LIII

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Camminò lentamente lungo il perimetro della stanza umida e buia, da quella piccola finestra entravano dei fiochi raggi di sole che portavano un po' di luce in quella cella buia.

Sospirò, portandosi la mano tra i capelli e alzò lo sguardo sul soffitto, nero ed ammuffito e gli venne da vomitare.

Lui.

Abituato al lusso e a tutti i comfort, ora si trovava in una cella fredda, piena di muffa e ratti che girovagavano indisturbati tra i suoi piedi.

Rise di fronte a quel destino beffardo, chi glielo avrebbe mai detto?

All'interno della cella il mobilio era, ovviamente, ridotto: un tavolo, un paio di sedie, un armadietto, letto singolo.

Si sedette sul letto duro e scomodo, slacciandosi la camicia e lasciandola aperta, sentiva all'improvviso un terribile caldo.

Che fosse l'ansia e la preoccupazione per la condanna?

Sì, assolutamente sì.

Non si sarebbe mai aspettato di ritrovarsi le guardie davanti a sé, appena un attimo prima di fuggire da lì alla ricerca di un nuovo posto dove nascondersi.

«Maledizione...! »

Si alzò di scatto, sentendo una grande frustrazione e rabbia crescere nel proprio essere, diede un violento calcio ad una delle sedie lì vicino e la fece cadere a terra, il suono provocato da quella botta iniziò a risuonare nella cella, tanto da farlo quasi impazzire.

Sentì alcuni passi nel corridoio e si avvicinò svelto alle sbarre, curioso e impaurito allo stesso tempo.

«Quale cella? »

«La settima a destra »

"Settima a destra... è questa!"

Si allontanò , sperò di vedere le guardie passare oltre quella stanza, sperò di aver contato male le celle...

I due soldati si fermarono appena qualche metro lontano da lui, guardandolo seriamente e notò il loro sguardo disgustato nel vederlo in quelle condizioni.

«Rivestiti, qui non ci sono donne per te. Sbrigati anche, devono processarti »

L'uomo allacciò la camicia, con sguardo di sfida; i due soldati aprirono la cella, lo fecero voltare e gli legarono le mani dietro la schiena, portandolo poi fuori.

///@///

Non aveva pensato ad una simile reazione, così tragica al meno.

All'inizio pensò che l'avrebbero esiliato, tolto i gradi, deriso, umiliato, torturato... tutto, ma non la ghigliottina.

Solo il pensiero lo fece rabbrividire e si sentì mancare, tanto che dovette sedersi su quel letto di marmo che in quel momento gli sembrò fatto di piume.

"No... non posso... non posso morire proprio ora... maledizione!"

Si sdraiò completamente, le mani poggiate sul volto e quel dannato silenzio che l'avrebbe fatto diventare pazzo ancor prima di arrivare al patibolo.

"E' solo febbraio... mancano ancora sei mesi all'esecuzione... chissà se potrò vederti un ultima volta..."

///@///

«Perché me lo stai dicendo André? »

«Non avrei sopportato questo peso sulla coscienza e poi... ammettilo... provavi qualcosa per lui »

Insieme per sempreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora