Capitolo 13

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Sei ore dopo

Il buio era calato in fretta così come il freddo che mi penetrava nel corpo.
Né lo temevo né lo sentivo.
Erano altre cose da cui fuggivo e le "verità" che vi celavano dietro, erano le peggiori. Come quelle che sfortunatamente ero venuta a conoscenza in una stanza d'albergo poco più distante dal bosco dove cui mi trovavo adesso. Appena saputo ciò che Dean voleva che sentissi, ero fuggita. Non perché avessi paura ma perché ero arrabbiata. La rabbia era una delle emozioni che non riuscivo a gestire.
Ero stanca di sentire altre scuse sul mio passato. Ero stanca che mi venissero raccontare bugie sperando che io me ne facessi una ragione. Ero stanca che mi mentissero. Volevo, solo per una volta, che mi venisse detta la verità.
Non mi importava quanto mi avrebbe fatto male, avevo bisogno di sapere.

Respirare e inspirare.
L'agitazione mi sovrastava totalmente mentre il mio battito cardiaco era accelerato più del normale.
Fuggire e camminare credevo mi sarebbe stato d'aiuto invece non servì a molto. Tutto mi sarei immaginata ma non le parole di Dean.
Potevo accettare di essere figlia di un Arcangelo. Potevo accettare...comprendere di essere un Nephilim. Potevo accettare di venire perseguitata dagli angeli. Ma non potevo né volevo credere ad una stupida storiella come quella.
Lui se ne andò per la mia sicurezza.
Lui non poteva reggere il peso di essere padre perché troppo occupato a "giocare" con gli umani. Il suo lavoro sempre al primo posto. Ma certo, normale. Fra le tante possibilità o scelte, il padre assente doveva capitarmi. Non ho creduto a nessuna delle parole di Dean, nessuna. Perché non dirmi direttamente che non era a conoscenza della mia esistenza? Non sarebbe stato più semplice invece di inventare balle? Di lui non mi era mai importato. Certo, mi chiedevo spesso chi fosse e perché in 16 anni non si era mai fatto vivo. Ora però non mi importava.

-Che cosa ci fai qui?-.

Né sobbalzai né mi ritrassi.
Troppo concentrata sui miei pensieri per dar retta a quella voce. Alla domanda non avrei risposto...neanche io sapevo perché mi trovassi nel fitto bosco. Tornare a casa non mi andava, non avrei retto lo sguardo perplesso di mio zio.

-Amara?-.

Percepivo quella voce ma era come se fosse lontana, un sussurro.
Non ero certa di sapere a chi appartenesse ... forse neanche mi importava.

Volevo solo sapere.

I miei poteri si attivarono quando quel qualcuno mi afferrò le spalle.
Alzai lo sguardo che per tutto il tempo avevo tenuto basso, incrociando il suo.
Percepivo la luce che circondava le mie pupille. Era stranamente più brillante. Mi faceva sentire ... potente.

Lui allontanò le mani alzandole e indietreggiò.

Poi tornando in me e realizzando costa stessi per fare, lasciaci andare quell'energia che da sempre temevo.
I miei occhi tornarono verdi.

-Scott?!-, esclamai perplessa.

-Stai bene?-.

Annuii guardandomi intorno.
Non mi trovavo più nel bosco ma a casa sua. Avevo camminato senza accorgermene, raggiungendo per chi sa quale motivo l'abitazione di McCall.

-Io ...io ... io non ...-, cercai di dire qualcosa ma le parole mi morirono in bocca.

Mi afferrò con delicatezza una mano conducendomi dentro, chiudendo poi la porta.

-È meglio se riposi, sembri a pezzi-, mi consigliò dolcemente.

Sorrisi lasciandomi accompagnare nella stanza degli ospiti dove, una volta sola, mi buttati letteralmente sul letto abbandonandomi fra le braccia di Morfeo col tentativo di lasciarmi quella serata alle spalle.

***

La mattina dopo venni svegliata dal profumo di caffè proveniente dalla cucina al piano di sotto. Nonostante ciò, la voglia di alzarmi era pari zero.
Mi sentivo stanca, svuotata, neanche avessi corso una maratona!
Forse non era il mio corpo ma la mente che dopo tutte le informazioni ancora da rielaborare, era a terra.
A volte volevo non possedere una straordinaria memoria, troppe cose da ricordare per un solo cervello. Una mente umana non ne sarebbe in grado.

-Ehi dormigliona, è ora di alzarsi-.

La voce di McCall mi destò dai pensieri tirandomi fuori dal dormiveglia.
Mugugnai un "no" con voce impastata. Non accettò tale risposta.
Con la coda dell'occhio lo vidi afferrare le coperte che mi ricoprivano quasi del tutto e tirarle giù. Poi si sedette sul letto e ...

-No. No. No! Scott ti prego!-.

Il solletico ai fianchi mi costrinse a piegarmi in due per le risate e il pianto.
Dio, conosceva bene il mio punto debole. Da bambina accadeva spesso che lui ne approfittasse per farmi dispetto. Io per ripicca, gli pizzicavo le guance sapendo quanto non gli piacesse.

-Va bene, va bene. Mi alzo!-, mi arresi sapendo di non poter resistere ancora a lungo.

Lui si fermò sorridendo soddisfatto.

-Muoviti a preparati, dobbiamo andare da Derek-.

Sbuffai.

-Ma oggi è mercoledì! Non c'è scuola?-, chiesi.

Mi rimangiai subito quella domanda, chi volevo prendere in giro?

Lo sguardo da:"Sei seria?" che mi rifilò mi trapassò velocemente facendomi ridere un poco.

Acconsentii e iniziai a prepararmi.

***

Jackson era morto.

Il tutto era accaduto durante la partita di lacrosse che si era svolta ieri sera quando mi trovano in quella maledetta stanza d'albergo coi Winchester.
Me l'ero persa.
A quanto sembrava, Gerald era il carnefice. Il motivo ancora mi sfuggiva.
Appresi un'altra cosa poco prima di giungere da Derek ... Victoria era morta, si era uccisa dopo essere stata morsa per sbaglio da Derek.
Dovevo assolutamente parlare con Allison.

Non era poi così recente, mi era stato tenuto nascosto per via del mio comportamento assente. Cosa stupida tra l'altro, avrei messo subito i miei problemi in secondo piano. Allison era mia sorella.

-Quindi fatemi capire una cosa ...-, iniziai a dire appoggiandomi ad una colonna portante del Loft, - Jackson è morto, ma per qualche strana ragione, sta tornando indietro mutando in una nuova forma di Kanima?-.

-Non nuova forma ... ma la fase successiva. Molto più forte, più violenta e munita di ali-, mi corresse Peter Hale.

-Oppure no! Non ne siete sicuri!-.

-Oh andiamo angioletto ....-.

-Non chiamarmi in quel modo-, dissi con rabbia.

Spinsi i miei occhi a brillare sotto il suo sguardo indifferente. Odiavo quello stupido nomignolo.
Pessima scelta "accendere"gli occhi ... Percepii l'energia della mia natura prendere possesso del mio corpo come mai aveva fatto prima. Era straordinariamente e spaventosamente potente. La mano destra prese a "scintillare" come se fossi venuta in contatto con dell'energia elettrica.
Non conoscevo affatto la potenza della mia natura, l'avevo sempre negata con tutta me stessa persino in quel momento. Se percepiva il pericolo, allora si attivava, ma più negavo e più forte diventava.
Con lucidità, racchiusi tale energia in un pugno e riprendendo il controllo, dopo qualche secondo, mi lasciò andare per poi tornare ad essere solo Amara.

Light in The Darkness: L'inizio della FineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora