Jiaren alzò lo sguardo dalla danza delle fiamme quando la voce che la chiamava divenne insistente,sbatté le palpebre e guardò il soldato che, con aria imbarazzata,la fissava.
Il campo era addormentato, ormai, e solo le sentinelle al di fuori dell'ampia grotta erano vigili.
«Dimmi» la voce di lei era sommessa, calma, e il giovane soldato del Leone si fece un po' più avanti.«Mia signora, sono arrivati gli esploratori. Avete chiesto di essere immediatamente avvertita, vi stanno attenendo.»
«Falli venire qua.»
«Immediatamente, signora!» e rapidamente si allontanò dal piccolo fuoco, passando attraverso gli uomini addormentati.
Verso il fondo della grotta, dove il soffitto roccioso si abbassava, Jiaren aveva ricavato con alcuni paravento di fortuna una specie di stanza privata. Posta in un'insenatura dal fondo vagamente sabbioso che testimoniava come, un tempo, anche lì scorresse il fiume sotterraneo che prima di prosciugarsi aveva scavato il canyon. Pannelli della sua tenda erano stati sistemati come tende e paraventi di foglie per darle un minimo di intimità, per il resto non aveva nulla di più dei suoi soldati:un giaciglio, l'armatura e le sue armi.
Dopo pochi attimi tre uomini si avvicinarono, inginocchiandosi davanti a lei.
«Mettetevi comodi, sarete stanchi e vi siete guadagnati il diritto al riposo. Ditemi, cosa avete trovato?»
Il più anziano dei tre, un uomo sulla quarantina con sottili baffi sul volto sottile e segnato dal sole, si umettò le labbra. «Mia signora, per una distanza di giorni attorno al campo non ci sono pericoli, e abbiamo segnato i punti adatti alla difesa o alla fuga sulla mappa,» disse, tendendo la stessa verso la giovane che la prese, annuendo, mentre l'esploratore continuava il suo rapporto. «A cinque giorni verso sud, invece, c'è un...»l'orrore fece capolino nel suo sguardo, mentre un brivido l'attraversava. «lo possiamo solo chiamare nido. Mia Signora, quegli esseri sciamano sugli uomini che vengono portati lì in catene, se ne nutrono, depongono... uova... nei loro corpi. Uova che si schiudono e divorano dall'interno quegli sfortunati.» L'uomo deglutì,trattenendo un brivido. «La puzza di marcio rende l'aria irrespirabile, miasmi si alzano dal terreno che è pieno di strani funghi e la notte brillano di una strana luce verde. Là ci sono almeno un centinaio di demoni e ogni notte è una carneficina.»
«Allora li attaccheremo, questo scempio deve finire. Non sono tutti demoni guerrieri, da quello che mi dici, giusto?»
«No, mia signora. Ci sono anche demoni giovani, ma non li riterrei per questo meno pericolosi. Sotto la vostra ala riusciamo a combatterli, ma siamo un centinaio noi stessi,non credo che possiamo combatte con le proporzioni di circa uno a testa. Solitamente ci vogliono una decina di uomini per abbatterne anche solamente uno.»
Jiaren lo studiò e quella luce spietata e folle, sanguinaria, che non abbandonava ormai più il suo sguardo, si fece intensa. Le iridi rosse parvero prendere fuoco alla luce delle fiamme. «Temi forse che lascerò che qualcuno di voi muoia?»
L'uomo strinse le labbra e deglutì.«Con tutto il rispetto, mia signora, qualcuno di noi muore sempre,ma non è quello a spingermi a consigliarvi prudenza e cautela e di evitare un attacco diretto. Potrebbero essere troppi anche per voi,stavolta. Abbiamo sempre attaccato gruppi di massimo venti di quegli esseri, cercare di batterle in astuzia potrebbe essere il caso.Basterebbe creare dei diversivi in modo che piccoli gruppi si stacchino dal corpo principale, o tendere agguati, li decimeremmo pian piano senza rischiare di essere sterminati.»
Jiaren strinse le labbra fissando l'esploratore, mentre le sue mani si aprivano e chiudevano sull'elsa della katana. Una parte di lei sapeva benissimo che l'uomo aveva ragione, che un attacco frontale era follia suicida, eppure l'altra parte di lei l'agognava. Voleva far esplodere il suo potere,liberarlo, sentirlo scorrere nel suo corpo con violenza e vedere quelle creature fatte a pezzi, udire il canto del sangue, sentire i corvi, vedere le vite spegnersi.

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L'ultima moneta
FantasyAshur ha compiuto il peccato peggiore possibile: ha avuto paura. Davanti alla Dea dai mille e nessun nome è fuggito, portando il disonore sulla sua famiglia. Ora ciò che lo aspetta è solo l'esilio, mentre suo padre, il generale delle mille fiere, gl...