LXVIII

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11 anni dopo, Parigi

Una carrozza sostava nel parco del quartier generale di Parigi. Ad aspettare, con le redini in mano, c'era la figura di un uomo, notevolmente preoccupato, che guardava con attenzione la porta laterale del palazzo.
"Che silenzio... Alain sarà riuscito a intrufolarsi senza problemi? Se tutto andrà secondo i piani, devo riuscire a farlo salire in carrozza... e uscire a tutti i costi da Parigi prima che chiudano le porte, o sarà la fine"
Pensò Bernard Châtelet mentre stringeva le redini tra le mani, aspettando con ansia il ritorno dell'amico. Era davvero la cosa giusta da fare? Giusto o no, ormai era troppo tardi per tirarsi indietro. Sentì il trotto di alcuni cavallo avvicinarsi a lui. Un colpo al cuore.
"E quelli chi sono?! Non saranno mica..."
Degli uomini a cavallo arrivarono davanti le porte del quartier generale, urlando e impartendo ordini ai soldati.
«Il primo console è sano e salvo?! »
«Aprite la porta!! Sono il generale Murat! »
"Il generale Murat...!"
Bernard sbiancò di colpo, cercò di ostacolare i soldati con la carrozza ma fu tutto inutile.
"Dannazione... ci hanno scoperti?!"
Sentì delle urla all'interno del palazzo. Era Alain? Erano i soldati? Cosa stava succedendo? Ci era riuscito? All'improvviso la figura di Alain comparve, così come se n'era andato. Correva, teneva la schiena curva e una mano sul fianco. Era ferito? Gli corse incontro.
«Quel cocchiere è suo complice! Prendete anche lui! »
«Alain, fatti forza! »
Bernard tentò di aiutarlo ad alzarsi ma le gambe di Alain sembravano non volerlo più reggere.
«Pezzo di idiota! Perché diavolo non sei scappato lasciandomi qui?! »
Gli urlò contro Alain, stringendo i denti per il dolore.
«Fermi! Non lasciateveli scappare! Prendeteli! »
I soldati li raggiunsero e li accerchiarono, era la fine.
«Ma tu... sei Bernard Châtelet... voi... »
Bernard estrasse la pistola, puntandola contro quell'uomo che l'aveva appena nominato.
«Addio... »
Sussurrò a denti stretti, mentre il colpo partiva. Il primo console fu svelto nell'evitare il colpo mortale. I soldati prepararono i fucili.
«F... Fermi! NON SPARATE! BISOGNA CATTURARLI PER FARGLI CONFESSARE CHI E' IL LORO MANDANTE! »
Sbraitò il primo console rivolgendosi ai soldati che, sordi all'ordine del console, spararono. I due uomini si guardarono negli occhi per alcuni istanti, mentre le pallottole ferivano i loro corpi. Bernard cadde a terra, respirando affannosamente. Alain rise debolmente.
«Ber.. nard... per... donami »
«Alain... ci è andata male »
Rispose l'uomo, la guancia destra poggiata sulla fredda strada e un disgustoso odore di sangue gli pizzicò la gola.
«A... a quanto pare... la... la storia ha fatto la sua... scelta... »
Alain tossì sangue, violentemente. Bernard cercò di alzarsi, con le poche forze erano rimaste in lui.
«Ro... salie... Fra... n... »

///@///

«André... »
Oscar si avvicinò al marito, poggiò le mani sulle sue spalle. André alzò il viso e cercò il suo sguardo, reclinò il capo sul suo petto. Gli accarezzò il capo e il volto, intuendo i pensieri dell'uomo e rimase in silenzio, aspettò che fosse lui a rivolgerle la parola. André prese la sua mano e baciò il dorso.
«Sono stato in paese... »
André si alzò, camminò verso la finestra che dava sulla strada deserta e buia. Oscar lo seguì, stringendo la vestaglia di lana sul petto. Era strano negli ultimi giorni, era schivo ed era teso. Aveva provato a parlargli, a rassicurarlo, ma lui non si era confidato con lei, aveva preferito rimanere sulle sue.Solo con Juliette sembrava rilassarsi, davvero doveva essere gelosa della sua stessa figlia? Da quando era morta sua madre André non era più lo stesso, e lei aveva preferito non pressarlo troppo.
«Napoleone Bonaparte è il nostro nuovo imperatore »
Sussurrò lui, girandosi a guardarla. Oscar sgranò gli occhi, stupita.
«Cosa? »
La donna corrugò la fronte. Sapeva perfettamente che la figura di Napoleone Bonaparte non gli era mai andata a genio, fin dall'inizio della sua carriera, ma non credeva possibile una simile agonia per la sua incoronazione. Guardò André attentamente, il suo unico occhio era lucido, era davvero così disperato?
«A quanto pare sì... Napoleone Bonaparte e Josephine Beauharnais sono i nostri nuovi sovrani »
«Cosa ti turba? Il fatto che la repubblica sia morta o la salita al trono di una "nuova dinastia"? »
André si voltò per alcuni istanti verso di lei, per poi tornare ad osservare la strada. In lontananza, si sentì il rumore di una carrozza correre ad alta velocità. André aprì rapidamente la finestra, lasciando che il freddo vento invernale raffreddasse la loro camera da letto. Oscar strinse le spalle, infreddolita e posò di nuovo uno sguardo confuso verso André. Il suo sguardo si era acceso di luce nuova e una piccola speranza sembrò ricaricarlo. La carrozza passò rapidamente davanti casa, per poi sparire così com'era arrivata. André abbassò le spalle e si morse un labbro. Chiuse le ante della finestra con estrema lentezza, chiudendole bene in modo tale da non far passare più alcuno spiffero.
«André? Mi dici cosa ti prende? Sei strano in questi giorni... »
André la guardò per alcuni istanti, avvicinò la mano al suo volto e posò sulla sua guancia una lieve carezza. Oscar poggiò la mano sulla sua, sorridendogli dolcemente. André le donò un bacio, cogliendola di sorpresa. Oscar prese il suo volto tra le mani, spostò i capelli dal suo volto e lo guardò dritto negli occhi, entrambi. Il suo sguardo era così triste, si intristì anche lei.
«Ho incontrato Alain tre giorni fa »
Oscar sussultò, sorpresa. Non le aveva detto nulla.
«Alain? E' venuto qui? »
La sua voce era bassa e cupa, Oscar posò un bacio sulla sua fronte.
«L'ho incontrato mentre tornavo da lavoro. Ci siamo fermati alla locanda di Pierre... »
«Potevi portarlo qui! Juliette non vedeva l'ora di poter incontrare di nuovo il suo zio preferito »
Disse lei con dolcezza, accarezzando la spalla dell'uomo, invitandolo a continuare.
«Abbiamo parlato molto... »
«Di cosa? »
«Di politica... »
«André? »
«Sì...? »
«Parla »
«Sto parlando »
André accennò un sorriso, abbassò leggermente lo sguardo.
«No, ti sto tirando le parole da bocca. Cosa vi siete detti? »
André si allontanò da lei, passandosi una mano nervosa tra i capelli.
«Alain... mi ha chiesto di aiutarlo in una missione. Anche Bernard er... è coinvolto »
Oscar corrugò la fronte ma non fece domande.
«Il piano era impedire che Napoleone diventasse imperatore. In poche parole, Bernard ha falsificato dei mandati di arresto nei confronti del comandante Murat e del senatore Joseph Fouché. Bloccando i loro movimenti, Alain e Bernard sarebbero riusciti a guadagnare parecchio tempo per agire nelle Tuileries »
«Agire nelle... Tuileries? Non capisco André... »
André annuì lentamente, prese le mani di Oscar tra le sue e se le strinse al petto.
«Alain... voleva uccidere Napoleone »
Oscar ebbe un sussulto e iniziò a tremare. Rimasero entrambi in silenzio per alcuni istanti.
«Tu... tu cosa... qual è il tuo ruolo...? »
Riprese lei poco dopo, aveva una brutta sensazione.
«Ospitarli una volta scappati da Parigi. Dovevano arrivare stamattina »
Il gelo scese tra i due, Oscar guardò sconvolta André. Il suo volto era stanco e sofferente. Le sue mani tremavano, lui tremava come una foglia.
«No... questo... questo vuol dire che »
«Bernard e Alain non ce l'hanno fatta... i soldati li hanno... fucilati... »
Oscar sgranò gli occhi, le guance solcate da fiumi di lacrime e scuoteva il capo, come a voler rinnegare la realtà dei fatti. André chinò il capo, strinse la stretta delle loro mani, non riusciva a trattenere i singhiozzi. Si abbracciarono, fortemente, piangendo la morte del grande ex soldato della guardia e del giornalista che rubava ai ricchi per dare ai poveri. Oscar si aggrappò alla sua schiena, affondò il capo sul suo petto, bagnando la camicia dell'uomo con le sue lacrime. André si strinse alla donna, affondando il capo nei suoi capelli biondi e pianse silenziosamente. Strinse la camicia tra le mani, lo abbracciò con tutta la forza che aveva in sé. Voleva che la sentisse vicino, voleva che lui potesse contare sul suo appoggio. Si allontanò un po' da lui, prese il suo volto tra le mani e poggiò la fronte contro la sua; cercò di asciugare le lacrime che stavano bagnando ancora il suo viso e lo sentì tremare tra le sue braccia. Lui poggiò il capo sulla sua spalla, chinandosi verso di lei, e respirò profondamente, cercò di calmare il suo pianto.
«Rosalie? François? Dove sono? »
Sussurrò Oscar, gli accarezzò il volto lentamente e sentì il suo abbraccio rafforzarsi.
«Bernard ha chiesto a madame de Staël, la figlia di Necker, di portarli con lei in Svezia »
Oscar si allontanò da André, si sedette sul bordo del letto, scossa. Portò le mani sul viso, sentì freddo lontano dalle sue braccia. Lui rimase nel mezzo della stanza, le diede le spalle per alcuni istanti.
«Oscar... »
«Ora cosa faremo? Napoleone non è più l'eroe della rivoluzione! In cosa si è trasformato? Solo in uno stupido assetato di potere! Non posso credere di avergli dato fiducia! »
«Ormai non possiamo fare più nulla, dovevamo capire dal Trattato di Campoformio la sua vera natura »
Sospirò André, ricordando il giorno in cui tutti gli uomini di Beuvron-En-Auge erano stati chiamati alle armi per le campagne d'Italia sotto la guida del generale Bonaparte. Doveva ringraziare la sua vista malconcia e l'aiuto di Alain che gli avevano evitato il ritorno alle armi e quindi in guerra. Sorrise amaramente al ricordo dell'amico.
«Ora... cosa faremo? »
Chiese di nuovo Oscar.
«Non lo so... proprio non lo so »
Sussurrò André guardandola dritto negli occhi. Si inginocchiò davanti a lei e prese le mani tra le sue, baciando il loro dorso. Oscar abbassò le spalle, accarezzò il capo di André poggiato sulle sue gambe e asciugò le silenziose lacrime che stavano bagnando il suo volto, ancora una volta.

///@///

«Juliette! Ti prego non correre! »
La donna corse allegra, con le lacrime agli occhi, mentre raggiungeva la piccola casa immersa nel bosco. L'uomo la raggiunse poco dopo, con il fiatone, e la osservo preoccupato mentre anche lei riprendeva fiato davanti all'abitazione. Il suo viso era sereno, sorrideva dolcemente e il suo sguardo particolare si stava sciogliendo in piccole lacrime.
«Juliette... »
La ragazza non gli rispose subito, si limitò a guardarlo per un istante per poi voltarsi di nuovo verso l'abitazione. Guardò incantata il piccolo giardino ben curato, la sedia a dondolo vicino l'entrata, la piccola porta rossa... le si offuscò la vista. Le parve di vedere sua madre, intenta a leggere, aspettare suo padre tornare dal lavoro.
«Avevo dodici anni quando abbandonai questa casa. Fu l'ultima volta che vidi mio padre, quella notte... fu straziante vedere mia madre piangere disperata mentre urlava il suo nome... mi sembra di sentirle ancora»
Sussurrò la ragazza. Un brivido le percosse la schiena. Erano le tre di notte, questo lo ricordava bene. Sua madre l'aveva svegliata nel cuore della notte. Dovevano scappare, andare il più lontano possibile dalla Francia e non farvi più ritorno. Suo padre stava preparando i borsoni e la casa sembrava nel caos totale. Ricordava di aver chiesto più e più volte il motivo di quel viaggio, ma nessuno le aveva mai risposto. L'unica cosa importante era raggiungere Madame Staël in Svezia il più velocemente possibile. Ricordò che prima di salire in carrozza suo padre aveva parlato con il cocchiere, sembrava spaventato. L'aveva visto poi ritornare da sua madre, per rassicurarla e le donò un bacio. Sorrise al pensiero, poggiò la mano sul
petto. Lei salì in carrozza, seguita a ruota dalla genitrice. Mancava solo lui e sarebbero potuti partire. Ma lui non salì mai sul quella carrozza. L'ultima volta che Juliette Grandier vide il dolce viso di André Grandier fu proprio quando lui rifiutò di salvarsi e lasciò che il cocchiere lo allontanasse per sempre da sua figlia e da sua moglie. Aveva sorriso, guardandola negli occhi, prima di serrare da fuori la carrozza e ordinare al cocchiere di partire immediatamente. Le parve di sentire rimbombare ancora le urla di sua madre, nella piena notte, mentre invocava il suo nome con il volto pieno di lacrime, con il cuore distrutto dal dolore e la mente annebbiata dalla disperazione. Si chiese per anni il perché di quella sua scelta, ma non era riuscita ancora a trovare una risposta. Strinse le spalle, giocò con la manica della giacca che il compagno le aveva poggiato sulle spalle.
«Juliette... »
La donna si voltò a guardare due ragazzini rincorrersi, spensierati. Sorrise debolmente.
«Sai François... quando io e mia madre vi abbiamo raggiunti in Svezia... ero arrabbiata... arrabbiata con tuo padre... con lo zio Alain... per aver fatto questo... per aver lasciato che tutto ciò accadesse »
«...è questo quindi il motivo per cui non mi parlavi quando ci siamo incontrati? »
Disse il giovane François Châtelet sorridendo. Lei annuì lentamente, abbassò il capo e si voltò verso il ragazzo.
«Però... col tempo ho capito che quello che i nostri padri avevano progettato era solo per salvare la Francia... per salvare tutti noi... forse è per questo che mio padre ha lasciato che i soldati lo catturassero e lo... »
Ammise, senza riuscire a finire la frase, e si strinse nell'abbraccio di François. Il ragazzo le accarezzò i capelli lentamente, lasciando che sfogasse le ultime lacrime. Juliette sorrise e lo baciò, libera.
«Se mia madre sapesse che sono qui darebbe di matto »
Disse Juliette sulle sue labbra e François rise, accarezzando dolcemente il suo viso.
«Credo che la mia avrebbe iniziato a piangere... ma loro lo sanno già e sono sicuro che ovunque esse siano ora stanno sorridendo, insieme ai nostri padri e a quel pazzo dello zio Alain »
I due risero, scacciando gli ultimi brutti pensieri dalle loro menti e ripresero il loro viaggio di ritorno a casa, nella lontana e fredda Svezia.



*・゜゚・*:....:*' Fine '*:.. ..:*・゜゚・*




Angolo autrice:

Eccoci qui, con l'ultimo capitolo di questa long (troppo long ma ok). È stato bello, e soprattutto divertente, scrivere, informarsi e disegnare per questa storia. Volevo ringraziare tutti per aver letto questa storia, per averla votata e commentata. Grazie mille a tutti!

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