uomini liberi che lotteranno come bestie per tenersi stretta la possibilità di una vita migliore. Seguitemi in questa conquista, salviamo la nostra isola, e poi vi giuro che potrete ricominciare.»

Infilò lo spadone nella cintola, appuntò con un bastoncino affilato il groviglio di capelli neri sulla nuca.

«Non moriremo oggi!» gridò. La sua voce, improvvisamente più profonda e anziana, provocò un brivido lungo la schiena della ciurma. Il primo ad alzare la sciabola al cielo su Black Mamba Shaun, le regalò un sorriso sghembo, giallo e rugoso che le scaldò il cuore. Lo seguirono a ruota Jonathan Barlow, Charles Moore, il vecchio Welles, Luke e Killian Jones. Long John Silver, che solitamente usava la sua gruccia anche per combattere, estrasse dalla cintola il coltellaccio da cucina e lo levò verso di lei.

Non un fiato fu pronunciato ma quel gesto, reso pesante dalla luce nei loro occhi, valse pienamente la vita che stavano per conquistarsi.

O la morte.

UOMINI DEL MARE! Non linciatemi, ve ne prego

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UOMINI DEL MARE!
Non linciatemi, ve ne prego.
La realtà è che non voglio finire di scrivere la storia, ma prima o poi succederà e voi mi perdonerete per quanto vi sto facendo aspettare. Alla prossima💕

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