Capitolo 8.

744 56 1
                                    

Il cielo stellato lasciava intravedere la mezzaluna che, quella notte, doveva regnare e compiere il suo lavoro.
Tante erano le cose che durante la notte si potevano fare, ognuno di noi indossa spesso maschere per mostrarsi uguale, neutro alla gente senza risultare diverso.
La notte puoi essere chi vuoi, smettere di recitare il solito copione che non ti porta a nulla, se non ad un vuoto interiore che ti mangia l'intestino.
Federico era sempre stato uno di questi: non era mai stato fortunato nella sua vita, le cose che ha passato a Modena gli sono bastate per costringerlo e trasferirsi e non era solo per la carriera che voleva intraprendere, ma anche per altro.
Quella città non la sentiva sua, odiava dover ammettere a sé stesso che le cose erano cambiate e pure in peggio, non voleva pensare che in quella città non era ben accetto solo per la sua sessualità.
È bastata una confessione sbagliata ad una persona sbagliata, a fargli cambiare la sua vita.
Che senso aveva di restare in quel posto?
Credeva davvero che Santo Domingo potesse essere una cura per quel ragazzo e forse un po' lo era stato, con la compagnia giusta e la famiglia che lo aveva supportato, o per lo meno la madre fino alla sua scomparsa.

I due ragazzi, una volta terminato di cenare, avevano optato per andare al pub per bere qualcosa assieme e parlare un po'.
Benjamin quella sera era, stranamente, felice specialmente di poter passare altro tempo con Federico.
Questo si stufò presto di stare al pub, tante persone lo stavano guardando con occhi forse troppo maliziosi e quindi decisero di tornare a casa dopo una mezz'ora di lamenti da parte di Federico.
L'altro, dal suo canto, sorrideva alla vista di un Federico arrabbiato e stufo di quella situazione, per questo aveva afferrato la sua mano e si faceva portare a casa dal bianco.
Dopo essere tornati nella dimora Rossi, il proprietario si buttò a peso morto sul divano seguito da Benjamin che sovrastò il suo corpo.
"Non credere di essere così leggero." Disse Federico, facendo accomodare meglio l'altro.
"Intanto però non ti sto dando fastidio." Ghignò Benjamin.
Il più piccolo alzò gli occhi al cielo, iniziando a massaggiare il bacino del moro: questo si avvicinò maggiormente al volto di Federico, fino ad incastrare il suo nell'incavo del collo dell'altro.
Il bianco ridacchiò perché la punta del naso di Benjamin gli stava facendo il solletico, era una sensazione piacevole anche se aveva caldo.
"Tu, quando hai detto ai tuoi genitori di essere omosessuale, come l'hai detto e sopratutto come hanno reagito?" Chiese Benjamin, tenendo un tono di voce basso.
"Io e i miei genitori non abbiamo mai avuto segreti, per questo non ho perso tempo e all'età di sedici anni ho confessato tutto.
Era il periodo di gennaio, le feste erano da poco passate e avevo dato il mio primo bacio ad un ragazzo che era nella mia stessa classe.
Era bello, troppo bello.
Dissi ai miei che mi ero innamorato di un ragazzo e mia madre la prese bene, dicendo che se ero felice io, dovevano essere felici tutti perché doveva andare bene a me e non a lei.
Mio padre, dal suo canto, non prese bene questa mia decisione e mi abbandonò." Disse Federico, sospirando. "Preferiva un figlio con qualche malattia che omosessuale, durate la notte lo sentii discutere con mia madre e poi la porta venne sbattuta. L'unica cosa che ricordo fu la mattina, quando scesi in salone e vidi mia madre piangere sul divano. Mi avvicinai per chiedere informazioni, perché io la sera prima avevo sentito tutto. Lei mi disse soltanto che si erano lasciati, senza mai dirmi il motivo." Aggiunse. "Da lì, si è sempre presa cura di me fino a qualche anno fa, fino a quando non morì di una malattia che mi teneva nascosta." Concluse, con gli occhi lucidi.
Benjamin ascoltava le sue parole e non pensandoci troppo, si avvicinò al suo volto per poi lasciare un bacio sopra le labbra di Federico.
Più che bacio poteva definirsi uno sfioramento, sfioramento che fece battere il cuore ad entrambi.
Federico rimase interdetto a quella mossa inaspettata, ma dopo qualche attimo il minore prese il volto di Benjamin e fece unire ancora le loro labbra, in un bacio che durò di più.
Non ci furono giochi di lingue e nient'altro, soltanto un contatto di labbra bisognose.
Benjamin chiese l'accesso e per poco fu consentito, soltanto quando Federico si scansò capì che forse stavano esagerando.
"Continua a raccontare." Disse il maggiore, lasciando un altro bacio a stampo sulle sue labbra.
"M- mi ha tenuto nascosto questa malattia perché voleva che io non stessi in pensiero. Io stesso la portavo in ospedale, quando chiedevo il perché di questa cosa lei diceva sempre che doveva andare da una sua amica malata e ci stava dentro per quasi un'ora, prendeva tanti medicinali, ma un ragazzo di diciotto anni cosa poteva pensare? Non poteva mai credere che sua madre stesse morendo pian piano.
Al funerale fu l'ultima volta che vidi la mia famiglia, mio padre era lì in chiesa che fissava il vuoto. Provai ad avvicinarmi per un suo abbraccio, ma quando mi vide fece una smorfia e se ne andò lasciandomi solo nella chiesa.
A seguire, ci furono stati problemi per l'affidamento: volevano mandarmi nell'orfanotrofio vicino casa mia, nessun mio parente mi voleva e per questo la madre di Yuri decise di prendermi in affidamento.
Quando arrivai ai vent'anni, quasi ventuno, decisi di trasferirmi qui a Santo Domingo assieme a Yuri." Disse Federico, tenendo lo sguardo basso iniziando a piangere. "Davvero faccio così schifo, Ben?" Chiese, facendo vedere i suoi occhi azzurri pieni di lacrime.
"No piccolo, è la tua famiglia che fa schifo. Tuo padre non lo capisco, puoi lasciare tuo figlio così? Soltanto perché è omosessuale?" Disse Benjamin, non riuscendo a credere alle sue parole.
Purtroppo era la crudele realtà, spesso il mondo è cattivo con chi non lo merita.
"Tu invece, quando l'hai detto ai tuoi genitori cos'è successo?" Chiese il minore, asciugandosi le lacrime.
"Non sono mai riuscito a dirlo." Rispose Benjamin. "Loro lo hanno capito però, anche perché fuori scuola mi vedevano sempre attaccato ad un ragazzo che per un periodo era il mio fidanzato, ci vedevamo di nascosto perché nessuno dei nostri genitori sapeva nulla e non lo dovevano sapere. I miei genitori sono sempre stati contrari, per questo quando mia madre è venuta a prendermi e mi ha visto stretto con quello, mi iniziò a fare domande su domande ma io non risposi, mi limitai a chiudermi nella camera a parlare con il mio fidanzato." Aggiunse. "Non hanno mai avuto questa certezza sulla mia sessualità, e mai lo dovranno avere." Concluse.
"Non ti fa bene non parlarne, però." Disse il bianco.
"Per me è meglio così, mi avrebbero cacciato da casa come minimo." Gli rispose il più grande.

Solo dopo questa conversazione i due si accorsero che erano giunte quasi le due di notte, avevano passato la maggior parte del tempo nella casa ed erano usciti tardi per il pub, poi si erano sdraiati e avevano parlato perdendo la condizione del tempo.
"Hai sonno?" Chiese Federico al moro, il quale annuì appena.
Il più piccolo si alzò, seguito da Benjamin e si diressero nella camera al piano di sopra.
Federico si tolse la maglietta e i pantaloni, restando in boxer ma non poté dire lo stesso di Benjamin che decise di rimanere con la maglietta.
Prese posto accanto a lui, sovrastando dopo poco il suo corpo divaricando le gambe.
I loro respiri si erano mischiati, le gambe intrecciate e i cuori erano diventati soltanto uno che batteva per entrambi.
Senza perdere tempo si baciarono, e questo bacio gridava più un resta che la passione.
Federico assaporava le labbra con lentezza, Benjamin invece accarezzava la sua nuca e spingeva lui il più vicino possibile alla bocca.
I schiocchi erano alti, ma le sensazioni ancor di più.
Nel buio della notte, due ragazzi stavano sbagliando.
Stavano facendo qualcosa di cui si sarebbero pentiti la mattina dopo.

Sguardi || FenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora