Capitolo 25.

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E quella sera, esattamente come le altre, i due giovani ragazzi avevano deciso di donarsi all'altro.
Federico si era lasciato andare, aveva permesso a Benjamin di oltrepassare i limiti del consenso e si era lasciato dominare da quel ragazzo che amava.
Il più piccolo lo amava non per moda, non per dare un nome a quello che provava per lui. Lo amava perché con lui poteva essere sé stesso.
Si sentiva bene come poche volte nella sua vita, tutti i sorrisi più sinceri li aveva fatti con lui.
Non lo conosceva da una vita e non poteva vantarsi di esserci sempre stato per lui per aiutarlo nei momenti più brutti della sua esistenza, ma poteva vantarsi di averlo conosciuto.
Si era innamorato di un ragazzo che voleva renderlo felice, che lo sognava da lontano con la costante paura di avvicinarsi ad offrire un drink o semplicemente a presentarsi per paura di essere rifiutato.
Federico era deciso più che mai di volerlo al suo fianco, di amarlo ed onorarlo come se fosse l'unica cosa più bella della sua vita.
Anche se in realtà era così, Federico lo amava alla follia ed era una cosa strana da dire per un ragazzo che lo aveva conosciuto in una discoteca.
Spesso le vite cambiano, spesso il destino non è sempre crudele e spesso le strade di due persone letteralmente sconosciute si incontrano per dare una speranza.
Per far incominciare un lungo capitolo.

Per grande sorpresa dei due ragazzi, dalla sera in cui Federico si era dichiarato a Benjamin e gli aveva comunicato della possibilità di andare a Madrid, i giorni erano passati ed era arrivato il venerdì.
Il minore si era occupato di avvertire Yuri, il suo migliore amico, della sua partenza imminente soltanto tre giorni prima dell'avventura.
Il ragazzo si era arrabbiato parecchio con il bianco, questo era scomparso per tanto tempo e la preoccupazione in lui era aumentata: Federico gli aveva promesso delle spiegazioni una volta tornati dalla città con, forse, qualche novità in più.
Benjamin aveva avvisato suo cugino del viaggio esattamente il giorno stesso in cui Federico gli aveva comunicato tutto, voleva che tutto fosse perfetto ed era felice di quello che li attendeva.
Il volo durò più del previsto e per questo la coppia di giovani raggiunse la meravigliosa città soltanto alle cinque del pomeriggio.
Erano da poco saliti nella macchina che il signore interessato per le mostre gli aveva procurato con guidatore italiano.
Raggiunsero l'hotel che si trovava al centro di Madrid, che comprendeva la suite con terrazza e piscina.
L'interno era rivestito di bianco con il parquet, era tutto estremamente in ordine e perfetto, a detta di Federico.
Impiegarono circa un'ora a sistemare i loro vestiti negli armadi, a mettere a posto tutti i shampoo che si erano portati dietro e Benjamin aveva portato con sé anche il suo set di macchine fotografiche.
Quelle due settimane a Madrid sarebbero state dure, essendo che nessuno dei due aveva mai visitato quella città era difficile ambientarsi.
Difficile ma non impossibile, ripeteva sempre il maggiore più felice che mai.

"Sono esausto." Esordì Federico, buttandosi sul divano in pelle bianca seguito dal più grande che intanto si era tolto la maglietta per il caldo eccessivo.
"Guarda il lato positivo, però. Abbiamo dato un tocco in più a questa suite per dar modo ad entrambi di trovarsi meglio." Disse Benjamin, sorridendo in direzione del bianco che intanto fissava il vuoto. "Ho detto qualcosa di sbagliato?" Aggiunse.
Il minore si avvicinò a lui tanto da sedersi in mezzo alle sue gambe, lasciando che le mani dell'altro si posizionassero sui fianchi coperti da una canotta rossa.
"Semplicemente che questa suite non sarà mai nostra." Disse il più piccolo. "Soltanto per due settimane occuperà un po' del nostro amore, anche se forse per te non è realmente così, ma non sarà mai come la mia casa." Aggiunse. "La nostra casa." Concluse.
"Sai che la casa non è un luogo, ma bensì la persona che ti fa stare bene? Casa non è quel luogo dove dormi, dove vivi e fai tutto. Quello è un posto dove stai semplicemente, dove puoi dormire ed essere te stesso. Casa è la persona che ami." Aggiunse.
"Allora tu non hai davvero una casa." Disse Federico, seguendo il suo ragionamento.
"Ho casa di mio cugino, ma quella non si può definire casa." Gli rispose il moro, facendolo voltare verso di lui.
I loro corpi erano attaccati tanto da far unire i loro respiri, tanto da far diventare i loro cuori soltanto uno.
"Se tu hai detto che casa è la persona che ami ciò vuol dire che non ne hai nemmeno una." Disse il più piccolo.
"Chi lo dice che non amo già una persona?" Domandò, retorico, Benjamin.
"Non me l'hai mai detto di chi sei innamorato." Rispose Federico.
"E se dicessi che lo sono, e follemente, di te?" Lo avvicinò al suo corpo Benjamin mentre pronunciava questa frase lentamente e sussurrando.
Federico sovrastò il suo corpo, portando le mani dietro la nuca del maggiore che intanto iniziava a mordere il suo labbro inferiore.
"Me lo devi dimostrare." Ghignò malizioso Federico. "Baciami." Aggiunse. "Toccami." Continuò. "Amami." Concluse.
"Te lo dimostrerò presto quello che provo per te." Sussurrò a due centimetri dalle labbra del più piccolo per poi catturarle e farle sue.

Sguardi || FenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora