Man mano che avanzava tra i corridoi dell'ala di quel palazzo, Jiaren osservava le poche donne che lì dimoravano, per scelta, marmoree nella loro decisione di non abbandonare la loro sovrana. Erano le più disparate per età e ceto, per aspetto, eppure ognuna di loro era accomunata da quella incrollabile e fedele lealtà che le aveva portate ad abbandonare tutto per restare al fianco di Shandyan.
Erano silenziose, quasi spettrali, mentre comparivano per inchinarsi al suo passaggio.
Alcune Jiaren le riconobbe: erano le guerriere che accompagnavano come dame la loro sovrana sul campo di battaglia, ma ai suoi occhi erano così sbagliate, fuori posto, con addosso le semplici vesti da interno di una donna. Nessuna arma, nessuna posa militare, movenze trattenute dove aveva sempre visto potenza e silenzio dove c'era sempre stata parola.
Tutto, lì, parlava di attesa, di forza tenuta viva sotto le ceneri, pronta, ma che non si poteva mostrare. Almeno, questo era ciò che le iridi scarlatte della giovane signora del Leone vedevano, mentre il suo sguardo guizzava qua e là, ammirando la squisita delicatezza degli intagli, le donne, e il piccolo giardino attorno a cui si snodava la passeggiata per arrivare all'assolata veranda dove l'imperatrice aspettava.
«Mia signora.» Jiaren si inchinò davanti alla grande ed elaborata sedia occupata da Shandyan. «Ora che vi vedo, il mio cuore è placato dalla paura che lo attanagliava.»
Un delicato sorriso fece mostra sul viso dell'imperatrice, la lunga ciocca bianca sulla fronte era tenuta ferma da un piccolo diadema a forma di drago, al quale si intrecciava. «Lo sono anche io, mia giovane pupilla. Non giungono molte notizie alle mie orecchie, ma pare che tu sia riuscita a tenere saldamente in mano il tuo feudo.»
«Credete davvero che avrei lasciato che l'assassino di mio padre occupasse il mio letto, il mio seggio, e che governasse le mie terre?» Jiaren sorrise freddamente, mentre si accomodava su uno sgabello ai piedi della sua sovrana. «Ha solo avuto ciò che gli spettava, come tutti coloro che hanno tramato alle mie spalle, tra l'altro la punizione è giunta loro in maniera molto più clemente di quella che avrei voluto. La morte per il traditore è purtroppo stata pietosa e veloce, ma non ho potuto rischiare attingesse alle sue arti.» Con un gesto Jiaren chiamò la suonatrice di shamisen, che si prostrò ai piedi di Shandyan, elegante nella veste di un delicato verde ricamata di fiori di mandorlo. «Vorrei presentarvi una giovane e dotata musicista del mio seguito, se mi permettete vorrei che la sua esibizione allietasse il nostro incontro, mia signora.»
L'inaspettata richiesta fece inarcare appena il sopracciglio all'imperatrice, che annuì con grazia.
«Certamente, le arti sono sempre state le benvenute alla mia corte.»
La giovane suonatrice si alzò, sedendosi poco lontano e, dopo un attimo, le delicate note iniziarono ad avvolgere le donne. Fu solo allora che Jiaren sorrise compiaciuta. «Ora nessuno spirito o magia potrà origliare la nostra conversazione, l'incantesimo che tesse la musica è tale da creare la perfetta illusione per qualunque creatura, umana e non.»
«Sorprendente!» Gli occhi dell'imperatrice si animarono, mentre si allungava verso la musicista, talmente concentrata su ciò che faceva da non accorgersi del modo in cui veniva studiata. «Questa magia mi è nuova, Jiaren, parlatemene.»
«La musica, mia signora, intesse inganni. Viene considerata un'arte minore, una magia da donne, ignorata dagli uomini. È considerata un'arte di campagna, in grado solo di far addormentare i bambini. Anni fa i miei genitori hanno accolto Newali, dandole una casa e una posizione. Spronata da mia mia madre ha approfondito e studiato la sua arte per anni, imparando ogni segreto, ignorata e derisa dagli uomini. Quando poi ho avuto bisogno della sua arte ha creato nuovi modi in cui la magia della musica poteva essere tessuta, una trama di illusioni sottovalutata da chiunque. La debole magia delle donne, la chiamano disprezzandola, ma non è affatto priva di forza come si crede.»
«Mi state donando una meravigliosa possibilità, mia cara. Potrò nuovamente comunicare con il resto del mio regno, anche se in segreto. Potrò avere di nuovo notizie, ascoltare la voce della mia terra.» Le mani dell'imperatrice si mossero, afferrando quelle della giovane e stringendole con forza. «Il vostro è un dono che non ha un prezzo.»
«Mia signora, in verità lo ha...» Jiaren strinse le labbra, distogliendo lo sguardo e chinando il capo in un gesto di vergogna.
«Ditemi, Jiaren.» Lo sguardo dell'imperatrice si era fatto attento, non sospettoso quanto cauto.
«So che è chiedere molto, ma vorrei poter richiamare mio fratello dall'esilio... so che per un senza nome sarebbe impossibile, per legge, ricevere nuovamente la posizione che aveva un tempo, ma vi prego, è l'unico parente che mi rimane! Ashur è l'unica persona che amo, devo averlo al mio fianco!»
Quelle parole sorpresero Shandyan. Con un gesto allontanò le poche dame di compagnia e, sola con la giovane e la musicista concentrata nel suo compito, sospirò.
«Non sono al di sopra della legge. Nessun sovrano giusto lo è.»
«Ne sono consapevole, ma vi prego, mia signora, solo per una volta non si può trovare il modo di, non so, renderlo di nuovo nobile, una qualche via d'uscita? Non posso portarlo nella mia casa nella sua attuale condizione? Come potrebbe servire tra le mura che lo hanno visto nascere come figlio primogenito di Taone?»
«Cercherò di trovare il modo, Jiaren.» Shandyan sospirò, per un istante tutta la tensione e la stanchezza della donna si mostrarono sul suo volto e lei portò lo sguardo oltre il piccolo giardino, verso l'unico uomo che era lì con lei. Sujiang, il generale del Lupo, era in piedi sotto la tettoia rossa e la sorvegliava da lontano.
Lo sguardo di lui era pieno di incrollabile amore e fiducia, di quella forza che, silenziosa, continuava ad alimentare la sua.
Gli sorrise appena e riportò lo sguardo su Jiaren. Molto era ancora da fare, le possibilità che si aprivano ora per lei erano molte più di quelle che mai avrebbe sperato. Certo, non poteva rovesciare il regno di Nokraal dal nulla, ma poteva creare una rete di spie, di informatori, creare un'intera macchina pronta e organizzata a ogni evenienza, qualunque occasione proficua sarebbe stata sfruttata e il suo popolo soccorso al meglio delle sue attuali piccole possibilità, in silenzio e nell'ombra.
Finalmente poteva agire, ed era avvenuto solo grazie alla giovane Jiaren.
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L'ultima moneta
FantasyAshur ha compiuto il peccato peggiore possibile: ha avuto paura. Davanti alla Dea dai mille e nessun nome è fuggito, portando il disonore sulla sua famiglia. Ora ciò che lo aspetta è solo l'esilio, mentre suo padre, il generale delle mille fiere, gl...