Benjamin aveva deciso, ormai, di chiudere qualsiasi tipo di rapporto con i suoi genitori che non gli hanno mai voluto un bene reale.
Il maggiore aveva sempre saputo di non essere attratto dalle ragazze, di sentire qualcosa di più forte per dei ragazzi e non poteva negarlo: i suoi genitori, molto probabilmente, lo stavano sospettano già da un bel po' e l'aria era diventata parecchio soffocante in quella casa che non sapeva più di Benjamin.
Quest'ultimo aveva deciso di chiudere i rapporti dopo una discussione avvenuta per la sua omosessualità, discussione molto pesante, ha deciso di fare le valigie e raggiungere un posto sconosciuto.
Non aveva pensato a raggiungere suo cugino a Santo Domingo, anche perché il dolore di quelle parole erano diventate davvero coltellate al suo cuore tanto da farlo scoppiare a piangere dietro alla porta.
Ricordava quando i suoi genitori lo portavano in spiaggia, quando passeggiavano per la città tutti e tre mano nella mano, quando Benjamin faceva anche le più sciocche scemenze ma che facevano sorridere i suoi genitori.
Benjamin era sempre stato un bambino tranquillo ma allo stesso tempo vivace, per questo quando aveva compiuto i venticinque anni aveva deciso di andare via da Modena.
Lui odiava i suoi genitori, il male che gli hanno procurato non poteva di certo dimenticarlo."Mamma?" Chiese Benjamin, incredulo, dall'altra parte del telefono.
Federico sobbalzò quando sentì il maggiore pronunciare quel nome, cosa voleva sua madre?
"Benjamin, dove sei?!" Gridò la donna.
"Non sono cose che ti riguardano." Disse, duro, il moro. "Ho anch'io venticinque anni e penso di avere una testa per decidere la mia vita, oppure devo ancora stare sotto la tua cappella come un bambino di due anni?" Aggiunse, acido.
"Sei scappato di casa cinque mesi fa, sei andato da tuo cugino e oggi mi ha chiamata per dirmi che sei scomparso, ma che ti passa per la testa?" Chiese la donna. "Torna immediatamente a casa!" Urlò poi.
"La decisione di partire è stata presa da me, nessuno mi ha obbligato. Sono partito." Disse Benjamin.
"E non da solo." Rispose sua madre. "Stai con un ragazzo, vero?" Aggiunse, con tono neutro come se non volesse far trasparire le sue emozioni.
"Cosa ti importa?" Chiese il maggiore. "Per voi non sono più un figlio, no? E vuoi sapere una cosa, Jocelyn? Sono omosessuale e felicemente fidanzato con un ragazzo, tante cose sono cambiate da quando me ne sono andato di casa e posso dire di star meglio senza voi due tra i piedi." Aggiunse. "Non avete più nessuno da picchiare, o mi sbaglio? Ricordatevi che non sono più Benjamin il cocco che si mette a piangere per la tua voce alzata o per un insulto, ho capito che di questi me ne frega ben poco." Continuò. "Addio, Jocelyn." Concluse la chiamata, buttando il telefono a terra.
Si mise entrambe le mani sopra al volto, alzandosi dal letto mentre Federico gli bloccò la camminata.
Lo fece sedere sul letto, lo avvicinò al suo corpo e lo strinse in un caldo abbraccio.
In quel momento, Benjamin prese a singhiozzare: sapeva che quelle cose erano vere, tutto quel che aveva dentro era quello e gli faceva male non poterne parlare con nessuno.
Però con Federico doveva farlo, doveva sapere.
"Amore no, non piangere..." sussurrò Federico. "Hai detto quel che tieni dentro da un po', anche se forse hai esagerato." Aggiunse. "Potevi evitare certe frasi, è pur sempre tua madre." Continuò.
"No, Federico, no!" Urlò Benjamin contro il petto del suo fidanzato. "Lei non è mia madre, lui non è mio padre, questi non sono quei genitori che anni fa mi portavano al parco, mi facevano sorridere, mi compravano il gelato e mi trattavano come un principe. Non sono quei genitori che mi volevano bene, non sono quei genitori che quando ti vedono giù vengono al piano di sopra e cercano di farti parlare per sfogarti." Aggiunse, tenendo la voce bassa. "Loro mi odiano, Federico. Sono uno sbaglio." Concluse.
Il minore rimanè zitto, preferì far così perché in questi casi le parole non servono, serve soltanto l'amore.
"Perché dici questo, Benjamin? Cosa ti hanno fatto?" Chiese, dolce, il bianco.
"Qualche mese prima della partenza mi stavo frequentando con un ragazzo del mio stesso corso di fotografia, lui era disposto ad aspettarmi per tutta la vita conoscendo i miei genitori. Ho sempre tenuto nascosto le mie relazioni e la mia omosessualità perché loro sono omofobi, odiano questo genere di cose.
Era una serata come le altre, ero salito in camera per prendere una bottiglia d'acqua ed ho lasciato il telefono sopra al tavolo: il ragazzo con cui mi frequentavo mi aveva scritto un messaggio troppo spinto e lo penso anch'io tutt'ora, era esagerato.
Mia madre stava sistemando la casa e quando vide il cellulare illuminarsi, non potè evitare di leggere il contenuto.
Quando sono tornato giù, mi hanno picchiato.
Mio padre diceva che non dovevo esistere, che era meglio un figlio malato che uno omosessuale come se fosse uno sbaglio." Iniziò Benjamin, sentendo le lacrime amare scendere dai suoi occhi. "Passavano i giorni e mi picchiavano, mi chiudevo in camera e nemmeno mangiavo, andavo soltanto al bagno che era interno alla mia camera. Durante la notte, poi, ho deciso di fare le valigie e partire lontano." Aggiunse. "Sono venuto a Santo Domingo con la speranza di dimenticarli, i primi giorni mi chiamavano al cellulare fin quando ho deciso di cambiare scheda telefonica e perdere i legami con loro. Mio cugino sa tutto, sa quel che mi hanno fatto ma né lui né mia zia potevano dire niente." Concluse.
Federico osservava il suo fidanzato piangere, lo teneva stretto al suo petto e continuava ad asciugare le sue lacrime anche se invano.
"Non troverò mai nessuno in grado di farmi sentire speciale, ho perso dei genitori per la mia sessualità." Disse Benjamin, piangendo.
"Ci sono io qui con te, non ti lascio Benjamin, te lo prometto."
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Sguardi || Fenji
FanfictionFederico Rossi, giovane ventiquattrenne spensierato e solare, raggiunge sempre la solita discoteca assieme ai suoi amici, nonché il MO.MA Da due mesi a questa parte, ci sono degli occhioni profondi che lo scrutano e non pochi erano gli sguardi lanci...